18 Diceva dunque: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo rassomiglierò? 19 È simile a un granellino di senapa, che un uomo ha preso e gettato nell’orto; poi è cresciuto e diventato un arbusto, e gli uccelli del cielo si sono posati tra i suoi rami».
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Il discepolo del Signore è chiamato a riconoscerlo e ad accoglierlo nel piccolo e fragile tessuto della vita quotidiana. Le parabole hanno lo scopo di mostrarci questa sua volontà-capacità di raccogliersi negli elementi minuscoli della creazione e della vita. Le parabole, ricordiamolo, non sono solo e tanto degli “esempi” per spiegare in modo facile cose difficili. Le parabole sono l’annuncio di come Dio, e la sua opera tra noi, siano presenti nella creazione e nella storia. Il discepolo del Signore può quindi cogliere, riconoscere ed accogliere il regno di Dio anche in oggetti ed eventi che lo esprimono. Come qui, appunto, il chicco che diventa arbusto. Quando del regno il nostro testo dice “a che cosa lo rassomiglierò?”, avverte ed esorta ad un’attenzione nuova verso la creazione e la storia, che sono piene di “immagini” del mistero di Dio e della sua presenza tra noi. Così, dalla parabola del vignaiolo che vuole lavorare intorno al fico sterile alla vicenda della donna rialzata verso Dio in giorno di sabato, e procedendo verso l’immagine di una “porta stretta” per significare la piccolezza della presenza divina nella storia, tutto converge ad annunciare che Dio è tra noi, e che deve essere riconosciuto non nelle manifestazioni clamorose, ma nel tessuto piccolo e addirittura segreto della vita quotidiana.
Quell’uomo ha gettato un seme piccolo nel suo orto. Il seme diventa un arbusto grande, al punto che “gli uccelli del cielo si sono posati tra i suoi rami”. Vi consiglio di considerare quest’ultima immagine ascoltando le parole di Daniele 4,9.18. Notate come Gesù “capovolge” la prospettiva del profeta. Daniele descrive la vicenda di un grande albero, che rappresenta la potenza mondana e imperiale, albero che appunto ospita in sè molte creature, tra le quali anche gli uccelli, che viene tagliato e ridotto a desolazione. Il regno di Dio è l’opposto: un piccolo seme apparentemente di nessun rilievo, che diventa capace di ospitare sui suoi rami gli uccelli del cielo, che forse rappresentano i popoli della terra.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Questa mattina leggendo il testo mi colpiva il fatto che mentre nei testi di Matteo e di Marco si parla di semina, e questo mi fa pensare ad una preparazione del terreno, in Luca si dice che il granellino viene preso e gettato. Mi piaceva il fatto cioè che non occorre alcuna preparazione del terreno, alcuna predisposzione del cuore dell’uomo a ricevere il dono del regno di Dio, ma il regno di Dio viene regalato a tutti e in tutti cresce al di la della condizione in cui ci si trova.
Questa settimana abbiamo ospiti alla tenda 12 ragazzi di Mapanda con una mamma che li aiuta. Quindi anche la nostra preghiera e il nostro cammino nel Vangelo di Luca è accompagnato da queste presenze.
Di cosa sta raccontando oggi Gesù, parlando del regno di Dio? Forse del viaggio che sta compiendo verso Gerusalemme, che dal capitolo 9 anche noi stiamo seguendo. A partire dalla sua decisione di indurire il suo volto verso Gerusalemme, che potrebbe essere quel prendere il seme e gettarlo nel giardino, fino all’incontro di ieri con la donna curva, che viene liberata dalla sua condizione schiava per potere dare gloria a Dio, segno del regno che cresce, in una partecipazione d’amore alla condizione umana, che troverà il suo compimento perfetto a Gerusalemme.
Dicendo regno di Dio, piuttosto che regno dei cieli, forse oltre che come entità, si vuole sottolineare la dinamica del regnare. Come regna Dio? In questo modo, nel suo Cristo. In questo senso è bella l’immagine finale: Dio regna su tutte le nazioni, in quanto tutte le nazioni riconoscono nella sua autorità un luogo dove abitare, una dimore dove potere essere accolti.
Gesù ha quell’occhio luminoso, semplice, di cui abbiamo letto nei cap. precedenti, che gli permette di vedere nella storia degli uomini innanzitutto la crescita del regno di Dio.
Il “gettare” il seme, può fare venire in mente quei passi dove questo verbo indica anche tutto il mistero dell’umiliazione del Cristo di Dio (nel Vg. di luca lo ritroveremo anche riguardo a Lazzaro della parabola)
Abbiamo letto in precedenza che il regno di Dio si è avvicinato a noi, e leggeremo che è fra di noi, o dentro di noi. Gesù aveva accostato a questa vicinanza del regno di Dio, l’invito alla penitenza e la fede nell’evangelo. Il regno di Dio cresce. Secondo La lettera ai Colossesi cresce il Vangelo in noi e attraverso il Vangelo cresce in noi la conoscenza di Dio . Si può dunque tornare all’immagine finale degli uccelli del cielo; noi come loro dimorando fra i rami del Vangelo, troviamo riposo nella conoscenza di Dio.
Viene detto letteralmente che “il Regno è simile ad un chicco di senapa che, preso, un uomo ha gettato nel suo orto”. L’italiano perde il possessivo “suo”. Mi è rimasta in mente questa successione: prendere-ricevere il seme e gettarlo nel proprio orto. E’ un dono quindi, che possiamo prendere e gettarlo con fiducia nella nostra vita, nelle nostre cose; è piccolo ma ha una grande potenzialità di crescita e di bene.