3 Per la grazia che mi è stata data, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. 4 Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, 5 così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri. 6 Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; 7 chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; 8 chi esorta si dedichi all’esortazione. Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia.
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I primi due versetti di questo capitolo hanno fondato il cammino cristiano sulla relazione con Dio. Il senso profondo della vita è l’offerta della vita stessa, attraverso l’incessante rinnovamento del nostro pensiero per un abbandono crescente alla volontà del Signore.
Su questo fondamento, sulla potenza del dono ricevuto da Dio, la grazia della fede, si edifica l’esistenza cristiana. Ribadiamo con forza che il buon comportamento non è da considerare la gara per conseguire il premio, ma piuttosto il frutto della grazia divina, la fecondità della nostra vita in Lui. Non è solo il nostro sforzo di adeguarci alle norme evangeliche, ma è prima di tutto la “celebrazione” in noi del mistero e della persona di Gesù.
Sono molto attratto dal fatto che la Parola che oggi ci viene regalata riguardi primariamente la nostra vita di relazione. La nostra vita insieme! La responsabilità che ognuno ha di giocare bene la sua parte. C’è un dono comune a tutti, ed è appunto il fondamento della fede. Questo dono agisce in ciascuno e chiede a ciascuno una risposta e un adempimento corrispondente al volto e alla modalità che in ciascuno ha preso il comune dono della fede.
Ecco allora la responsabilità di ognuno nel valutare la “misura di fede” che gli è stata data. Potremmo dire forse “quanti talenti?”, non perché importi la quantità, ma piuttosto perché ognuno possa agire in proporzione del dono che gli è stato affidato. Ecco dunque come il dono di ciascuno viene subito posto in riferimento e in relazione con i doni degli altri. La vita cristiana è da paragonarsi più alla “sinfonìa” di un orchestra che all’esecuzione di un solista. Ecco quindi il paragone con il corpo di cui siamo parte, e l’affermazione forte che “siamo membra gli uni degli altri”: questa immagine non propone solo l’armonìa delle diverse membra, ma anche la loro interdipendenza. E questo esige che siamo anche servi l’uno dell’altro.
Ed ecco allora, ai vers.6-8, la descrizione di diversi doni e del loro esercizio. Notate come più volte sia indicato per ogni compito un esercizio che ne conferma semplicemente la sostanza: “chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione”(ver.7). Mi sembra un modo semplice per mostrare che il dono ha già in sé la sostanza del suo esercizio e della sua fecondità. In generale mi sembra che tutte le indicazioni contengano un’attenzione comune, che è quella di porgere il dono ricevuto dal Signore come un dono offerto al fratello e ai fratelli. Non un dono che si stravolga in forme di ambizione e di tornaconto personale, ma che continui ad essere e a crescere come dono di Dio. E’ la via per confermare che non si tratta di “doti personali”, ma sempre e solo del dono di Dio. Tale dono è quindi il dono fondamentale e comune della fede. Fede che assume nelle diverse situazioni e nei diversi compiti un volto particolare.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.