25 E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, 26 per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, 27 al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata.
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Quello che forse più mi impressiona e mi commuove è questa possibilità che Dio dona, di poter celebrare il Cristo e il suo mistero d’amore nella realtà e nel fatto umano dell’amore. Ma forse si può e si deve dire che la meraviglia sta nel fatto che in una realtà umana peraltro così segnata da limiti e da ombre trovi il suo spazio la suprema azione divina, quella che Lo definisce:”Dio è amore”(1Giovanni 4,8).
Emergono in queste parole le note proprie dell’amore divino. E qui, in certo senso, Paolo sembra abbandonare il tema specifico delle nozze umane per fissare il paradigma dell’amore di Dio come si è pienamente rivelato e compiuto in Gesù Cristo. Compare, al ver.25, quel verbo “consegnare” (qui, “ha dato se stesso”), presente nel testo biblico per dire anche della consegna-tradimento che Giuda fa di Gesù ai suoi uccisori. Di tale verbo Gesù “si appropria” facendone la via dell’atto supremo del suo amore per l’umanità. A chi Egli “ha dato se stesso”? al Padre! Questo suo dare se stesso “per” la Chiesa, fa sì che da parte della Chiesa non ci debbano essere condizioni particolari. Il dono, cioè, come sempre, è del tutto a priori, ed è universale. Ne approfitto per dire che mi angoscia l’ipotesi che si voglia modificare la formula consacratoria passando dall’espressione “per voi e per tutti”, all’espressione “per voi e per molti”. Sicuramente l’atto divino dell’amore di Cristo ha una portata assolutamente universale: sta a dimostrarlo il semplice fatto che anche Giuda è in quel momento presente e coinvolto da quello che Gesù dice. Poi ci saranno vie per le quali il dono d’amore di Dio potrà e dovrà essere accolto, ma in sè non c’è dubbio circa l’universalità del gesto e della sua intenzione.
La Chiesa quindi non è “santa”(ver.26), se non perchè Gesù la “rende santa”. La Chiesa è l’epifanìa della misericordia di Dio. Essa è tale perchè è amata dal Cristo fino alla Croce. E questo è il cuore dell’annuncio cristiano, sino ai confini della terra. Presente e incombente, il pericolo di una lettura eretica accompagna inevitabilmente la storia e la realtà quotidiana della comunità ecclesiale: ed è quello di attenuare-condizionare la portata del sacrificio d’amore del Figlio di Dio. Nella Cena, anche Giuda viene accolto come gli altri. Eppure è continua l’affermazione del suo tradimento di cui Gesù è assolutamente consapevole. Quello che avviene nel mistero di ogni esistenza e nel mistero del suo rapporto con Dio, non sappiamo. Ma certamente la Chiesa non può che celebrare e proclamare la potenza assoluta del sacrificio d’amore di Gesù Cristo. In questo senso è molto problematico individuare delle condizioni-situazioni escludenti la possibilità di accedere al dono. Soprattutto perchè il pericolo è che ne vengano esclusi quelli che forse ne hanno più bisogno (ma chi non ne ha bisogno?). Qualche vescovo, all’ultimo Sinodo, ha parlato di un “diritto” che il cristiano ha di partecipare al dono, evidentemente con tutta la responsabilità di un’accoglienza vera e coerente del dono stesso. Perdonate queste deviazioni, ma in coscienza non riesco a non esprimere il mio pensiero. Chiedo perdono a chi da esso venisse turbato o infastidito.
Il ver.27 esprime con grande potenza l’esito del gesto d’amore del Figlio di Dio. La Chiesa è il suo “capolavoro”, ed è la pienezza del suo incontro nuziale con l’umanità. Egli presenta a Sè stesso la Chiesa, la sua Sposa amata, “tutta gloriosa, senza macchia nè ruga nè alcunchè di simile, ma santa e immacolata”, per il supremo atto del Suo amore per Lei nell’obbedienza della Croce.
E lo sposo e la sposa dove sono andati? Si sono messi un momento in disparte, perchè potessimo attingere al mistero divino del loro amore. Se Dio vorrà, li reincontreremo domani.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.I
Rivolgendosi ora ai mariti, Paolo va direttamente al cuore della vita sponsale: “amate”! Non è così scontato o naturale, né facile, come si potrebbe pensare. La misura di questo amore – si diceva già ieri – è “come Cristo…”: dove il “come” indica la causa, il perché, oltre che il modo. – Nella descrizione successiva (“per santificarla e purificarla ecc.”) la Bibbia di Ger. vede rappresentata la scena del matrimonio orientale, in cui la sposa veniva lavata, profumata, vestita, preparata per essere presentata allo sposo da quel “figlio delle nozze”, l’amico dello sposo, di cui si parla anche nei vangeli. Ecco il risultato: la sposa è lì, senza macchia, senza ruga, santa, immacolata… – “Ha dato se stesso per lei”… “Per voi e per tutti”: sul pensiero espresso da don Giovanni a questo proposito, ricordo che si diceva una volta che, alla lettera, il termine greco indicherebbe “la moltitudine”, che designerebbe non “molti”, ma l’estensione tutta della nostra umanità.
Mi piace pensare a questo amore (dei mariti per le mogli, come di Cristo per la Chiesa) dato “al fine di” avere davanti la Chiesa, ma anche la moglie, “tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata”.
E’ come se si intendesse che un amore così rende belli. Se amiamo così nostra moglie, lei diventa più bella. E trovo che in questa affermazione ci sia una grande verità, che siamo sempre in grado di percepire anche sensibilmente. Misteriosamente, la realtà fisica, sensibile, vista attraverso l’amore che viene da Dio, non solo “appare” più bella perché “interpretata” così, ma diviene proprio più bella, effettivamente.
“Che Eva sia uscita dal fianco di Adamo, nessuno lo ignora. Ma che la Chiesa è uscita dal fianco del Cristo, in che modo possiamo saperlo? Dopo che Gesù, inchiodato alla croce, fu spirato, uno dei soldati con una lancia gli aprì il fianco e subito ne uscì sangue ed acqua. Ora è da quel sangue e da quell’acqua che è nata l’intera Chiesa.”
S.Giovanni Crisostomo