IMG_2000Sabato 1 giugno a Sammartini è venuto don Fabrizio Mandreoli, che ci ha parlato di suoi recenti studi sul tema della “fine della Cristianità”.
Di seguito i collegamenti alle registrazioni audio dell’incontro:
– Prima parte (file mp3; 25,3 MB)
– Seconda parte (file mp3; 17 MB)
– Domande su prima e seconda parte (file mp3; 13,6 MB)
– Terza parte e interventi finali (file mp3; 33,1 MB).

Il discorso è incominciato dall’esame del pensiero di Erich Przywara (pr. Scivàra), filosofo e teologo cattolico tedesco (Katowice, Slesia, 1889 – Murnau, Baviera, 1972).

Per Przywara, il Cristianesimo è fondato sulla “teologia dello scambio”. Scambio  che San Paolo indica con il termine greco katallaghé – “riconciliazione”, ossia scambio in totale alterità: tra il Dio, “totalmente altro» e beato, e l’uomo, “totalmente altro” e infelice. Scambio che, nella preghiera, la Liturgia così acclama: O admirabile commercium (Prefazio III di Natale). Secondo questa teologia Dio si compromette con le sorti dell’uomo, fino a scambiarsi con l’uomo stesso, nel mistero dell’Incarnazione e della Passione di Gesù. L’uomo così è assunto e glorificato nella sua povertà e diversità. Tale visione non permette alcuna “omogeneizzazione” tra Stato e Chiesa, nessuna uniformità che tenda ad eliminare il diverso e il povero, il malato, il peccatore.

Da qui si è passati a considerare il testo di G. Zamagni, La fine dell’era costantiniana, Bologna 2012 e La formula di Heer dell’era costantiniana (1949-1953), Il Cristianesimo in mezzo al tempo e all’eternità, 2013: secondo Friederich Heer, da Costantino a Hitler si è tentato di omogeneizzare mondo e cristianesimo, eliminando il non-cristiano, il peccatore; quindi, una vera e nuova “Europa cristiana”, intesa come “occidente cristiano”, può consistere unicamente nel fatto che noi cristiani, con il “Cristo amico e commensale dei peccatori”, diventiamo sinceramente “amici dei peccatori” e ci sediamo a mensa con loro.

Il terzo passaggio è stato la citazione di un testo di Giuseppe Dossetti: G. Dossetti, I fatti di Suez e di Ungheria. Un uomo senza maestri e senza cultura, intervento al consiglio comunale di Bologna del 3.11.56. I due eventi storici sono per Dossetti il segno della fine di un’epoca, della crisi sia del marxismo, sia della cultura occidentale:

“sentivo rumore di catene in entrambe le parti e in entrambi gli schieramenti contrapposti”; “l’intervento armato dell’Egitto, dico, non semplicemente come un episodio contingente, di irresponsabilità di una classe politica dei due Stati interessati, Francia ed Inghilterra, ma come la manifestazione più profonda di una mancanza radicale di grandi idee direttrici, di profondi motivi di alimentazione morale e spirituale, di seria capacità di assumere la guida della vita spirituale e politica dei popoli”;

“Facciamo dei passi avanti noi, io e noi tutti: muoversi, progredire, vuol dire conquistare noi la libertà interiore, prima di pretendere di dare la libertà agli altri, ai popoli, alle nazioni, ai continenti. Vuol dire abbattere i propri schemi, anche se sono stati cari, anche se in essi si è creduto, si è sofferto, si è combattuto, si è rischiato la vita, il carcere, la morte. Vuol dire tormentarsi, sì, vuol dire avere il coraggio a un certo momento di essere nudi, privi di tutto, privi di ogni possesso interiore, che è sempre il possesso più caro al quale si è sempre più attaccati”.

Quarto passaggio: alla luce di quanto detto, si tratta di discernere come interagisce il Vangelo con le persone che vivono nella nostra cultura ‘barbara’ (Baricco, I nuovi barbari), con il conseguente modo di credere che ne nasce e la conseguente teologia e pastorale → una lingua nuova da imparare; una teologia da rifondare alla luce del vangelo (Ruggieri, La verità crocifissa).

Ultimo passaggio: un testo di Ivan Illich, Vanishing clergyman, un cambiamento del modello di clero, articolo abbozzato nel 1959 e poi pubblicato nel 1967 sulla rivista di Chicago «The Critic». Secondo Illich, grandi cambiamenti dovranno aver luogo nella struttura della Chiesa Cattolica, se il suo destino è quello di sopravvivere: è possibile che il cambiamento di modello di Chiesa promosso dal Concilio Vaticano II non esiga anche un cambiamento di modello di clero?

L’attuale modello di Chiesa e di clero è ancora quello del Concilio di Trento, corrispondente alla società del 1500. Oggi non può più essere scontato che il prete sia a tempo pieno, pagato dall’Istituzione Chiesa, formato nei Seminari, celibe. L’articolo propone  l’ordinazione di uomini sposati, che vivano del loro lavoro secolare, formati all’interno delle comunità cristiane e che siano in stretto contatto con il vescovo e con il popolo.
Il testo completo dell’articolo di Ivan Illich è riportato a questo link del nostro sito.

Francesco Scimè