9 Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10 E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. 11 E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
12 E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto 13 e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Entriamo oggi direttamente e pienamente nell’opera salvifica di Gesù. Per questo mi sembra opportuno sottolineare che Egli è il soggetto del verbo “vide” del ver.10, come tutto il nostro brano richiede. Non è, come per altre memorie evangeliche, testimonianza di Giovanni. E per questo, la portata dell’evento sta meno nell’ essere Gesù “battezzato nel Giordano da Giovanni” (ver.9), quanto nel suo vedere i cieli squarciarsi “e lo Spirito discendere su di lui come colomba” e la voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”. Dunque, non più la testimonianza del Battista, ma l’evento di Gesù. E’ dunque il momento della rivelazione della sua Persona e della sua relazione figliale con Dio Padre! L’elezione divina: “In te ho posto il mio compiacimento”. E’ la grande conferma dell’inizio del Vangelo secondo Marco: “Inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio” (Mc.1,1).
La memoria breve della tentazione di Gesù, rispetto alle versioni di Matteo e di Luca, in realtà amplia la portata dell’episodio, e ne fa la descrizione profonda della vita terrena di Gesù. Non si tratta infatti di alcune specifiche “tentazioni” alla fine dei quaranta giorni, ma del significato profondo della sua vita terrena. Questo è per noi prezioso, perché in certo modo tale è l’esperienza profonda di ogni credente in Lui!
Lo Spirito “spinse nel deserto” Gesù. Dunque è un’obbedienza allo Spirito, e tale obbedienza avvolge tutti i “quaranta giorni”, che sono simbolo dell’intero cammino del popolo di Dio, dalla liberazione dall’Egitto fino all’ingresso nella Terra promessa. Simbolo quindi dell’intera esistenza terrena. Il luogo è il deserto, che interpreta l’esistenza umana come ambito dove si vive e si sopravvive e si può camminare solo per la presenza e la potenza dell’aiuto divino. Il deserto, quindi, come luogo del grande incontro tra la nostra piccolezza-povertà e l’elezione d’amore di Dio per il suo Figlio, come per il popolo della Prima Alleanza. In questo “deserto” Gesù incontra la tentazione demoniaca, la potenza del mistero del Male e della Morte. Nel “deserto” della vita incontriamo Dio e la sua alleanza d’amore con noi.
E’ molto interessante l’espressione che troviamo solo in Marco nei Vangeli: “Stava con le bestie selvatiche”, alla lettera “era con le bestie selvatiche”. Fanno paura queste bestie, ma ci si può convivere! Sono le realtà difficili della creazione e della storia, e il Figlio di Dio le sperimenta e le conosce come ogni essere umano. E’ di grande pace il fatto che Egli “era con” loro, un’immagine di relazione e di dominio pacifico! Una convivenza evangelica che mi fa pensare al Cantico delle creature di S.Francesco.
“E gli angeli lo servivano”. Ci sono il deserto, Satana e le bestie selvatiche, ma ci sono anche gli angeli che lo servono. Tutto diventa un’ikona preziosa della vita terrena di Gesù, e per noi un annuncio di sapienza per come interpretare e vivere la nostra piccola esistenza. Quanti angeli ci hanno servito e ci servono!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.