1 Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città. 2 Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò 3 a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 4 Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: 5 i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. 6 E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». 7 Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8 Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! 9 Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 10 Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via.
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PRIMA PARTE
I capitoli 11 e 12 di Matteo trattano il tema importantissimo dell’incontro- confronto- accoglienza- scontro e rifiuto di Gesù da parte del Popolo di Dio, popolo dal quale Gesù ha ricevuto la carne, e alle cui leggi e tradizioni Egli si è totalmente sottomesso dandone l’ultima e più matura interpretazione come economia della profezia e della preparazione in attesa del Messia. Per questo è significativo che il cap.11 si apra con la figura di Giovanni Battista, l’ultimo e più maturo segno dell’attesa di Israele e umile e forte luogo del riconoscimento e dell’accoglienza di Gesù, il Cristo di Dio.
Dunque, Gesù, terminato il suo insegnamento ai discepoli, al ver.1 intraprende il suo viaggio di insegnamento e di predicazione a Israele (“le loro città” chiama significativamente i luoghi visitati da Gesù). E’ interessante anche la successione dei verbi “insegnare” e “predicare”. La predicazione di Gesù a Israele parte dal suo insegnamento sulle Scritture per poi sfociare nell’annuncio del Regno. E’ la strada che Dio stesso ha tracciato per il suo popolo. Ed è interessante anche il fatto che Giovanni sia “in carcere”, perchè questo carcere non è tanto e soltanto quello in cui l’ha rinchiuso Erode, ma è rappresentativo del “carcere” nel quale Israele attende, a nome di tutta l’umanità, la liberazione messianica. E’ un carcere “positivo” quello di Israele, perchè è la rivelazione di una storia custodita da Dio in attesa appunto della sua liberazione. Nel carcere, cioè in una situazione “prigioniera”, Giovanni “ascolta” – dice alla lettera il nostro testo – le opere del Cristo. Anche questo particolare è molto bello, perchè è significativo di una Parola che viene ascoltata e che ha bisogno di essere illuminata! E come e da chi sarà illuminata? Da Colui che è il compimento e la piena rivelazione della Parola profetica che ha guidato e custodito la vicenda di Israele nell’attesa del Salvatore.
SEGUE
SECONDA PARTE
E la domanda di Giovanni è stringente e assoluta: “Sei tu quello che deve venire…?”. E’ una domanda tutta concentrata sulla persona di Gesù. E’ la domanda-risposta fondamentale che la fede cristiana trasmette ad ogni generazione e ad ogni coscienza e cuore. E Gesù risponde annunciando la sua opera come adempimento delle profezie messianiche che appunto descrivono l’opera di salvezza compiuta dal Messia. Gesù annuncia che quell’antica Parola si è fatta carne in Lui ed è diventata la storia e la vita nuova che Dio dona al suo antico popolo e, attraverso di esso, a tutta l’umanità. Seguendo le indicazioni delle note, chi avesse tempo potrebbe verificare la meraviglia della risposta di Gesù attraverso le citazioni del profeta Isaia. Il ver.6 “aggiunge” quello che la profezia antica contiene in maniera del tutto enigmatica, e cioè la piccolezza-povertà- sofferenza del Messia, del Servo del Signore, elevando tutto questo allo splendore della beatitudine: “E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo”(ver.6). A proposito di quest’ultima proposizione devo dire che personalmente preferisco la versione della precedente traduzione italiana, più letterale e più diretta: “..e beato colui che non si scandalizza di me”. Questo “scandalo” è quello provocato dalla piccolezza-obbedienza- umiliazione di Gesù fino alla Croce!
La seconda parte del nostro testo, i vers.7-10, sono l’esaltazione di Giovanni da parte di Gesù. Così facendo il Signore esalta e dice l’essenziale legame tra il suo annuncio evangelico e tutta la profezia contenuta in tutte le Scritture custodite dai padri ebrei, Parola essenziale non solo come “preparazione” verso il Vangelo, ma come chiave di interpretazione e come via di accoglienza essenziale. Senza la Parola della Prima Alleanza, il Vangelo di Gesù è incomunicabile e incomprensibile! E Gesù fa della persona di Giovanni la figura simbolica di questo legame essenziale tra la Prima e l’ultima economia della salvezza. Nel “deserto”(ver.7) della sua storia Israele non si è incontrato nè con una parola “sbattuta dal vento”, e cioè fragile e vana come tutte le parole umane, nè con una parola di privilegio e di potere come sono le parole dei poteri e dei privilegi mondani. In Giovanni Israele si è incontrato con l’ultima profezia di Dio e addirittura con l’indicazione della presenza del Messia in mezzo al suo popolo. Giovanni non è ormai un profeta come quelli che lo hanno preceduto, ma è l’Angelo, l’annunciatore del Messia che si è affacciato e sta entrando nella storia dell’umanità.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.