10 Una volta stava insegnando in una sinagoga il giorno di sabato. 11 C’era là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo. 12 Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei libera dalla tua infermità», 13 e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
14 Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, rivolgendosi alla folla disse: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non in giorno di sabato». 15 Il Signore replicò: «Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? 16 E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott’anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?». 17 Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

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Qualche nota delle bibbie dice che è difficile individuare la struttura e il significato unitario del cap.13. A me sembra si possa pensare al grande invito alla conversione, alle sue esigenze e alle sue modalità. Mi sembra di cogliere nel nostro testo una connessione forte con la parabola del vignaiolo, e mi sembra chiaro che Gesù è questo vignaiolo e la donna curva è quell’albero infruttuoso. Non mi piace rischiare elucubrazioni sui “numeri”, e tuttavia colgo un’insistenza su questi “diciotto” anni di infermità della donna; mi arrischio a dire che forse si può stabilire una connessione con i tre anni infruttuosi del fico della parabola e con i sei giorni rivendicati al ver.14 dal capo della sinagoga come i giorni legittimi per lavorare senza violare il sabato. Tre per sei diciotto, per dire dunque dell’infermità che Israele ha evidenziato e raccolto nella vicenda umana e che ora s’incontra con la salvezza di Dio che è Gesù.
In modo particolare mi sembra che la donna curva rappresenti il popolo della Prima alleanza, ancora piegato sotto il giogo del peccato, e in certo senso sotto il giogo della Legge che rivela la santità ma non salva. E quindi forse implicitamente rivela la “santità” del sabato come il giorno della salvezza di Dio nelle impossibilità e nelle infermità dell’uomo. L’impossibilità assoluta di drizzarsi forse allude all’impossibilità della donna di guardare “in alto”. Quando il Signore la libera, al ver.13, si dice che “si raddrizzò e glorificava Dio”. Dunque una prigionia fisica che ne contiene una dello spirito. E una liberazione che consente finalmente di guardare a Dio.
Ecco allora lo sdegno e il rimprovero del capo della sinagoga, che qui rappresenta in certo modo la grande “obiezione” di Israele nei confronti di Gesù. La santità del sabato impone che l’uomo nulla faccia. All’inizio del cap.6 abbiamo già trovato l’affermazione di Gesù sul fatto che il Figlio dell’uomo è Signore del sabato, e che quindi il sabato è il giorno proprio per fare del bene e salvare. Qui è interessante notare come il rimprovero sia rivolto alla gente, ma di fatto sia destinato a Gesù e alla sua opera.
Proprio ieri ho ascoltato un rabbino che diceva che l’insegnamento di Gesù sul sabato, qui al ver.15, non è un’ “invenzione” sua, ma appartiene alla tradizione e all’insegnamento farisaico. Gesù denuncia infatti gli “ipocriti”, perchè impediscono per una creatura umana quello che è concesso per abbeverare gli animali. Egli dunque non afferma un superamento della Legge, ma se mai il suo inveramento e la sua glorificazione. A questo proposito è affascinante il titolo che attribuisce alla donna:”figlia di Abramo”!
In tal modo, Gesù rivela l’ultimo e supremo volto del sabato, che è “vuoto” di opere umane, per manifestare in pienezza l’opera di Dio, l’opera della salvezza. Ricordiamo infatti che accanto al significato del sabato come giorno nel quale si celebra il riposo divino al termine della creazione, il Deuteronomio illumina l’osservanza del sabato come memoria della liberazione che Dio ha donato al suo popolo.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
E’ bene continuare a ricordare che Gesù è in viaggio verso Gerusalemme per l’esodo che là avrebbe portato a compimento, come detto nel Vangelo della Trasfigurazione. Come è stato per il primo esodo dalla terra di Egitto, vi è un legame assoluto tra la liberazione dalla condizione di schiavitù e il sabato.
Questa donna, anche per l’immagine profetica del popolo che chiamato a guardare in alto non sa sollevare lo sguardo, è davvero segno della condizione oppressa del popolo, e per estensione della intera umanità. In un certo senso si può ricordare anche la condizione illustrata dal capitolo 3 della Genesi a riguardo della donna (ma anche di Adamo).
C’è quindi bisogno di un sabato di redenzione, di cui il primo segno è la capacità riacquisita di glorificare Dio.
Il carattere pasquale dell’azione del Signore è rimarcato dalla gioia delle folle per le cose gloriose compiute dal Signore. Il termine glorioso è ripreso dalla lettera agli Efesini per rammentarci che il Cristo ha dato sè stesso al fine di “farsi comparire davanti la sua chiesa tutta gloriosa…”