9 La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; 10 amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. 11 Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. 12 Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. 13 Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità.
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Lasciate che mi congratuli con voi e con voi gioisca per la meraviglia che ci è donata! Come potrebbe darsi la Parola che “tranquillamente” ci può dire quello che proprio la Parola oggi ci dice, se non per il dono che abbiamo ricevuto e che nella Lettera ai Romani abbiamo ancora una volta riscoperto? Ci sembrerebbe ancora una volta un’utopia o addirittura un peso insopportabile. Mentre invece la possiamo accogliere con gioia trepidante, perché ormai sappiamo che nel dono di Dio, per pura sua grazia, quello che la Parola ci chiede è possibile. E’ atteso e gradito. E’ la possibilità di celebrare nella nostra carne e nella nostra povera piccola vita le meraviglie di Dio. Promettiamoci reciprocamente di aiutarci a ricordare e a rinnovare incessantemente il dono della fede che consente al Signore oggi di indicarci la grande via della carità come possibile anche per noi! E ripromettiamoci di non giudicare nessuno per qualche mancanza o lontananza dalla Parola che oggi ascoltiamo, nella consapevolezza che si tratta di parola impossibile, e possibile solo “nel dono” di Dio. Anche in noi il cadere dal comandamento dell’amore, che altro è se non l’avvertimento che il dono di Dio bisogna chiedere sia rinnovato dalla infinita misericordia del Signore? Perché solo a partire e dentro il suo dono si può pensare di accogliere e celebrare il grande comandamento dell’amore!
Così dunque è possibile oggi gioire e ringraziare perché ci viene ricordato e chiesto che in noi “la carità non sia ipocrita”, ma esprima semplicemente e sinceramente quello che ci è stato regalato dalla bontà di Dio, quella che abbiamo conosciuto e ricevuto in Gesù. Come potremmo allora non detestare il male per attaccarci al bene (ver.9)? Questo è il tempo e il momento in cui il comandamento del Signore non ci spaventa, ma diventa desiderabile e fonte del desiderio di ogni bene: “Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore…(ver.10).
E qual è il mistero, qual’è il grande segreto della “morale cristiana”? E’ Gesù. La nostra “vocazione”, la grande chiamata della nostra vita, quella che ci fa discepoli di Gesù e figli del Padre, è la “celebrazione” in noi della Persona e dell’opera di Gesù. Impresa evidentemente impossibile se non per l’azione dello Spirito di Gesù nei nostri cuori e nella nostra vita. E quindi una vita morale che non è acquisizione di “meriti”, ma già fruizione della vita divina, già vita eterna. Perché tutto finirà, ma non l’amore, perché l’Amore è già vita eterna.
Entreremo poi, se Dio vorrà, nei prossimi giorni, anche nelle “problematicità” di questa “morale nuova”. Oggi, in questo grande canto dell’amore, in questa proposizione positiva dell’amore come respiro della nostra vita nuova, concediamoci la semplice ammirazione di Dio che ha fatto bene tutte le cose! Lui che vuole visitare con il suo amore ogni vicenda della storia e ogni cuore umano. E ci chiede e ci concede di esserne partecipi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.