17 I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». 18 Egli disse: «Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. 19 Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. 20 Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli».
21 In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto. 22 Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare».
23 E volgendosi ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. 24 Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l’udirono».
Oggi ci viene regalata una Parola di grande gioia: gioia dei discepoli; gioia del Signore; e infine la beatitudine proclamata da Lui per la nostra condizione e la nostra vicenda di discepoli. Si può “insegnare” la gioia? Penso che il Signore voglia insegnarci “che” dobbiamo gioire; e qui, in particolare, “perchè dobbiamo gioire”. E possiamo cogliere nella sua stessa gioia i motivi profondi della nostra gioia. Chiedo per me e per tutti voi la grazia di questa gioia, e soprattutto l’esperienza di questa gioia divina nei tempi della prova.
La gioia citata per prima – al ver.17 – viene dalla “scoperta” da parte dei discepoli che i demòni, cioè le potenze del male e della morte che dominano la vita umana, sono vinti da loro e dalla loro opera. Gesù conferma tutto ciò, e insieme previene il rischio di un’attenzione prevalente su questo loro potere, e ne sottolinea l’origine ricordando la grazia divina che li ha eletti e ha donato loro la vita nuova. Secondo il ver.20 questa deve essere la gioia più grande dei discepoli. Siamo dunque pieni di contentezza perchè il Signore ci ha salvati e ci ha posto accanto a Lui: da qui proviene anche il potere di sottomettere il male del quale eravamo inevitabilmente schiavi.
Al ver.21 le parole rivolte alla gioia dei discepoli diventano preghiera di lode gioiosa al Padre che ha nascosto i suoi misteri ai dotti e ai sapienti e li ha rivelati ai piccoli. Se infatti tutto questo fosse il frutto di una nostra sapienza-intelligenza la meraviglia e la gioia lascerebbero il posto ai meriti e alle conquiste dell’uomo. I piccoli sono il segno evidente dell’elezione di Dio e della totale gratuità della salvezza. Al punto che il sapiente e l’intelligente vengono esclusi dall’ingresso nel mistero di Dio, che può essere concesso solo alla loro conversione e alla loro confessione di piccolezza e di bisogno di essere salvati. Il ver.22 è una prosecuzione meditativa della lode del ver.21, e porta sulla persona stessa di Gesù il primato di quella gioia e di quel dono di sapienza. Nessuno infatti è più piccolo di Lui. Per questo, il compiacimento di Dio Padre verso i piccoli, già ampiamente rivelato e manifestato nella fede e nella storia dei padri ebrei, si adempie in pienezza nel Figlio, al quale tutto il mistero divino viene affidato, al punto che Egli è la vera e unica fonte di questa rivelazione. E tutta la sapienza si raccoglie e si esprime nella conoscenza di Dio Padre e del suo Figlio Gesù Cristo. La conoscenza, la comunione e l’intimità del Padre e del Figlio sono il dono supremo che l’umanità ha ricevuto da Gesù.
Ai vers.23-24 Gesù ritorna a parlare direttamente e riservatamente ai discepoli (“in disparte”), per proclamare la suprema beatitudine della loro condizione e della loro vicenda. In loro infatti si adempiono le attese dei profeti e dei grandi di Israele. Un compimento, come abbiamo più volte già visto lungo il Vangelo di Luca, inaspettato e imprevisto.
Anche i nostri nomi “sono scritti nei cieli”: è un’immagine del linguaggio apocalittico…, e ci rassicura del felice esito finale della nostra vita.- E infatti, siamo anche noi tra quei “poveri”, tra i tanti “piccoli”, colmi di limiti, debolezze, ferite, che Dio però predilige e mette a parte dei suoi “misteri”. – Si può dire anche di noi: “Beati i vostri occhi:::”! “Beati” vuol dire “felici”: sì, Dio non è geloso della felicità degli uomini (come capitava agli dèi dell’antichità): ci vuole felici e realizzati. Noi, in particolare, abbiamo il dono di essere in comunione col Padre e di approfondire ogni giorno lo studio (amorevole) delle parole e delle opere del Signore Gesù… Siamo proprio dei privilegiati.