5 E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 6 Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
7 Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. 8 Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
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L’ammonimento severo di queste Parole è molto prezioso, perché in fondo ci porta ad una inevitabile domanda a noi stessi: noi, in realtà, preghiamo? Detto questo, è poi bene accettare con umiltà tutti i nostri limiti.
I vers.5-6 ci interrogano sul pericolo che tutto sia solo “un grande spettacolo”, “per essere visti dalla gente”. Mai abbiamo abbastanza sondato su questo, che ci interpella sulla nostra partecipazione profonda alle parole e ai segni della preghiera. Potremmo accorgerci che proprio nella celebrazione della preghiera …. non preghiamo! In ogni modo il ver.6 ci ricorda il valore irrinunciabile della nostra personale preghiera. La grazia da domandare è questa preghiera “nel segreto”, che, come nei versetti precedenti per l’elemosina, non vuol dire “di nascosto”, ma evidenzia la necessità di vegliare a che non succeda che …preghiamo pensando ad altro! Questa è un’umiliazione e una prova cui penso sia esposto chiunque desideri anche sinceramente pregare.
I vers.7-8 ci interpellano sul contenuto della preghiera. Con un termine usato solo qui nel Nuovo Testamento Gesù ci ammonisce a non pensare alla preghiera come ad un essere ascoltati da Dio “a forza di parole” – “non sprecate parole” – perché sarebbe una preghiera “pagana”. Allora la preghiera sarebbe un potere magico nei confronti di Dio stesso! Ma “il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate” (ver.8). Penso che la preghiera debba essere sempre “silenzio” anche quando materialmente si dicono parole, e debba essere sempre “ascolto”: quando preghiamo è sempre Lui che ascoltiamo. Quando pronunciamo parole che Lui ci ha detto e ci ha donato, anche allora è ascoltare, perché quelle parole sono la “Parola di Dio”, e come tali non finiscono mai di annunciare a noi quello che ancora non abbiamo saputo. Forse capita anche a voi di trovarvi con stupore davanti a Parole che molte volte avete ascoltate e dette nella preghiera, ma è come se le ascoltaste per la prima volta!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Pregare nella propria camera, dopo aver chiuso la porta: il termine tradotto con camera corrisponde piuttosto alla cantina, al ripostiglio. Un luogo umile, secondario…, dove può aver luogo l’incontro “segreto” con il Padre. – Quando pregate, non blaterate, non moltiplicate le parole: ecco uno dei punti del Vangelo che la comunità dei credenti non ha ascoltato, non ha preso sul serio. Anzi, si è fatto proprio l’opposto: formulari di preghiera, litanie, recitazione meccanica… Ed è stupenda la motivazione che Gesù ne dà: il Padre sa già ciò di cui abbiamo bisogno! E’ superfluo chiedere, “ricordare” a Lui, che non si dimentica certo di nessuno e di nulla. Meglio, credo (pur da inesperto), ammirare, ringraziare, stare insieme.