29 Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30 Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31 Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32 Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33 Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34 Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35 Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36 Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37 Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
Omelia dialogata messa Sovere 30.07.2021 Lc 10,29-37
COMMENTO
Siamo arrivati ad una curiosa conclusione, cioè che il verbo amare lo si debba intendere sempre nell’orizzonte della reciprocità. Amare ed essere amati è necessariamente un intreccio. Se non fossi amato non potrei amare. Essendo amato non posso che amare. Questo è certamente vero quando il soggetto-oggetto dell’amare è Dio. Ci sembra tuttavia che questo avvenga anche quando ci vogliamo bene. E’ chiaro che intendiamo questo “volersi bene” nella sua piena e luminosa autenticità. Allora ci possiamo chiedere: “Perché devo amare?”. E rispondo: “Perché sono amato!”. Però qui devo precisare questo “perché”: perché sono amato da Dio. E’ Lui, infatti, che mi porta alla suprema realtà dell’amore. Chi ama Dio, semplicemente ama tutti e tutto. Qui si potrebbe obiettare: ama anche il peccato e il peccatore? No, perché, se ama il peccatore, non può amare il peccato che vuole distruggerlo.
Dio ti benedica e tu prega per noi. Giovanni e Francesco