23 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. 24 Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello! 25 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. 26 Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito! 27 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. 28 Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.

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Il punto focale dei vers.23-24 è la parola resa in italiano con “le prescrizioni più gravi” della Legge. Il testo originale dice solo, con un neutro plurale, “le cose più gravi (nel senso di “più importanti”)” della Legge. Non si tratta solo e prima di tutto di “prescrizioni”, cioè di imperativi morali, ma di realtà, di elementi fondamentali del nostro rapporto con Dio e della nostra vita “in Lui”. Sono tre parole di estrema importanza, “la giustizia, la misericordia e la fedeltà”, che qui non possiamo esaminare e che peraltro incontriamo incessantemente nel nostro quotidiano cammino nelle Scritture. Dico solo che il termine “giustizia” deve essere inteso come l’evento nel quale Dio manifesta il suo giudizio, mette “in crisi” i dati e i fatti della nostra giustizia umana, e “fa giustizia” donando la giustizia della sua Parola e della sua opera. Dunque un volto dinamico della giustizia. Il termine reso in italiano con “fedeltà”, è “fede”, e significa prima di tutto il dono di Dio, il nostro ingresso nella sua vita, il suo venire a noi e nella nostra vicenda personale e collettiva, e quindi anche la nostra accoglienza e la nostra adesione a tale supremo dono. Scusate la lungaggine, ma mi pare che in queste tre parole si raccolga tutto il tesoro dell’amore di Dio per l’umanità, la nota caratteristica e assolutamente forte della rivelazione ebraico-cristiana, la sua vitalità nel cuore dell’umanità e della sua storia. Dunque il rischio degli scribi e dei farisei di ieri e di oggi, di tutti noi(!), è quello di uno scrupolo esagerato e non previsto dalla nostra tradizione di fede, per elementi secondari, tralasciando ciò che veramente conta: “filtrate il moscerino e ingoiate il cammello”(ver.24).
Dopo il contrasto tra importante e secondario, ecco, ai vers.25-26, il contrasto tra ciò che bisogna proprio fare e un’attenzione che è solo derivata e secondaria. Il verbo “pulire” di questi versetti è alla lettera “purificare”. Inutile e ipocrita purificare l’esterno (con gesti esterni!) senza purificare l’interno. Il bicchiere e il piatto rappresentano la realtà personale e la coscienza di ciascuno, e anche la coscienza collettiva, come anche la realtà profonda degli avvenimenti e delle situazioni. La versione latina rende con “pleni sunt rapina et immunditia” l’espressione resa in italiano con “pieni di avidità e d’intemperanza”, forse in modo più debole.
Mi sembra che i vers.27-28 siano più drammatici, perchè invece di riferirsi ad un’azione o ad un atteggiamento che possono mutare, l’immagine dei “sepolcri imbiancati” dice una situazione penosamente statica! Quel verbo “apparire” che indica un’apparenza, una facciata, sembra sanzionare una condizione irrimediabilmente non vera, efficacemente e drammaticamente descritta dal contrasto “belli-pieni di ossa di morti e di marciume” al ver.27, e al ver.28 con il contrasto “giusti-pieni di ipocrisìa e di iniquità”. Però la potenza del Signore è risurrezione da morte! Ed è a questo che dobbiamo soprattutto pensare del dono della risurrezione, dove la risurrezione finale è il coronamento e la pienezza della nostra quotidiana risurrezione dal male e dalla morte.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“La giustizia, la misericordia, la fede”(v.23) sono le cose “da fare”. Secondo le tecniche letterarie del tempo, in una successione di tre elementi il più importante sta al centro: quindi, la misericordia. Le pratiche di pietà e tutto il resto, perfino la nostra relazione con Dio, non hanno il primo posto; è prioritario l’atteggiamento verso le persone, l’operare verso gli altri, che dovrebbe essere a somiglianza della misericordia del Padre. – Quanto ai sepolcri imbiancati, mi piace ricordare la prassi di Israele: un mese (mi pare) dopo la sepoltura, si esumavano le ossa, che venivano deposte in terra, spesso in campagna; poichè il calpestare questi sepolcri produceva “impurità”, si segnalava il sito con calce bianca perché tutti lo vedessero e lo evitassero. Dopo le grandi piogge di autunno e inverno, si ridava la calce che l’acqua aveva in gran parte dissolto. Quindi, un grande impegno perché l’esterno di questi “ossari” fosse sempre ben imbiancato e fosse visibile.
Il versetto 23 sottolinea la giustizia, la misericordia e la fedeltà che sono proprie di Dio e della via divina che Egli dona a chi segue umimente le sue vie, ‘ O uomo, ti è stato insgnato ciò che il Signore vuole da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio!’ ( Michea 6, 8)
il verbo al passato ‘ bisognava’ sembra sottolineare che il giudizio è già in atto per chi, sottraendo la ‘chiave della conoscenza’ ( Lc 11,52) ha svotato la Legge del suo essere segno dell’amore di Dio per il suo popolo.
Anche oggi scribi e farisei sono chiamati ciechi; con il loro apparire all’esterno ingannano gli altri uomini ma anche se stessi, nascondendo con la pratica esteriore la loro condizione bisognosa di purificazione e di salvezza. D’altra parte la frattura tra esterno ed interno si può ‘superare’ o con la conversione sincera del cuore o con la ipocrisia; la conversione è sempre davanti a Dio , l’ipocrisia è anche davanti agli uomini, ma il Padre che vede nel segreto non è ingannabile. Egli cerca frutti degni di conversione nel riconoscimento umile del peccato che è sempre contro di Lui (sl 50). Nel nostro essere peccatori è meglio cadere nelle mani del Signore piuttosto che in quelle degli uomini, come aveva capito bene Davide ( II Sam 24,14)
E’ il peccato messo in evidenza dal vangelo di Giovanni, a chiusura della guarigione del cieco nato (c.9), per cui i ‘guai’pronunciati dal Signore comportano anche un appello a considerare con sincerità larealtà delle cose, appello che rimane valido con il rischio ricorrente che anche i cristiani e la Chiesa corrono ( cfr Ap 3,17) La purificazione dell’interno del bicchiere sembra provocare automaticamente anche la pulizia dell’interno. Possiamo ricordare le parole di sant’Agostino: ‘Ama e fa’ ciò che vuoi’: anche le osservanze esterne saranno ‘luminose’ se la forza che le ispira è l’amore.
Essere autentici è anche umanente una giustizia e lealtà verso il prossimo.Nelle…cose di Dio l autenticita è riconoscere i propri limiti e fidarsi che LUI opera anche nella nostra debolezza