37 Il giorno seguente, quando furono discesi dal monte, una grande folla gli venne incontro. 38 A un tratto, dalla folla un uomo si mise a gridare: «Maestro, ti prego, volgi lo sguardo a mio figlio, perché è l’unico che ho! 39 Ecco, uno spirito lo afferra e improvvisamente si mette a gridare, lo scuote, provocandogli bava alla bocca, se ne allontana a stento e lo lascia sfinito. 40 Ho pregato i tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». 41 Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Conduci qui tuo figlio». 42 Mentre questi si avvicinava, il demonio lo gettò a terra scuotendolo con convulsioni. Gesù minacciò lo spirito impuro, guarì il fanciullo e lo consegnò a suo padre. 43 E tutti restavano stupiti di fronte alla grandezza di Dio.
Luca 9,37-43a

Mi sembra che oggi possiamo prendere atto di un passaggio importante nella narrazione evangelica di Luca. Lo dico in riferimento privilegiato a questo capitolo 9. Nella prima parte del capitolo abbiamo ricevuto in modo diretto e circostanziato il dono evangelico di Gesù: dalla convocazione dei Dodici, al miracolo dei pani, alla confessione di fede di Pietro, al primo annuncio pasquale, alla trasfigurazione. Ora, scendendo Gesù e i suoi discepoli dal monte, mi sembra si possa cogliere il passaggio ad una situazione nuova, e cioè al primo confronto tra il dono di Dio in Gesù e il suo incontro-confronto-giudizio con la creazione e la storia! Come se ci dicessimo: dato il dono del Vangelo, quale situazione-vicenda-provocazione ne deriva? (ma voi non badate troppo a queste osservazione, se non vi può servire per entrare in quello che oggi il Signore ci regala!) Ecco il grido di un uomo che chiede a Gesù di soccorrere il suo unico figlio (ver.38). Gli riferisce di aver chiesto l’intervento dei discepoli contro lo spirito cattivo che colpisce il fanciullo, “ma non ci sono riusciti” (ver.40). Da qui due osservazioni. La prima riguarda il male dal quale il fanciullo deve essere liberato: non è una malattia, come poteva essere il caso della donna emorroissa e addirittura la morte della bambina in Luca 8,40-54, ma un male dello spirito come abbiam incontrato in Lc.8,26-39. Dico questo perché mi dispiace una certa superficiale disinvoltura esegetica che spesso interpreta i mali dello spirito come malattie. La distinzione c’è, ed è preziosa! La seconda osservazione si riferisce alla reazione severa di Gesù. Essa è rivolta in modo particolare ai discepoli più vicini a Lui, e quindi forse agli apostoli in particolare: “O generazione incredula e perversa, fino a quando vi sopporterò?” (ver.41). Al Signore dispiace che chi ha ricevuto il dono potente del Vangelo non lo sappia o non lo voglia comunicare! E scaccia il demonio dal fanciullo e lo restituisce a suo padre liberato e sanato. Penso che ognuno di voi, se riflette con attenzione, possa riconoscere nella sua stessa esperienza questo evento di liberazione dal Male, che non é tanto e solo una liberazione dalla malattia! Dunque, per questo mi pare si debba interpretare l’avvenimento come un confronto e una lotta tra la potenza evangelica e il male che assale le persone. Ora, in Gesù e nel suo Vangelo, è presente ed è donata all’umanità una potenza nuova di liberazione dal male! Il ver.43 conclude l’episodio dicendo: “Tutti restavano stupiti di fronte alla grandezza di Dio”. Un medico bravissimo o uno psicologo acutissimo riscuotono la nostra riconoscente ammirazione, ma nessuno di noi pensa che l’uno e l’altro siano un “dio”! Altre volte, invece, la potenza di consolazione e di rinnovamento della speranza offerta da una mamma, o da un amico, o da un vecchio prete, ad una persona prigioniera di un male che le toglie la speranza e la pace, la riconosciamo come opera del Signore.Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Dal “figlio trasfigurato” si passa ora al “figlio sfigurato” (così osserva Ricardo Perez): la persona umana è infatti devastata da mali fisici e spirituali che ne deturpano il volto. E tutti noi ne facciamo esperienza. Gesù risponde alla richiesta di aiuto: si ferma a guardare il dolore dell’uomo e interviene per salvarlo. Il ragazzo, prostrato a terra, viene rialzato e restituito a suo padre. Così – crediamo – per tutti noi.