22 Mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse loro: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini 23 e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati.
2 Commenti
Giovanni Nicolini
il 28 Agosto 2010 alle 09:50
Davanti al dramma che da Abele a Gesù vede uomini consegnati agli uomini per essere uccisi, il nostro istinto razionale porta a pensare ad un dio che a tutto questo si opporrà. E non poche volte abbiamo pensato che se Dio non è capace di fermare l’odio fratricida, sarà l’uomo stesso, con la sua ragione, con la sua buona volontà, ad affrontare il problema dell’umanità e a finalmente risolverlo, scioglierlo. Ma la tradizione sapienziale ebraica, quella che appunto ha la sua fonte nel testo biblico, vede l’omicidio, anzi il fratricidio, come elemento negativo iscritto nella struttura dell’umanità. Lo si può condannare, si può punire l’assassino, magari infliggendogli la stessa morte che egli ha inferto al fratello. E Dio stesso potrà intervenire condannando il “peccato” dell’uomo. Peccato nel quale l’umanità è tutta coinvolta, perchè la violenza di Caino sta al principio di ogni cultura. Quello che il testo biblico condanna, il mito “romano” esalta e ricorda come il principio della regalità e della nazione nel fratello che uccide il fratello. Genesi 3 e 4 sono lo sfondo delle Parole che oggi il Signore ci dona e ci affida. Ed ecco allora l’annuncio del totale e definitivo coinvolgimento di Dio nella storia dell’umanità. Il dio creato dalla paura dell’uomo e dalla violenza vendicatrice che da tale paura proviene è giudice e punitore del misfatto. Il Dio degli Ebrei, che è il Padre di Gesù e, in Gesù, di tutta l’umanità, si lascia progressivamente coinvolgere nel dramma della storia. Con Gesù, e in Gesù, Dio entra definitivamente e totalmente nel dramma della storia umana. Già in Genesi 4 Dio si sottrae radicalmente all’ipotesi che giustizia si faccia punendo Caino con la stessa morte che egli ha inferto a suo fratello. E fa questo riconoscendo e proclamando Caino come suo protetto: “Chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte”, e poi: “Il Signore impose a Caino un segno, perchè nessuno, incontrandolo, lo colpisse”. In Gesù Dio entra nella sorte di Abele, e in Lui si chiarisce per sempre quale sia il “segno” che non solo preserva Caino, ma addirittura lo salva: la Croce della sua Pasqua. Per questo è molto importante il verbo che dice questa “consegna” del Figlio dell’uomo nelle mani degli uomini. Talvolta è usato, come per Giuda, ad indicare il tradimento e colui che tradisce, e colui che viene tradito. Ma la “consegna” diventa veramente la consegna, il dono supremo di Dio all’umanità. Ogni generazione credente è chiamata a “consegnare” alla generazione che la segue l’annuncio e il segno della salvezza di tutta l’umanità. Dio prende la strada e la sorte di Abele e in Gesù si consegna agli uomini. Lo uccidono, ma “il terzo giorno risorgerà”. E risorgerà il “Crocifisso”! Dio cioè assume su di Sè e in Sè tutto il mistero e il dramma della morte. Della morte dell’Innocente. Il Vangelo secondo Giovanni ricorderà la profezia di Zaccaria 12,10: “Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto”. Per questo entra, potente, nel nostro testo, l’annuncio del “dolore”. Il dolore è certamente iscritto nella fragilità dell’esistenza umana. Ma diventa ora l’orizzonte e il canto che avvolge la passione e la morte di Dio. Ogni dolore è chiamato e assunto come dolore per la morte di Dio, che muore in ogni innocente, ma anche in ogni uomo chiunque egli sia. E per questo, sempre nel Vangelo secondo Giovanni, il dolore viene tutto raccolto nel dolore del parto: “la donna, quando partorisce, è nel dolore, perchè è venuta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino…”(Gv.16,21). E’ dolore, ma ormai è dolore fecondo di vita. Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
maso
il 28 Agosto 2010 alle 15:55
La tristezza dei discepoli non compare nei passi paralleli di Luca e Marco dove però si specifica che le parole di Gesù non vengono totalmente comprese, rimangono misteriose, non ne viene colto il senso dai discepoli. Esiste forse un tipo di tristezza che nasce dall’incomprensione della volontà di Dio? Una tristezza che nasce quando le strade di Dio sono diverse dai nostri desideri, dalle nostre aspettative, dal nostro sguardo, dalla nostra comprensione? Al cap. 19 anche il giovane ricco, dopo l’incontro con Gesù, se ne andrà via triste. In realtà mi è sembrato che nè l’annuncio della Pasqua, nè la possibilità offerta al giovane di seguire Gesù siano di per sè delle cose negative, di cui rattristarsi..anzi! Forse a noi resta la speranza del dono dello Spirito per contemplare e accogliere degnamente il Mistero..
Davanti al dramma che da Abele a Gesù vede uomini consegnati agli uomini per essere uccisi, il nostro istinto razionale porta a pensare ad un dio che a tutto questo si opporrà. E non poche volte abbiamo pensato che se Dio non è capace di fermare l’odio fratricida, sarà l’uomo stesso, con la sua ragione, con la sua buona volontà, ad affrontare il problema dell’umanità e a finalmente risolverlo, scioglierlo. Ma la tradizione sapienziale ebraica, quella che appunto ha la sua fonte nel testo biblico, vede l’omicidio, anzi il fratricidio, come elemento negativo iscritto nella struttura dell’umanità. Lo si può condannare, si può punire l’assassino, magari infliggendogli la stessa morte che egli ha inferto al fratello. E Dio stesso potrà intervenire condannando il “peccato” dell’uomo. Peccato nel quale l’umanità è tutta coinvolta, perchè la violenza di Caino sta al principio di ogni cultura. Quello che il testo biblico condanna, il mito “romano” esalta e ricorda come il principio della regalità e della nazione nel fratello che uccide il fratello. Genesi 3 e 4 sono lo sfondo delle Parole che oggi il Signore ci dona e ci affida.
Ed ecco allora l’annuncio del totale e definitivo coinvolgimento di Dio nella storia dell’umanità. Il dio creato dalla paura dell’uomo e dalla violenza vendicatrice che da tale paura proviene è giudice e punitore del misfatto. Il Dio degli Ebrei, che è il Padre di Gesù e, in Gesù, di tutta l’umanità, si lascia progressivamente coinvolgere nel dramma della storia. Con Gesù, e in Gesù, Dio entra definitivamente e totalmente nel dramma della storia umana. Già in Genesi 4 Dio si sottrae radicalmente all’ipotesi che giustizia si faccia punendo Caino con la stessa morte che egli ha inferto a suo fratello. E fa questo riconoscendo e proclamando Caino come suo protetto: “Chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte”, e poi: “Il Signore impose a Caino un segno, perchè nessuno, incontrandolo, lo colpisse”. In Gesù Dio entra nella sorte di Abele, e in Lui si chiarisce per sempre quale sia il “segno” che non solo preserva Caino, ma addirittura lo salva: la Croce della sua Pasqua.
Per questo è molto importante il verbo che dice questa “consegna” del Figlio dell’uomo nelle mani degli uomini. Talvolta è usato, come per Giuda, ad indicare il tradimento e colui che tradisce, e colui che viene tradito. Ma la “consegna” diventa veramente la consegna, il dono supremo di Dio all’umanità. Ogni generazione credente è chiamata a “consegnare” alla generazione che la segue l’annuncio e il segno della salvezza di tutta l’umanità. Dio prende la strada e la sorte di Abele e in Gesù si consegna agli uomini. Lo uccidono, ma “il terzo giorno risorgerà”. E risorgerà il “Crocifisso”! Dio cioè assume su di Sè e in Sè tutto il mistero e il dramma della morte. Della morte dell’Innocente. Il Vangelo secondo Giovanni ricorderà la profezia di Zaccaria 12,10: “Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto”.
Per questo entra, potente, nel nostro testo, l’annuncio del “dolore”. Il dolore è certamente iscritto nella fragilità dell’esistenza umana. Ma diventa ora l’orizzonte e il canto che avvolge la passione e la morte di Dio. Ogni dolore è chiamato e assunto come dolore per la morte di Dio, che muore in ogni innocente, ma anche in ogni uomo chiunque egli sia. E per questo, sempre nel Vangelo secondo Giovanni, il dolore viene tutto raccolto nel dolore del parto: “la donna, quando partorisce, è nel dolore, perchè è venuta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino…”(Gv.16,21). E’ dolore, ma ormai è dolore fecondo di vita.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
La tristezza dei discepoli non compare nei passi paralleli di Luca e Marco dove però si specifica che le parole di Gesù non vengono totalmente comprese, rimangono misteriose, non ne viene colto il senso dai discepoli.
Esiste forse un tipo di tristezza che nasce dall’incomprensione della volontà di Dio?
Una tristezza che nasce quando le strade di Dio sono diverse dai nostri desideri, dalle nostre aspettative, dal nostro sguardo, dalla nostra comprensione?
Al cap. 19 anche il giovane ricco, dopo l’incontro con Gesù, se ne andrà via triste.
In realtà mi è sembrato che nè l’annuncio della Pasqua, nè la possibilità offerta al giovane di seguire Gesù siano di per sè delle cose negative, di cui rattristarsi..anzi!
Forse a noi resta la speranza del dono dello Spirito per contemplare e accogliere degnamente il Mistero..