16 Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. 17 Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
18 Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più.
Matteo 2,16-18

E’ interessante, e credo, molto importante, questo “confronto” tra la scienza-sapienza dei Magi e la violenza del potere mondano. E’ la speranza di una potenza che non si lascia imprigionare e condizionare dal potere. Il verbo reso in italiano con “prendersi gioco”, ritorna in Matteo nel racconto della Passione del Signore, che viene deriso e insultato. Il potere mondano tende non solo a conservarsi e a crescere, ma addirittura a sacralizzarsi. Per questo la grande ira di Erode, e quindi la sua folle reazione. Così, Betlemme e il suo territorio subiscono l’uccisione di tutti i bambini piccoli, che sono i primi “martiri” di Gesù. Il testo accentua l’orrore dell’azione di Erode, dicendo che egli, “mandando, uccide”, e così sottolinea il suo delitto, come se lui stesso avesse compiuto la strage.
E’ molto importante la presenza nel nostro brano, accanto a Erode e ai Magi, di “Rachele che piange i suoi figli” (ver.18). Il grido del suo pianto e del suo grande lamento ha il valore anche simbolico di un rifiuto radicale da parte della donna e della madre. Se ne avete il tempo, è bellissimo oggi riprendere il testo di Geremia 31 citato da Matteo. Una Parola che peraltro sfocia nella speranza e nella pienezza dell’intimità nuziale tra Dio e il suo popolo. E’ una rivelazione straordinaria del “femminile” e del “materno”, che non tollera la violenza perpetrata dal potere: “piange i suoi figli e non vuole essere consolata”. Sono tutti suoi figli! E “non vuole” essere consolata! Il suo “dolore gridato” vuole rimanere come assoluta protesta. La negatività del misfatto non concede spazio a nessuna consolazione: “perché non sono più”. La donna che è madre non accetta la glorificazione mondana per gli “eroi” sacrificati. Per lei sono solo e semplicemente “i suoi figli”! Il suo pianto deve rimanere come irriducibile protesta.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.