53 Compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono. 54 Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe 55 e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse. 56 E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.
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I versetti che oggi ci portano alla fine del cap.6 vogliono essere la conclusione sintetica di quanto in questi giorni abbiamo ascoltato dell’opera di Gesù, e, sopratutto, l’interpretazione profonda della sua opera: la liberazione dell’umanità dal male che la tiene prigioniera. Ma la Parola che oggi ascoltiamo ci porta anche verso quello che, se Dio vorrà, ascolteremo subito dopo, e che ci mostrerà l’assoluta distanza tra quello che Gesù vuole per noi, e i dettami delle tradizioni religiose. Solo un rapido sguardo ai primi versetti del cap.7 ci consente di cogliere preliminarmente l’abisso che separa la Parola e l’insegnamento di Gesù dalla religiosità ebraica che si è esiliata dall’antica fede dei padri.
Notiamo innanzi tutto il “riconoscimento” di Gesù da parte della gente. Lo riconoscono come il loro Salvatore. Per questo Egli è venuto. E’ dunque straordinaria e commovente questa gran corsa per tutta la regione allo scopo di portargli sulle barelle i malati. Il termine “malati” è, alla lettera, gli “aventi male”, e dunque un termine più generico e più ampio: un aver male che può essere diverso da quella che noi definiamo come malattia. L’aver male è dunque la condizione che Gesù è venuto ad incontrare e a sanare. La sua relazione tra Lui e i nostri mali.
Il ver.56 ci dice che non solo portavano gli aventi male dove lui era, ma che anche Lui andava per villaggi, città e campagne, e dappertutto deponevano i malati sulle piazze. Qui il termine “malati” è alla lettera “i deboli”, gli infermi, e quindi tutti coloro che soffrono una condizione di debolezza che impedisce loro di vivere come dovrebbero e vorrebbero. Ho quindi l’impressione che tutti noi che oggi ascoltiamo queste parole siamo tra coloro che hanno bisogno di riconoscere e di incontrarsi con Gesù.
A conferma di questo, il ver.56 dice che volevano poter toccare almeno il lembo del suo mantello. “e quanti lo toccavano venivano salvati”. Notate come questo verbo “venivano salvati” è molto più ampio di una guarigione fisica o psicologica. Lui dunque è il Salvatore e noi speriamo di essere i salvati. La linea di separazione tra sani e malati, tra giusti e ingiusti, tra buoni e cattivi, tra felici e infelici…diventa molto sottile, sino a scomparire, perchè tutti abbiamo bisogno di essere salvati. Ascoltiamo il meraviglioso versetto del Salmo 50(51),14: “Rendimi la gioia della tua salvezza”. La gioia di essere salvati. Quando Girolamo ha tradotto questo versetto dall’ebraico, sapendo che il nome Gesù vuol dire “Dio salva”, lo ha reso con l’espressione “Rendimi la gioia del tuo Gesù”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Lectgio 2008
http://lectioquotidiana.blogspot.com/2008/07/mc-653-56.html