13 Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, 14 disse loro: «Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; 15 e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. 16 Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà».
Luca 23,13-16

La particolarità di questo piccolo brano che oggi riceviamo dalla bontà del Signore è l’esclusività della sua presenza rispetto agli altri Vangeli.
Solo Luca ricorda questa “protesta” di Pilato nei confronti di “capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo” (ver.13): “Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate” (ver.14).
Abbiamo già trovato la sua obiezione al ver.4 di questo capitolo e la ritroveremo al ver.22.
Mi sembra importante considerare oggi, come l’abbiamo fatto anche nei giorni scorsi, che se né Pilato né Erode possono giustificarsi della condanna di Gesù, resta che il peso più drammatico dell’evento ricade più fortemente sui massimi responsabili del popolo della Prima Alleanza.
Respingendo il Messia del Signore, essi rinnegano anche tutta la profezia che Israele ha custodito nei secoli della sua storia.
Riprendo questo pensiero perché capita spesso nella memoria storica che venga condannato più vivacemente l’ “estraneo”, “l’altro”.
Anche nella Bibbia che ho in questo momento davanti agli occhi, il titolo che precede il nostro testo dice: “Pilato consegna Gesù perché sia crocifisso”. E questo mi sembra del tutto ingiusto: malgrado le resistenze di Pilato e la stessa estraneità dello sciagurato Erode, è Israele che assume la responsabilità della condanna di Gesù.
Non sospettatemi di antisemitismo.
Quando Giuseppe Dossetti lasciò il suo impegno nella politica aveva chiaro nel suo pensiero che lo faceva non per una “crisi” della società, ma per una crisi della comunità ecclesiale. E per questo s’immerse totalmente nella vita cristiana e nell’offerta al Signore.
Ritornando al nostro Pilato, ascoltiamo al ver.16 una nuova dichiarazione del suo pensiero. E’ vero che poi non è capace di custodire la sua responsabilità di potere politico, ma a noi resta il pensiero che di fronte al mondo i primi responsabili della presenza e della potenza della fede nella storia, siamo noi discepoli di Gesù.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Seguendo in questi giorni la narrazione dell’arresto, processo, interrogatorio, umiliazioni e torture che Gesù ha subito, il mio pensiero è andato spontaneamente alle migliaia e migliaia di uomini e donne, forse milioni di persone, che hanno dovuto vivere situazioni simili nel corso della storia. Un aspetto che mi inorridisce è il vedere l'”inquisito” in balìa dei suoi inquisitori, i quali spesso – come nel caso di Gesù – non cercano affatto di arrivare a una verità, ma hanno solo l’obiettivo di tormentarlo ed eliminarlo. Nel drammatico racconto di Luca ho visto due punti luminosi: Gesù annuncia che “il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio”: un uomo come noi – così noi crediamo – condivide la sovranità di Dio e ne esercita la potenza, una forza di amore e di salvezza per tutti. La regalità di Gesù si illumina anche nell’interrogatorio davanti a Pilato: non regalità politica o militare, ma la regalità del Regno del Padre sui suoi figli.