13 Allora Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. 14 Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». 15 Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. 16 Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 17 Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
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Solo Matteo custodisce la memoria di questa forte determinazione del Signore: “per farsi battezzare da lui” (ver.13). In questo modo, la decisione e l’atto di Gesù diventano elemento sostanziale della sua immersione nella condizione ferita dell’umanità. Consiglio di fare attenzione, per questo, alla memoria di Giovanni 1,29-34, che in modo diverso arricchisce quello che ascoltiamo da Matteo.
Ammirevole è l’obiezione del Battista che ne fa risplendere l’umiltà: “Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni a me?” (ver.14). E potente è la risposta di Gesù: “Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia”. Il Battesimo di Gesù si esplicita dunque come evento necessario per dire come Egli sia venuto a visitare e ad assumere il dramma della storia umana. Straordinario adempimento di “ogni giustizia”! Invece che “condanna” dell’umanità, la giustizia divina rivelata e compiuta da Gesù è la “salvezza” dell’umanità! Ed è splendido che Egli dica, in prima plurale, quell’ ”adempiamo” che coinvolge e unisce a Sé la testimonianza e l’opera del Battista, e in tal modo afferma la fondamentale unità del disegno divino, dall’antica vocazione di Israele, sino all’ultimo profeta e al Salvatore Gesù Cristo! Ed è densa di significato la “concessione” di Giovanni: “Allora egli lo lasciò fare” (ver.15)!
Per questo, l’atto di totale umiltà del Figlio di Dio, evento profetico rivolto verso l’evento supremo della sua Pasqua di morte e di gloria, viene pienamente illuminato dall’elezione divina dei vers.16-17. La creazione e la storia sembrano convocati per unirsi alla Voce dal cielo: i cieli si aprono e lo Spirito scende su Gesù, come l’antica colomba di Noè che finalmente trovava la terra nuova su cui posarsi. Umanità nuova, e principio della nuova creazione e della nuova storia (Genesi 8,1-12). Umanità che nel Figlio fatto uomo entra come figlia nella Paternità di Dio: “Questi è il Figlio mio, l’Amato: in Lui ho posto il mio compiacimento” (ver.17). Così, l’atto supremo dell’umiliazione del Figlio di Dio che si fa Figlio dell’uomo, diventa principio e fonte della salvezza e della glorificazione dell’umanità, creatura amata e perduta, trovata e salvata in Gesù.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Gesù viene a farsi battezzare come un uomo comune, uno di noi. Giovanni sembra aver chiaro che egli è invece uno più grande, più potente; ma Gesù non prende le armi della rivolta, vuole adempiere “ogni giustizia” secondo il pensiero di Dio (i cui pensieri non corrispondono ai nostri pensieri). Gesù non è solo il Figlio regale ma anche il Servo sofferente, annunciato dal profeta, in cui Dio si compiace. – Tra i vari significati che sono stati attribuiti alla colomba, mi piace quello che si rifà a un antico proverbio ebraico: “come amor di colomba al suo nido…”. La colomba è fedele al suo vecchio nido e vi ritorna con perseveranza, con ostinazione. Bel simbolo dell’amore di Dio, fedele oltre ogni “ragionevolezza”.
A volte non capiamo cosa il Signore ci chieda: meglio allora se lasciamo fare a Lui.