9 Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù. 10 Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: 11 «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese: a Èfeso, a Smirne, a Pèrgamo, a Tiàtira, a Sardi, a Filadèlfia e a Laodicèa».
12 Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d’oro 13 e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro. 14 I capelli del suo capo erano candidi, simili a lana candida come neve. I suoi occhi erano come fiamma di fuoco. 15 I piedi avevano l’aspetto del bronzo splendente, purificato nel crogiuolo. La sua voce era simile al fragore di grandi acque. 16 Teneva nella sua destra sette stelle e dalla bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio, e il suo volto era come il sole quando splende in tutta la sua forza.
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E’ molto rilevante la scelta dei termini con i quali Giovanni esprime la realtà profonda della condizione cristiana. Giovanni si dice “fratello e compagno”, uno di noi, un “cristiano”, che come tale vive una situazione nella quale convergono termini razionalmente contrastanti, ma assolutamente veri e autentici nella esperienza di ogni discepolo del Signore: egli si dice compartecipe nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza Quest’ultimo termine, importantissimo per esprimere la sostanza della vita cristiana, è spesso reso con il termine “pazienza”, ed etimologicamente dice la volontà e la capacità di “rimanere sotto”, che non è però un subire, ma piuttosto esprime la potenza dello “stare sotto per portare”. Dunque, una ben singolare “regalità” quella del cristiano! Una regalità che infatti ha come sua prima nota “la tribolazione”. Per cogliere qualcosa di questi termini bisogna fare riferimento a Gesù!
Ed è di Gesù la voce che Giovanni ode “dietro di sé”. E’ la voce potente che dice a chi deve essere portata la Parola che ora Giovanni udrà, e che dovrà scrivere e portare alle sette chiese. Al ver.12 dice “mi voltai per vedere la voce”. Perché “mi voltai”? Forse perché la Parola di Dio, quando risuona nella nostra vita, esige sempre una “conversione”, e quindi la necessità di voltarsi! Bisogna voltarsi “per vedere la voce che parlava con me”. Non è mai un parlare generale e generico. E’ sempre indirizzata: alle chiese, e anche alla persona stessa che l’ascolta. Quando il Signore parla, “ci” parla! Non è nessun cedimento al soggettivismo, ma è l’eterna Parola di Dio che si piega sulla storia per parlare a quella situazione, situazione della persona, o della chiesa, o delle chiese ….
Voltandosi – e cioè, dicevamo, convertendosi a quella Parola – Giovanni vede. Chi, o che cosa vede? Vede i sette candelabri d’oro, come sette sono le chiese e sette gli spiriti che le governano (ver.4), e, “in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo”: è Gesù, visto come “Figlio d’uomo” (Lui, il Figlio di Dio!), in mezzo ai candelabri, in mezzo alle chiese, in mezzo a noi! Tutta la descrizione della sua figura e del suo abbigliamento vuole portare ad un’esperienza di luce assoluta e “troppo” forte: “il suo volto era come il sole quando splende in tutta la sua forza”. E’ sicuramente un uomo (i piedi, il petto, i capelli, gli occhi, la voce, la mano, la bocca, il volto …), ed è avvolto dalla luce di Dio. E’ proprio Gesù! E’ proprio lo “scandalo” di questo “Figlio d’uomo” che è il Figlio di Dio. Che è Dio!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
La visione inaugurale mostra non Dio ma l’uomo, quel Figlio dell’uomo che rappresenta la nuova creatura secondo il progetto di Dio… E’ vero però che questo Figlio dell’uomo è rappresentato qui con tutti i caratteri divini: la veste lunga, la fascia d’oro, l’oro stesso ecc. sono simboli di regalità divina. Colpiscono anche i capelli bianchi: il bianco è il segno della risurrezione, della trascendenza, mentre gli occhi di fuoco indicano sguardo penetrante e ardente amore. I sette candelabri d’oro rappresentano le Chiese: bella immagine per dire che le comunità dei credenti dovrebbero essere e dare luce alla storia, agli uomini…
Con una bella coincidenza la Parola che ascoltiamo in questi giorni ci parla del nostro bisogno di vedere Gesù, incominciando dell’episodio di Tommaso nel vangelo di domenica scorsa. Ieri era detto della possibilità per tutti di vedere “Colui che ci ama”, Lui che con il suo amore per noi è diventato l’alfa e l’omega, il tutto e il sempre di ogni uomo e di ogni cosa. Oggi ci viene proposto, per poterlo vedere, un cambio di prospettiva del nostro sguardo sulla realtà e ci viene detto che è l’ascolto della sua Parola che ci permette questo cambio di prospettiva. Ed è bellissimo scoprire che questo uomo che è Dio in tutta la sua gloria si presenta a noi nuovamente con un gesto di amore: ci porta, ci sostiene tutti assieme nel palmo della sua mano. Mi pare che “vedere” Gesù nel suo perenne atto di amore per tutti sia un grande dono della Pasqua.