10,1 Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2 Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. 3 Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4 non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. 5 In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. 6 Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7 Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l’operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. 8 Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, 9 curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio. 10 Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: 11 Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. 12 Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.
13 Guai a te, Corazin, guai a te, Betsàida! Perché se in Tiro e Sidone fossero stati compiuti i miracoli compiuti tra voi, già da tempo si sarebbero convertiti vestendo il sacco e coprendosi di cenere. 14 Perciò nel giudizio Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi.
15 E tu, Cafarnao,
sarai innalzata fino al cielo?
Fino agli inferi sarai precipitata!
16 Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato».
Luca, unico tra gli evangelisti, ci regala questo “ampliamento”. Il testo sembra correre parallelo al cap.9 proprio per sottolineare la dilatazione della vicenda evangelica. Il primo evidente segnale di ciò è il numero:72, o, secondo altre versioni, 70; è il numero delle “nazioni” secondo la tradizione biblica dei padri ebrei. Quindi è l’indubbio annuncio dell’uscita del Vangelo dai confini del popolo della Prima Alleanza. Non sono più i soli “Dodici”, ma di “discepoli”, noi diremmo i semplici cristiani. Peraltro le caratteristiche della loro missione è la stessa di quella apostolica. E anche questo mi sembra molto importante, perchè è tipico della Parola di Dio tendere ad essere non “esclusiva”, ma inclusiva, cioè feconda: per cui il dono di Dio e tutto quello che ne deriva, non è tanto per dire una specificità esclusiva, ma un dono che viene ricevuto e quindi partecipato. I settantadue “partecipano” quindi della missione dei Dodici. Questo non toglie niente al primato di responsabilità e di autorità del compito apostolico, ma se mai lo descrive, arricchendolo.
Mi sembra molto bella anche la precisazione, sempre al ver.1, secondo la quale “li inviò…avanti a Sè in ogni città e luogo dove stava per recarsi”. Si può considerare una ripresa in grande dell’episodio del villaggio dove erano stati mandati e dove non sono stati accolti: una funzione di “preparazione” all’incontro vero e proprio che non può essere che con il Signore stesso. Rivedete al proposito diversi passaggi interessanti di Giovanni 4 e del rapporto della donna di Samaria con i suoi concittadini in relazione all’incontro con Gesù. Anche qui non è certo una “limitazione” dell’importanza della missione, ma una sua descrizione profonda, che addirittura culminerà al ver.16 con una suprema valorizzazione dell’opera di questi e di tutti i “missionari” del Vangelo, che peraltro non cessano di essere gli umili servi dell’unico Signore e Salvatore.
L’importanza della loro opera è confermata al ver.2 dall’immagine messianica, presente nelle profezie di Israele ( ma tornate a riprendere anche per questo Giovanni 4 e quello che Gesù dice dei campi da mietere!), e così potente nel descrivere la fine della storia e la sua pienezza. I vers.3-4 ci ricordano l’esigenza assoluta di un modo mite, povero e indifeso, adatto quindi a testimoniare e a celebrare l’opera pasquale di Gesù sino alla suprema obbedienza della croce.
Mi piace anche soffermarmi con voi su questa immagine della casa, della città e della mensa, così ampiamente descritta nei vers.5-12. La stessa indicazione del ver.4 di non salutare nessuno lungo la via mi sembra tenda a valorizzare il saluto più intimo, più profondo e più diretto rivolto ai luoghi e alle persone. Il saluto è quindi una benedizione, a priori, che precede tutto quello che potrà succedere in quella casa. E mi pare importante anche l’indicazione di una certa “stabilità”, che porta l’immagine della Chiesa appunto così vicina all’immagine della casa. E anche della mensa! Gesù chiede che si mangi quello che è nella consuetudine del luogo; ho visto quanto questo è importante anche oggi per dire che il Vangelo vuole entrare nella vita delle persone, e non sconvolgerla. Vuole entrare nella casa e nella città con tutte le tradizioni che vi sono presenti. Poi, la “Cena” che vi nascerà, certamente nuova, potrà modificare molti tratti inopportuni di una cultura, ma non l’aggredisce, anzi la visita dall’interno, in certo senso senza pretendere a priori di cambiarla. A cambiare le cose deve essere la forza misteriosa del mistero di salvezza che ora viene annunciato.
L’ultima parte del nostro brano esalta la libertà-responsabilità dell’accoglienza del dono di Dio. Mette a confronto Israele e le nazioni. Avverte del rischio che una grande tradizione di fede possa degradarsi in una rigidità che impedisca di riconoscere quello che quello che la profezia di Israele ha sempre atteso. Nello stesso senso, la drammatica “povertà” sapienziale e spirituale di un mondo pagano può renderlo misteriosamente più pronto ad accogliere l’abbagliante novità del dono evangelico.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
La messe è molta ma gli operai sono pochi. Sono gli occhi luminosi del Signore che vedono quanta molta è la messe, l’attesa delle moltitudini. L’invio dei 70 (72) è la conseguenza di questo sguardo luminoso che sa leggere la storia nella sua dimensione più profonda. Gli operai, inevitabilmente, sono sempre pochi, perchè gli occhi del Signore vedono sempre più in là. E’ lo stesso sguardo che in Gv 4,35 gli fa dire “levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura”
Quello che è richiesto ai discepoli, secondo i vv.5-7, è dire “pace a questa casa” e mangiare e bere di quello che hanno. Nessuna esortazione morale, nessun ammonimento o altra precondizione affermata per potere essere salvati. La partita si gioca su queste piccole cose concrete della vita. Ricorda le parole di Gesù “E chi darà anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli perchè è mio discepolo, in verità vi dico che non perderà la sua ricompensa”.
Anche al v8 Gesù raccomanda di mangiare ciò che viene loro posto davanti; e questo è il primo comando , precedente quello di guarire i malati e annunciare che il regno di Dio si è avvicinato a loro. I discepoli sono chiamati ad accettare il cibo delle case o delle città, così come è. Se si tiene conto che il numero 70 (72) può essere rappresentativo di tutte le nazioni della terra, è un bell’esempio di come i discepoli del Signore sono chiamati a rapportarsi con le diverse culture e mentalità dei popoli.