14 Appena ritornati presso la folla, si avvicinò a Gesù un uomo che gli si gettò in ginocchio 15 e disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio! È epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e sovente nell’acqua. 16 L’ho portato dai tuoi discepoli, ma non sono riusciti a guarirlo». 17 E Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo qui da me». 18 Gesù lo minacciò e il demonio uscì da lui, e da quel momento il ragazzo fu guarito. 19 Allora i discepoli si avvicinarono a Gesù, in disparte, e gli chiesero: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». 20 Ed egli rispose loro: «Per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: “Spòstati da qui a là”, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile». [21] Questa razza di demòni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno.
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Queste sono le occasioni nelle quali in modo semplice e diretto possiamo verificare quanto sia preziosa la lettura continua del testo biblico. Questo miracolo di Gesù, che potremmo considerare staccato da quanto ascoltavamo fino a ieri, si rivela invece intimamente connesso, e quindi orientato verso una certa sottolineatura che ne rivela l’importanza proprio in riferimento alla richiesta di Gesù di non parlare a nessuno del miracolo della Trasfigurazione fino alla risurrezione del Figlio dell’uomo. Coglievamo nei testi precedenti il desiderio di mostrare come il dono di Dio, la vita nuova, non voglia essere mondanamente clamoroso, ma immerso nella più semplice condizione umana.
Questo ci invita a considerare come “punta” dell’episodio il tema della fede. Già le parole di Gesù al ver.17 lo rivelano: “O generazione incredula…”. Purtroppo la nuova versione italiana attenua la portata dei termini quando al ver.16 rende con “non sono riusciti..” l’espressione più diretta e semplice “non hanno potuto”. Il termine è ripreso nella domanda che i discepoli fanno al Signore al ver.19: “Perchè noi non siamo riusciti..”, che ancora dice “perchè non abbiamo potuto..”. Che cosa vuole dirci oggi il Signore? Vuole ricordarci quale è l’unico vero potere che Egli ha donato all’umanità: la fede! Egli non è venuto a portare una nuova forma di potenza che si affermi secondo le vie e i criteri mondani del potere e del prevalere. La potenza cristiana è tutta nella fede! Non in magie o terapie speciali, ma nella semplice fede di ogni cristiano. Quindi neppure un potere che qui si pensava forse esclusivo e proprio dei “discepoli”, erronemante considerati come persone speciali, dotate di poteri speciali e particolari. Non hanno potuto operare quella guarigione e per questo lo chiedono. Gesù invece ha rimproverato più globalmente una “generazione incredula”(ver.17), e ai discepoli dice che non hanno potuto guarire il ragazzo per la loro “poca fede”(ver.20).
Dunque, nè poteri mondanamente strabilianti, nè persone speciali! Ma tutti quelli che hanno fede anche solo come un granello di senape possono spostare una montagna! La fede è la presenza di Dio nel cuore, nella mente e nella vita delle persone, ed è nella loro fede che il Signore agisce e dona un volto nuovo ad ogni realatà e ad ogni evento. Voi potete dire: ma non sempre il miracolo avviene. Anzi, non avviene mai! Ricordo che alla Messa per la morte di Aldo Moro il Papa Paolo VI disse al Signore che non aveva esaudito la sua preghiera per il prigioniero delle Brigate Rosse. E senz’altro questo è vero. Ma è vero solo questo o è vero che la fede porta sempre a considerare anche un altro volto della realtà, un orizzonte più forte della morte? L’uomo per il quale il Papa aveva pregato era veramente morto e basta?
Il ver.21, che gli esperti mettono tra parentesi come forse non autentico, è in ogni modo molto luminoso, e ci ricorda che la preghiera è, nella sua povertà, il linguaggio potente della fede, il nostro profondo dialogo con Dio. E il “digiuno” è, nella più profonda e preziosa tradizione ebraica e cristiana, la “protesta”, la provocazione della nostra piccolezza e povertà che chiedono al Signore di non abbandonarci. E’ ogni forma di manifestazione della nostra fragilità che grida e invoca l’aiuto del Signore.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.