1 Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. 2 Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.
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Il “dunque” che incontriamo al ver.1 del brano che oggi riceviamo dal Signore per la nostra preghiera e per la nostra vita è di capitale importanza perché lega tutto quello che ascolteremo a tutto quello che abbiamo ascoltato dal principio della Lettera. Questo capovolge la concezione normale e più istintiva della vita cristiana, dove il comportamento della persona viene considerato il “mezzo” per meritare, per arrivare alla vita eterna. Qui invece si afferma che questa “vita eterna”, che è la vita stessa di Dio in noi – quella che abbiamo chiamato dono, grazia, fede – è il principio, la fonte della nostra interpretazione e della nostra condotta di vita: così, il comportamento è se mai il frutto del dono che abbiamo ricevuto. Dato il dono della fede, non possiamo più vivere come quando non avevamo tale dono.
E dice “per la misericordia di Dio”. Letteralmente è detto “per le misericordie di Dio”, e anche questo è molto importante perché la misericordia di Dio noi l’abbiamo conosciuta e sperimentata nelle molte “misericordie”, cioè nei molti doni di misericordia che da Dio abbiamo ricevuto. E’ dunque la misericordia divina così come noi l’abbiamo ricevuta nei passi della nostra vita fino ad oggi. Ed è talmente forte l’esperienza di questo dono, che noi possiamo corrispondervi non solo con un atteggiamento corretto, ma addirittura con l’offerta della nostra stessa vita! Questo è il significato dell’espressione “offrire i vostri corpi come sacrificio vivente…”. In Gesù abbiamo ricevuto il dono della vita di Dio in noi. Il senso e lo scopo della nostra vita è quello di offrire quello che abbiamo ricevuto! Si tratta dunque di un sacrificio nel quale l’offerente è anche la “vittima sacrificale”, l’offerta! Questo è il significato profondo dell’affermazione del ver.1: “E’ questo il vostro culto spirituale!”. Ci troviamo dunque nuovamente ad un punto focale del nostro cammino nella Lettera ai Romani. Tutto quello che il Signore ci dirà attraverso l’Apostolo Paolo in questi ultimi capitoli è in qualche modo la descrizione e lo sviluppo di questa vita nuova che abbiamo ricevuto dal Signore e che offriamo al Signore. E’ scoprire che abbiamo la vita per dare la vita! Così mi sembra vadano intesi gli attributi della nostra offerta: un sacrificio “vivente, santo e gradito a Dio”.
Per questo ascoltiamo dal ver.2 che non possiamo “conformarci a questo mondo”, non possiamo lasciarci soggiogare dallo schema di questo mondo, ma veniamo trasformati: qui la lingua greca del testo usa un termine da cui deriva la parola “metamorfosi”, ed è quello che nei Vangeli è il “miracolo” della Trasfigurazione del Signore, quando la luce divina del Padre appunto lo trasfigura. E veniamo trasformati, dice Paolo, dall’incessante rinnovarsi del nostro pensiero. E’ questa la via lungo la quale possiamo “discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”. La vita morale cristiana non è un riferimento a norme fissate e ferme, ma è l’azione dello Spirito del Signore in noi. E’ un cammino, un incessante processo di rinnovamento di noi stessi per entrare sempre più nel mistero del Signore. Vedremo che questo mistero è fondamentalmente il mistero dell’Amore.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Per due volte nel testo di oggi si parla di ciò che è gradito a Dio, ciò che Gli piace, che è nel Suo compiacimento. Mi sembra bella questa espressione che dice una tensione nuziale, la possibilità per noi di piacergli, forse anche senza tanti meriti come gli sposi che si piacciono perchè sono innamorati.
Guardando questo verbo del “piacere, essere graditi” ho visto che nella versione greca questa espressione spesso sostituisce il camminare davanti a Dio. Lo si dice per esempio di Enoch (Gen 5,22.24), di Noè (Gen 6,9), di Abramo (Gen 17,1; 24,40)…E il salmista, quasi stupito, arriva a dirlo di sè (Sal 55,14; Sal 114,9). E’ un camminare davanti a Lui e con Lui, magari a volte facendo anche la Sua Volontà, ma non per merito nostro. Ma perchè amati, piaciuti,graditi.