1 Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza».
2 Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3 e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4 E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. 5 Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 6 Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7 Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». 8 E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
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Mi piace continuare a seguire nel nostro cammino in questa parte del Vangelo secondo Marco l’importante presenza del “vedere”. Lo si può considerare l’esordio e il titolo della Parola che oggi riceviamo dalla bontà del Signore, con la promessa di Gesù per quegli alcuni “che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza”(ver.1). E il “vedere” ne è la conclusione.
Dicevamo prima che questi “alcuni” sono da considerare tutti coloro che entreranno nel dono della fede, e che qui sono rappresentati dai tre discepoli che Gesù ha preso con sè sull’alto monte. Ed ecco la “trasfigurazione”: l’umile persona di Gesù viene rivestita della luce divina. L’umanità viene rivestita dall’elezione divina. Gesù, Figlio dell’Uomo e Figlio di Dio, rivela qui la straordinaria condizione dell’umanità visitata e riempita dalla presenza e dall’amore di Dio. Marco enfatizza l’episodio con la precisazione che tale splendore è umanamente irrealizzabile, e quindi è assolutamente dono di Dio.
Il ver.4 coinvolge nell’avvenimento tutta la storia della salvezza che ha preparato e profetizzato questo incontro pieno e sublime tra Dio e l’uomo: Elia e Mosè sono l’emblema della profezia e della storia, della Parola e del culto che ha guidato Israele fino a Gesù.
E’ bello pensare questo episodio come simbolico anche della divina liturgia che il Signore ci ha regalato. Liturgia dell’incontro nuziale tra la povertà dell’uomo e la misericordia divina. Termine del grande viaggio compiuto da Dio per cercare e trovare la sua creatura amata e perduta. Nella persona di Gesù l’incontro si compie. E’ bello pensare che nella celebrazione della Liturgia anche noi riconosciamo in ogni persona il mistero di questo incontro tra Dio e l’umanità. Ogni persona come figlio di Dio. La trasfigurazione diventa allora il modo nuovo di “vedere”, anche là dove la miseria dell’uomo sembra diventare una sfida contro ogni speranza. E’ il principio per cogliere in ogni persona la presenza e la luce di Dio.
Pietro propone di “fermare” – di “bloccare” – la meraviglia dell’evento. Ma non si può separare e isolare la liturgia dalla storia, perchè la liturgia non è estraniazione dalla storia, ma fonte della storia nuova. Proprio perchè siamo stati sul monte alto dobbiamo scendere e incamminarci sino alla Pasqua di Gerusalemme.
La nube che un tempo si posava sulla Tenda della Testimonianza quando Dio incontrava Mosè, ora copre tutti i presenti e la voce divina annuncia e proclama che Gesù è il cuore, la fonte e il dono di questa presenza. Dio è diventato la Tenda dove l’intera umanità è chiamata a raccogliersi. Mi affascina il ver.8 che sembra voler insistere sul raccogliersi di tutto il mistero di Dio e di tutto il mistero dell’uomo nella persona di Gesù: “..nessuno, se non Gesù solo, con loro”. Solo Gesù. Non per escludere tutti e tutto, ma, al contrario, per raccogliere tutti e tutto in Lui. E’ il modo nuovo e vero di vedere tutti e tutto.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.