41 Io non ricevo gloria dagli uomini. 42 Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. 43 Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. 44 E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?
45 Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. 46 Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. 47 Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».
Giovanni 5,41-47

Del brano di oggi mi attira e mi affascina quello che forse è il cuore e l’interpretazione profonda di questa parola conclusiva del cap.5: “l’amore di Dio”(ver.42). Forse questa è la categoria dominante di tutto il Vangelo secondo Giovanni, ed è forse il criterio supremo della fede di Gesù. Fede di Gesù che oggi si riafferma e che peraltro è strettamente connessa con tutta la profezia ebraica qui raccolta nella persona e negli “scritti” di Mosè, come ascoltiamo ai vers.45-47.
Se non c’è “l’amore di Dio” manca l’elemento fondamentale della fede e della sapienza ebraico-cristiana. L’amore di Dio Gesù lo descrive al ver.43 come il suo essere “venuto nel nome del Padre”: non nel suo nome, ma nel nome del Padre suo! L’esistenza del credente è un’esistenza essenzialmente “spostata”, perché è la vita divina in noi. E la vita divina è l’amore. E l’amore è fondamentalmente “relazione”. E’ “vivere per l’altro”. Il ver.43 afferma dunque con chiarezza, il motivo per cui Gesù non viene accolto: “Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete”. Ed è di grande rilievo la condizione radicalmente alternativa: “se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste”. Nella sapienza del mondo ognuno cerca se stesso e l’affermazione di sé. Anche gli “dèi” delle religioni sono autoreferenziali. La logica del mondo accetta e persegue l’autoaffermazione di ciascuno e di tutti, da “dio” all’ultima delle creature. Per questo la “lotta” caratterizza le sapienze della mondanità. Anche quelle che sembrano più orientate e più attente alla non-violenza. Anche l’istintiva concezione della ”santità” è inevitabilmente autoreferenziale!
La “regola” di tale autoreferenzialità Gesù la esprime con le parole: “voi che ricevete gloria gli uni dagli altri”(ver.44). C’è dunque una specie di tacito “contratto” che consente, giustifica e stabilisce che ognuno cerchi se stesso, e che la “civiltà” sia un tentativo di “ordine” che stabilisce che la tua libertà d’azione finisce dove comincia quella dell’altro: regola ovviamente mai rispettata, e sempre invasa da infinite “sacralizzazioni” del potere. Questo è il limite inevitabile anche di un documento di grande onore come la “Dichiarazione dei diritti umani”, che è il tentativo di difendere ogni “individuo” dalla violenza dei poteri di ogni tipo in cui è immerso. La fede e la sapienza ebraico-cristiane ribaltano questa concezione affermando che la vita è, nel suo mistero divino, sempre “vita per l’altro”: Amore! Il cuore della rivelazione cristiana è che Gesù è “Padre”! A rivelarlo è “il Figlio”! La vocazione universale dell’umanità è, secondo la nostra fede, vocazione alla figliolanza divina, perché siamo tutti, in Gesù, figli dell’unico Padre. Questa è “la gloria che viene dall’unico Dio” che Gesù ci ha rivelato e comunicato come eterna comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo ci è stato donato perché ognuno non viva più per se stesso ma “per l’altro”.
Gesù afferma con forza che tutto questo è già presente negli “scritti” di Mosè. Tale dunque è l’interpretazione profonda della Legge e della profezia di Israele, qui raccolta e simboleggiata nella Legge Mosaica. L’accusa severa è che in realtà i suoi interlocutori non credono in Mosè, perché se veramente credessero ai “suoi scritti”, crederebbero alle “Parole” di Gesù (ver.47).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Un’altra categoria importante in questi versetti e in tutto il quarto Vangelo è quella della gloria. Qui si afferma che a Gesù interessa solo quella che viene dal Padre, mentre noi ci affanniamo per quelle piccole glorie umane che ci possiamo garantire a vicenda. Ma che cos’è la gloria che viene dal Padre? E’ la manifestazione del suo amore e ci auguriamo che non si debba dire di noi quanto afferma il v.42: “non avete in voi l’amore di Dio”. Don Giovanni ha ben spiegato cosa voglia dire l’amore: “la vita per l’altro”, per gli altri, tutti figli in Gesù del Padre comune. – Nei versetti finali si dice chiaro e tondo: “le Scritture parlano di me”! E la fede è l’accoglienza di questa Parola, accoglienza del Signore.
E’ bello sentire parlare dell’Amore di Dio Padre. Penso a quante cose belle potremmo realizzare se avessimo tutto l’amore di Dio in noi. Speriamo di avere un cuore disponibile per accogliere sempre questo amore.