16 Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. 17 Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; 18 e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. 19 Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: 20 infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. 21 Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. 22 Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. 23 Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo. 24 Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; 25 è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia!
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(1^ parte)
Non pochi elementi presenti in queste istruzioni ai discepoli li ritroveremo, se Dio vorrà, al cap.24, che insieme al cap.25 raccoglie l’insegnamento di Gesù sul tempo della fine. Mi sembra molto interessante questo legame tra il dono del Vangelo e la fine della storia. Gesù infatti è la fine – e “il fine” – della storia. La creazione e la storia non possono andare “oltre” Lui, perchè non ci sono nè eventi nè parole che possano essere più “ultimi” di quello che Gesù è, ha detto e ha fatto. Così, la Parola e il tempo di Gesù che ci stanno alle spalle, sono sempre anche, fino alla fine, davanti e avanti ogni conquista e ogni evento della storia. Basta che ognuno pensi al suo stesso rapporto con la Parola del Signore. Basta che ognuno rifletta sul suo cammino nell’Amore di Dio: siamo sempre “indietro!”. E questo ci fa capire che il Vangelo è sempre un’ “anticipazione” del giudizio divino, in modo che ognuno – e l’intera umanità – possiamo convertirci incessantemente alla via del Signore.
L’immagine delle pecore e dei lupi, dei serpenti e delle colombe (ver.16) mi sembra efficacemente commentata da Romani 16,19, quando, al termine della sua Lettera, Paolo dice: “Voglio che siate saggi nel bene e immuni dal male”. La figura delle pecore in mezzo ai lupi dice come la Parola, la Persona e l’insegnamento di Gesù, mite e obbediente fino alla morte e alla morte di Croce, non possano mai cessare di essere la fisionomia profonda e la prassi del cristiano. La prudenza del serpente e la semplicità della colomba ci ricordano che questo dato essenziale della vita cristiana – la nostra accoglienza piena della persona di Gesù – non ci deve portare “via dalla storia”, ma ci deve incessantemente far crescere nella vita nuova e nella nuova sapienza che Gesù è venuto a donare a ciascuno che lo incontri e lo accolga.
I vers.17-18 ci avvertono che la grande speranza cristiana non ci deve indurre a pensare al cristianesimo come ad un “umanesimo”, magari nuovo e seducente per tutti: “Guardatevi dagli uomini” è l’avvertimento severo nel quale Gesù accomuna anche quel “mondo” privilegiato costituito dalla grande tradizione del giudaismo. Come lui stesso ha attraversato nella sua Passione, saranno avversi coloro che provengono dal paganesimo non più di quel “mondo giudaico” qui accennato al ver.17 con i termini dei “tribunali”(alla lettera “i sinedri”) e delle “sinagoghe”. Ogni discepolo di Gesù è chiamato a conoscere l’avversione dei governatori e dei re. E tutto questo non è un “incidente” di percorso, ma l’orizzonte privilegiato della testimonianza cristiana!: “..per dare testimonianza a loro (gli ebrei) e ai pagani”(ver.18).
(segue)
(2^ parte)
I vers.19-20 affermano peraltro con grande forza che nel suo rapporto con la storia dell’umanità il cristiano non deve preoccuparsi “di come o di che cosa direte”, perchè il grande protagonista della storia nuova è sempre ormai Gesù che, nella potenza dello Spirito, è presente in pienezza nella storia: “…non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi”. Come per Gesù, così per noi!
Il ver.21 avverte con severità che anche i rapporti umanamente più preziosi sono ormai “filtrati” dalla nuova condizione dei figli di Dio. Tali rapporti saranno possibili e si riempiranno di luce nuova nella misura in cui accetteranno di essere ormai “relativi” al nuovo volto dell’umanità come unica famiglia dell’unico Dio Padre. Anche questo potrà costituire una prova di assoluto isolamento e di totale rifiuto da parte delle stesse relazioni umane più rilevanti: “sarete odiati da tutti a causa del mio nome”. Ed è qui, in questa stretta di difficoltà e di prova, che Gesù pone l’affermazione così assolutamente centrale nell’esperienza cristiana: “Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato”. Il termine reso con il verbo “perseverare” è parola poco traducibile in italiano, e vuole dire la capacità-volontà di “stare sotto”. Non una debolezza, ma la vera forza di Gesù che è stato “sotto” la volontà del Padre, sotto la Croce, sotto la volontà divina della salvezza universale, fino alla fine. I forti del mondo stanno sopra, ma i veri forti sono quelli capaci di “stare sotto” e di tutto sostenere con la forza della fede e dell’amore.
Il ver.23 ci avverte che le stesse persecuzioni, e quindi l’impossibilità di trovare una “collocazione” stabile e definitiva, sono occasione e opportunità per una incessante ripresa del viaggio del Vangelo. E che cosa è tutto questo, se non il dono di poter seguire Gesù nel suo stesso cammino? I vers.24-25 ci vogliono ricordare che ogni “persecuzione” non è una sconfitta, ma gioiosa possibilità del discepolo di essere come il suo maestro, e del servo di essere come il suo padrone. La grande speranza cristiana annuncia a ciascuno e a tutti i discepoli la possibilità e la realtà che l’esistenza di ogni figlio di Dio sia celebrazione della comunione e dell’obbedienza di Gesù al Padre.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Come pecore”: cioè senza nessuna forma di aggressività, senza imporre nulla e senza forzare; la pecora, infatti, è l’immagine della mitezza, della mansuetudine. Il serpente invece ci dà l’immagine dell’avvedutezza e della prontezza: ce lo vediamo davanti agli aocchi mentre, col capo eretto, è pronto a scattare per difendersi o per sottrarsi al pericolo. – Ma cosa induce i capi religiosi e politici a perseguitare chi annuncia il Vangelo di Gesù? Il fatto è che il volto di Dio annunciato e rivelato dai discepoli non corrisponde ai criteri del potere: è il volto di un Padre che ama fino all’inverosimile, che perdona e non punisce, che tratta tutti bene, indipendentemente dai loro meriti… Ma che Dio è mai questo?
v. 16 “Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.” “Semplici”, cioè “non mescolati, non doppi. vedi anche Filip 2:15: “siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo”.
In questi vv. che descrivono l’invio dei discepoli, possiamo leggere anche – in qualche modo – le parole con cui Dio Padre ha mandato il suo Figlio Gesù nel mondo, preannunciandogli anche opposizione e passione. Dice infatti “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi” (Gv 20:21).
Anche il comando “Guardatevi dagli uomini!” (che risulta strano rivolto a chi proprio agli uomini viene inviato!) ha forse un parallelo nella vita di Gesù, là dove il vangelo commenta che “Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti” (Gv 2:24), per dire come sia necessario custodire in modo assoluto il comando del Padre, l sua parola, senza accettare condizionamenti inopportuni dal sentire o pensare umano.
v. 24 : “Un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone”. Queste sono parole di consolazione per i discepoli, che potrebbero pensare di avere fallito perché non riescono a conquistare gli uomini e a farli confessare che Gesù è il Signore. Gesù dice loro: Voi partecipate al mio mistero.
E’ anche un rimprovero e una messa in guardia perché i discepoli non aggiungano altre cose (sapienza e forze loro) per tentare di convincere le persone. E’ opera di Dio eliminare gli ostacoli.
Anche Paolo quando per un problema personale che lo tormentava chiede al Signore di liberarlo da quella “spina” riceve come risposta una parola che assomiglia alla nostra di questi vv. il Signore lo rassicura infatti dicendogli: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”. E Paolo accoglie quella parola dicendo: “Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo.” (2Cor 12:9-10).
v. 23 “non avrete finito di percorrere le città di Israele, prima che venga il Figlio dell’ uomo”: i discepoli sono chiamati a vivere quello che anche cantiamo a Messa: “Annunciamo la tua morte o Signore, proclamiamo la tua resurrezione, NELL’ATTESA DELLA TUA VENUTA”.
Il compimento e la soluzione della storia degli uomini è la venuta del Figlio dell’Uomo. C’è qui un invito ai discepoli di Gesù a vivere tenendo viva l’attesa del ritorno del Signore. E in questo tempo di attesa fare come Lui ci dice oggi.
v. 21 “Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire.” Tradirsi tra parenti a causa del Nome di Gesù: questo accade. Davanti alla predicazione della Buona Notizia c’è anche l’opposizione del parentado.