14 Quando vedrete l’abominio della desolazione stare là dove non conviene, chi legge capisca, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano ai monti; 15 chi si trova sulla terrazza non scenda per entrare a prender qualcosa nella sua casa; 16 chi è nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. 17 Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni! 18 Pregate che ciò non accada d’inverno; 19 perché quei giorni saranno una tribolazione, quale non è mai stata dall’inizio della creazione, fatta da Dio, fino al presente, né mai vi sarà. 20 Se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessun uomo si salverebbe. Ma a motivo degli eletti che si è scelto ha abbreviato quei giorni. 21 Allora, dunque, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui, ecco è là”, non ci credete; 22 perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e portenti per ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti. 23 Voi però state attenti! Io vi ho predetto tutto.
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Mi permetto di fare una precisazione che non mi sembra secondaria e che avrei forse dovuto ricordare già all’inizio del nostro cammino nel cap.13. Quando si parla degli ultimi tempi, si parla, a livelli profondi, dei “nostri” tempi, di questi tempi, che sono ultimi non tanto in senso quantitativo e temporale, quanto in senso qualitativo, perchè i tempi si sono compiuti con la venuta del Messia di Dio, di Gesù Cristo, il Figlio di Dio. E’ la sua persona a provocare e scatenare, in certo senso, tutta la furia apocalittica, tutta la resistenza del “mondo” e delle sue violenze e vanità. Il che non toglie che tali violenze e vanità ci siano sempre state. Ma ora, a motivo di Gesù e del suo Vangelo, esse sono rivelate e giudicate.
Il nostro brano di oggi annuncia in termini drammatici e forti l’autoidolatria dell’uomo e del potere mondano. Nel Tempio di Dio, che nella sua realtà ultima è il cuore stesso dell’uomo, l’idolo prende il posto di Dio. Questo idolo – “l’abominio della desolazione ” – che per Marco è probabilmente una persona umana, prende il posto di Dio nel cuore dell’uomo. L’indicazione che il Signore dà sembra essere non quella di una lotta frontale, dove il rischio potrebbe essere che, per combattere un idolo…se ne innalza un altro, magari esplicitamente “sacro”. Le parole dei vers.14-16 sembrano indicare piuttosto un’umile perseveranza nella fede, senza cedere alla tentazione di reagire , ma piuttosto “rimanendo” nella condizione nella quale siamo stati chiamati (a parte la fuga sui monti che sembra indicare il dovere di evitare ogni temerarietà, considerando il primato della custodia del dono di Dio).
La seconda indicazione del nostro brano considera la condizione dei più piccoli e dei più esposti. Nella violenza della storia sono quelli che maggiormente pagano e sono vittime della durezza del regime mondano. La condizione della donna incinta o allattante e il rigore delle stagioni simboleggiano appunto il travaglio dei più poveri.
La fedeltà degli eletti, cioè, genericamente, dei figli di Dio e discepoli di Gesù, indurrà il Signore ad affrettare i tempi finali. La carità e la preghiera sono le grandi vie di questo dono. Anche qui mi permetto di precisare che non si tratta tanto di un abbreviamento temporale, quanto del fatto concreto del bene che la preghiera l’uno per l’altro e l’amore fraterno operano per far emergere, in questa tribolata storia, la pace finale del regno di Dio.
I vers.21-23 avvertono che il pericolo di queste violenze devianti riguarda la stessa comunità credente, dove bisogna vigilare ed essere sapientemente fedeli (ver.23), perchè anche gli eletti non sono esenti dal pericolo di lasciarsi ingannare da falsi cristi e falsi profeti.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Sembra proprio una descrizione perfettamente calzante ai nostri tempi: guerre assurde e fratricide, calamità e violenze…, e il grande popolo di coloro che devono fuggire precipitosamente dalla loro terra per rifugiarsi altrove, lasciando tutto e rimanendo privi di tutto. I più deboli, i più indifesi (“le donne incinte o che allattano”) sono anche i più esposti; e questo richiamo, questa attenzione alla loro sorte difficile, è una nota che ci fa riconoscere in queste righe la presenza e la sensibilità tipica di Gesù. – Il testo ci suggerisce anche che tutte queste sventure sono “sotto controllo”: non sfuggono a Colui che ama l’uomo fino alla fine e non lo abbandona al suo destino.
Se il Signore non costruisce la casa,
invano vi faticano i costruttori.
Se il Signore non custodisce la città,
invano veglia il custode.
Salmo 126
Il Signore “a motivo degli eletti che si è scelto ha abbreviato quei giorni” (v.20). E’ il dono che abbiamo ricevuto, è il nostro compito. Noi siamo gli eletti, scelti da Dio, per abbreviare i giorni della sofferenza, per rendere presente, nel buio della storia personale di ognuno e della storia dell’umanità, l’amore di Dio. Abbreviare i giorni della sofferenza è la stessa cosa che dire che “il regno di Dio è vicino” (1,15). Ecco che siamo ricondotti all’inizio della predicazione di Gesù. In Gesù e in tutti noi suoi discepoli il regno di Dio si avvicina, in una mano pronta a sostenere, in uno sguardo benevolo, in una parola di benedizione, in un gesto di liberazione, in tutto quello che abbrevia i giorni della sofferenza. E’ lo spazio della creatività infinita che sia apre al cammino della chiesa.