21 Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo. 22 Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; 23 il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. 24 E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.
Post correlati
4 Commenti
Lascia un commento
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
Le categorie
- Audio (918)
- Audio e Video (623)
- Dalla Chiesa e dal mondo (168)
- Giovanni scrive… (515)
- Giuseppe scrive… (2)
- Incontri e approfondimenti (442)
- La lectio quotidiana (4.522)
- Le nostre notizie (999)
- Letture domenicali e festività (804)
- Senza categoria (6)
- Video (149)
Telegram
Archivi
Gli ultimi articoli pubblicati
- Esodo 37,1-29
- Esodo 36,8-38
- Esodo 35,30-36,7
- Esodo 35,20-29
- Le Letture e i canti di domenica 26 marzo 2023 – V Domenica di Quaresima (Anno A)
- Annunciazione del Signore – 25 marzo 2023
- Omelia di d. Giuseppe Scimè – IV Domenica di Quaresima A – 19 marzo 2023
- Omelia di d. Andrea Bergamini – IV Domenica di Quaresima A – 19 marzo 2023
- Omelia di d. Francesco Scimè e d. Giovanni Nicolini – IV Domenica di Quaresima A – 19 marzo 2023
- Esodo 35,1-19
Siamo oggi di fronte al tipico “testo antipatico”, al quale sarà bene attaccarsi con tutte le forze, soprattutto in vista del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio nella Chiesa. Vedremo se possiamo su questo ritornare!
Il verbo che dice la “sottomissione” è presente solo al ver.21 dove, come grande “titolo” di questa parte della lettera, Paolo appunto chiede con forza:”Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Crsito”. Il timore di Cristo è vivere la nostra vita davanti a Lui, incessantemente confrontati, visitati, giudicati e salvati da tutto quello che Lui è, dice, fa. Il non timore di Dio è tipicamente nostro quando viviamo per conto nostro, senza Lui. Ma la nostra vita è ormai chiamata ad essere “celebrazione” di Lui, incessantemente posta davanti a Lui. Anche quando mangiamo e quando beviamo. Lui che è questo assolutamente “altro” da me, che per amore si è fatto prossimo a me obbedendo al Padre sino alla Croce, è il grande Sposo dell’umanità salvata dal suo sangue. Umanità che liberata da ogni prigionìa e da ogni legge cammina dietro a Lui verso la Casa dell’unico Padre di tutti. La nostra obbedienza alla Parola di Dio è il cuore della nostra salvezza. In questo senso voglio riprendere un istante Efesini 1,22, dove il testo dice alla lettera che Dio ha posto il Cristo come “capo alla Chiesa su tutte le cose”, perchè non ci può essere per la Chiesa niente che la condizioni, la determini, la guidi, che non sia la Parola di Dio che è Spirito e Vita. Al punto che nei riguardi della Parola di Dio la Chiesa ha un compito “assertivo”, e non ha altro potere che quello che le viene dal ribadire in ogni luogo e in ogni tempo questa Parola.
In questo orizzonte Paolo, in nome di Dio, chiede che l’ “altro”, che Dio mi ha posto accanto sia l’angelo della parola per me. In questo senso si dà la norma generale:”Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo”.
Per quanto riguarda la relazione uomo-donna il nostro testo afferma, come faticosamente sta acquisendo persino il “femminismo laico”, la tesi non della “parità” , ma della “differenza”. Anche il nostro testo è in questa prospettiva, e come in 3 versetti spiega oggi la condizione della moglie rispetto al marito, così in altri nove versetti dirà quale deve essere l’atteggiamento profondo del marito verso la moglie.
Bisogna qui dire che nella lingua italiana il termine “capo” raccoglie in sè due significati, quello di “testa” del corpo, e quello di “capo” che comanda sull’altro. Certo i due significati hanno una relazione tra loro, ma tutti sappiamo che cosa voglia dire avere …..un capo senza testa! Non che questo ci autorizzi ad essere insubordinati, ma certamente questo mette allo scoperto il problema, fino alla domanda:”…ma che capo sei?”. E qui la verifica si fa stringente, perchè il confronto-controllo del termine di paragone è assoluto:”…come anche Cristo è capo della Chiesa”.E chiudo qui ricordando la disinvoltura con la quale si commenta il più delle volte l’affermazione di Gesù in Giovanni 20, quando dice che “come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”, attribuendo a questa parola del Signore un significato puramente autoritativo-giudiziale, mentre si sa bene che quel “come” detto da Gesù, significa essenzialmente la modalità di come il Padre ha mandato suo Figlio in mezzo a noi: mite, obbediente, povero ,casto, sottomesso al Padre fino alla morte e alla morte di Croce. Ma di questo, se Dio vorrà, ascolteremo e diremo domani.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Le nuove relazioni in Cristo: così si potrebbe titolare il brano di questi giorni. Relazioni ispirate a un delicato rispetto, a un attento ascolto… “per timore di Cristo”. “Timore” che dice consapevolezza della nostra vita con lui e con il Padre.- Il marito è “capo” come lo è Cristo: Egli lo è nel dono della vita, nell’amore generoso e fedele.
Ovviamente Paolo si riferisce al modello di famiglia del suo tempo e della sua cultura con la sua rigida gerarchia. L’esortazione generale alla sottomissione reciproca ci porta a comprendere meglio sia il mistero del rapporto tra Cristo e la chiesa sia i rapporto interpersonali all’interno della famiglia. Ecco che la rigida struttura patriarcale del tempo viene illuminata e vivificata se al centro si mette Cristo e la sua novità. La sottomissione è apertura al dono che l’altro mi fa, come la chiesa si apre al dono di vita del Cristo. Essere capo non significa dominare, ma salvare, prendersi cura della situazione dell’altro, dare la vita per l’altro. Dunque queste parole, non prese alla lettera ma nel loro significato profondo, sono sempre attuali, anche se riferite al modello di famiglia del loro tempo.
Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile»…ma l’uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse:
«Questa volta essa
è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall’uomo è stata tolta».
Genesi 2.18