Dormizione EtiopeCaro don Giovanni, le tante discussioni e riflessioni apparse sui giornali in questi ultimi tempi sul tema della morte, anzi sul tema della fine della vita, mi hanno rimesso nei pensieri riguardo alla morte di una mia sorella, tre anni fa. Se ne è andata in pochi giorni, e in quelle ore noi tutti famigliari e amici l’abbiamo riempita di affetto. Ma non sono sicura che si sia fatto tutto quello che si poteva per intervenire nella sua malattia. L’abbiamo lasciata morire? E’ una domanda che ogni tanto mi torna. Ma come si può fare per cercare ogni possibilità? E i tanti che queste possibilità non le hanno? Sono domande più grandi di me e mi piacerebbe che la sua rubrica avviasse una riflessione insieme ai lettori del giornale. Con simpatia. Lettera firmata

Cara Lettrice, non so se il suo messaggio sarà raccolto da qualche amico lettore e se quindi il discorso potrà essere portato avanti. E non le nasacondo che in me il grande interesse per questo tema-problema si intreccia dentro di me con un certo timore per come questi argomenti delicatissimi vengono trattati e qualche volta bistrattati. Per oggi quindi mi limito a rispondere a lei con due parole. Poi vedremo se la cosa procede come lei spera. Il pensiero che lei ritrova circa la morte di sua sorella, a me è venuto molte volte per la morte di mio papà. Anch’io mi sono chiesto se, pur tra molta dolcezza e grande preghiera, non abbiamo mancato in qualcosa che potesse rimediare la sua situazione. L’abbiamo lasciato morire? Quando però rifletto e soprattutto prego per lui, mi sembra che quella di mio padre sia stata semplicemente una "buona morte". Niente a che vedere con l’eutanasia di cui molto si parla. Ma certamente quella "buona morte"che ogni cristiano spera e chiede al Signore, e che fin da piccoli ci è stata indicata come preghiera della devozione cristiana popolare, davanti all’immagine pia della morte di S.Giuseppe assistito da Maria e da Gesù. "Buona morte" chiesta alla Madonna nell’"Ave Maria" affidandoci alla sua protezione adesso e per l’ora della nostra morte. Ricordo la morte di un ragazzo africano, nel buio della sua capanna, dove luminosi erano solo i suoi occhi. La dolcezza di un rosario che lo ha congedato da noi. E don Tarcisio che sulla via del ritorno mi spiegava che sarebbe stato sepolto nello stesso campo dove sorgeva la capanna,  senza data di nascita e data di morte, scomparso nella terra e scritto solo sul Libro di Dio. Oggi, qui da noi, la morte è altrettanto semplice e dolce? Abbbiamo una cultura e soprattutto una sapienza adeguate al nostro progresso scientifico e tecnico? Noi cristiani siamo capaci ancora di testimoniare la morte come porta della vita e non come sua fine? M’è nata un’idea in questi mesi. Quella di rimettere nella mente dei miei fratreli e amici la positività di pregare per la buona morte nostra e di tutti. La morte non come un fatto negativo subìto, ma come l’ultima suprema obbedienza a Dio. Dopo tante Messe, la nostra ultima Messa terrena per sperare di essere accolti nella grande liturgia del cielo. Una mia carissima amica mi dice sempre che secondo lei il paradiso è bellissimo e spera di andarci presto. Io non ho la sua fede. Ma voglio domandarla. E, a partire da questo, penso si possano riconsiderare in maggiore pace e luminosità tutte le questioni troppo pubblicate sui nostri giornali. Con simpatia. d.Giovanni della Dozza.