14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15 e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». 16 Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». 18 E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19 Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. 20 E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
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Giovanni, come ascoltiamo ai vers.14-15, rappresenta il tempo della preparazione e della profezia. Con lui questo tempo è compiuto, e cioè giunge alla sua pienezza e insieme “finisce” perchè si manifesti pienamente il tempo da esso profetizzato. Ed ecco allora, in Gesù, il tempo nuovo e la pienezza dei tempi. Come abbiamo osservato nei versetti precedenti, non poteva cominciare il tempo nuovo se non nella pienezza del tempo precedente. Questo tempo di preparazione ora deve cedere al tempo nuovo: è bellissimo poter osservare che, diversamente dalle sapienze mondane, la sapienza di Dio considera preziosa tutta la successione della storia, e però non blocca la storia, ma la coglie e la porge nel suo sviluppo profondo, al punto di rendere perfettamente attuale non solo il presente, ma anche il passato che lo ha preparato e in certo modo generato.
Il tempo attuale è caratterizzato dalla vicinanza del regno di Dio. Provo a interpretare questa “vicinanza”: essa porta in sè l’affermazione che la realtà del regno non è un automatismo della storia, ma è legata all’incontro tra Dio e ciascuno di noi, e l’accoglienza che ognuno di noi offre al dono di Dio. Per questo, io considero l’episodio della prime chiamate dei discepoli ai vers.16-20 come lo svolgimento di quanto al ver.15 Gesù ha annunciato. Simone e Andrea, Giovanni e Giacomo, sono persone che accolgono il mistero del regno di Dio nelle loro persone e nella loro vita.
A questo si deve collegare la continuità-discontinuità del loro essere pescatori: l’assoluta novità della loro condizione di discepoli deve compiersi nella piena continuità del volto della loro vita. Questo significa che la vita di ciascuno viene radicalmente mutata nel loro andar dietro a Gesù. Ma non è un’evasione dalla storia nella quale Egli è venuto a visitarli e a chiamarli. Se mai, mi sembra che il discepolo di Gesù sia chiamato ad entrare nella storia alla quale appartiene con una nuova, straordinaria responsabilità.
E’ ben vero che è di estrema rilevanza quel verbo “lasciare” che caratterizza l’atto con il quale questi quattro uomini seguono Gesù. Ma credo che il loro lasciare si riferisca alla radicale re-interpretazione della loro vita secondo il Vangelo. E’ vero che questi quattro saranno discepoli speciali e saranno chiamati apostoli, ma il nostro testo è da riferirsi ad ogni chiamata alla fede. Per lo stesso motivo non ritengo di poter aderire a interpretazioni ascetico-doloristiche che sottolineino il grande sacrificio che accompagna l’ingresso nella vita nuova. Perchè non pensare che l’abbiano fatto in piena contentezza, cogliendo finalmente il senso profondo della loro noiosa vita di pescatori di Galilea, e quindi la prospettiva meravigliosa che si apriva per loro?
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
commento 2008:
http://lectioquotidiana.blogspot.com/2008/05/mc-114-15.html
http://lectioquotidiana.blogspot.com/2008/05/mc-116-20.html
nel brano di oggi mi sembra interessante come con la chiamata di Gesù quello che succede è un processo di umanizzazione. Da pescatori, appunto, si diventa pescatori di uomini così come ogni altra attività acquisisce un senso diverso proprio perchè è rivolto all’uomo.
andrea resca
Oggi nel nostro acquario è morto l’ultimo pesce rimasto. Rimane solo l’orizzonte nuovo del Vangelo?
La pesca come vera spesa della nostra vita.
Una rete fatta per accogliere, raccogliere, perdonare,amare..non i pesci ma i nostri fratelli. Tutti gli uomini, con le loro storie, fatiche, culture, bellezze.
Oggi un invito forte ad un vero rilancio della propria rete.
Gesù, che per primo ci ha pescati, ci chiama :’Venite dietro a me..’
“PESCATORI DI UOMINI”: commentando queste parole, un bravo biblista osservava che tale denominazione, “pescatori”, non ha avuto fortuna nella comunità di Gesù, nonostante lui stesso l’abbia “inventata”. E’ prevalsa la denominazione di “pastori”, sebbene Egli abbia detto che lui è “l’eccellente”, cioè l’unico nostro pastore… – Pescatori di uomini è un’indicazione assolutamente positiva: trar fuori dall’acqua un uomo vuol dire salvarlo, impedire che perda la vita, dargli vita… Come il nostro Padre, che passa il suo tempo a dar vita, a dare doni e felicità gratuitamente a tutti…