Caro don Giovanni, non pensavo che la prova della divisione, quella che lei chiama la fragilità dei rapporti sentimentali, visitasse anche la mia famiglia. Una nostra figlia che è persona di grande fede e di grande serietà, ci ha comunicato che il suo matrimonio sta naufragando. Suo marito è persona ugualmente seria e impegnata. Pare che non ci siano di mezzo altre persone e innamoramenti con altri. A me e a mia moglie pare di vedere solo la fatica di una vita troppo faticosa per loro, anche se non ci sono prove speciali. Come mai succedono queste cose? 

Caro amico, le rispondo confidandole quello che in questi giorni ho sentito la necessità di comunicare anche ai fratelli e alle sorelle della mia piccola comunità di persone consacrate. Oltre a noi, nella nostra comunità ci sono anche coppie di coniugi. Anche persone nella vedovanza e anche persone il cui matrimonio è naufragato, come lei mi scrive. Avverto sempre di più come noi consacrati portiamo un’enorme responsabiolità verso il sacramento del matrimonio, oggi così esposto, come lei dice, alla fragilità delle persone e alla fatica della vita. Mi sembra che noi fratelli e sorelle abbiamo oggi la responsabilità e il compito di vivere fino in fondo, con totale dedizione , non solo la nostra personale consacrazione, ma anche la nostra comunione fraterna, vissuta con pienezza di carità e di accoglienza. Nella disponibiloità totale ad accoglierci reciprocamente con tutti i nostri difetti e le nostre diversità. Altrimenti cadiamo sotto l’amara accusa di un detto popolare che una nostra mamma anziana mi ricordava, dicendo che le suore “si mettono insieme senza conoscersi, vivono non volendosi bene e muoiono senza perdonarsi”. Oggi mi sembra che consacrare la nostra vita e vivere la comunione interna alla nostra comunità sia dovere grandissimo proprio nei confronti di quelli che, come i suoi cari, vivono con fatica la fragilità delle relazioni e il sacrificio richiesto ai vincoli di comunione. Mi pare quindi che non dobbiamo giudicare nessuno e dobbiamo piuttosto celebrare ogni giorno la nostra vita offerta all’Amore di Dio. Credo che anche la bellezza e la bontà dell’unione nuziale tra lei e sua moglie possa essere di grande aiuto ai suoi ragazzi esposti alla fatica del loro vincolo d’amore.

Buona Domenica. d.Giovanni. 6 maggio 2011

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Potete leggere qui di seguito tre articoli della medesima rubrica “Cose di questo mondo” di Giovanni Nicolini, non ancora pubblicati nel nostro sito.

Si potrebbe sperare che, in un cambio di governo, potesse assumersi la responsabilità del paese una persona di vera fede cristiana e di conseguente atteggiamento pratico?…….

Ho estrapolato la domanda da una lettera lunga e molto aggressiva nei toni e nei contenuti. Una lettera di spessore non banale e molto sincera. Vorrei innanzi tutto sperare insieme a lei che ai cittadini italiani venisse data la possibilità di essere davvero responsabili del governo del paese, e non solo spettatori di un duello per il potere che assorbe tutte le energie di un governo che non governa. Quanto alla “persona di vera fede cristiana” l’espressione è molto impegnativa e in gran parte insondabile. Ad una persona impegnata nella politica noi possiamo domandare soprattutto una doverosa capacità di “laicità cristiana” che gli consenta di essere nel contempo libera e fedele. Dove la fedeltà è la volontà e la capacità di tradurre le grandi luci della fede in linguaggi e contenuti che anche chi cristiano non è, possa intendere, valutare, discutere, respingere e magari accettare. Un cristiano con responsabilità di governo, se è coerente con se stesso, è molto scomodo. Potrebbe infatti essere portato a non accettare compromessi di potere che oscurassero la nostra tradizione secondo il Vangelo. E dove qualche potere chiedesse vantaggi e privilegi non consoni e non coerenti con la sapienza cristiana, potrebbe opporsi con più determinazione rispetto a chi, non avendo questi riferimenti essenziali, sarebbe aperto ed una maggiore spregiudicatezza nel concedere favori in cambio di favori. Vedremo. Ma non sono sicuro che ipotesi simili siano possibili. E neppure che siano auspicabili. Abbiamo perso il treno di una adeguata preparazione culturale a questi compiti. E’ già molto se per ora cerchiamo di essere vigilanti nel dare una mano a chi più patisce questa situazione, perché più piccolo, più povero e più indifeso.

Buona Domenica. d.Giovanni. 19 febbraio 2011

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Caro don Giovanni, mi accorgo che una situazione della mia famiglia che vivo da anni con molta angoscia, è ormai molto diffusa. Il mio secondo figlio non si è sposato nè religiosamente nè civilmente, convive con una ragazza molto buona e molto brava, che è religiosa, ma ha voluto rispettare la scelta di mio figlio. Così, oltre che patire per mio figlio, ancora di più patisco per lei. Hanno avuto un bambino e l’hanno battezzato. Come mamma vedo in questo un segno di speranza. Come vede lei queste vicende? (messaggio firmato)

Cara Signora, in questa vicenda sono completamente immerso, perchè la maggior parte dei matrimoni celebrati da noi vengono da esperienze più o meno lunghe di convivenza. Quando si fanno le pubblicazioni del matrimonio, quasi sempre vengono preparate solo per la mia parrocchia perchè loro già vivono insieme. Non posso qui in breve spazio dirle il mio pensiero su tutti gli aspetti di questo fatto, che effettivamente è sempre più diffuso. A lei rispondo con una parola di speranza. Vedo ancora una volta come la potenza del Vangelo di Gesù sia capace di raggiungere tutte le situazioni e tutti i cuori. Quando questi ragazzi mi vengono a trovare per chiedermi il matrimonio religioso, scopro sempre quanto il Signore abbia operato nella loro vita. Li ha visitati e li ha presi per mano là dove si trovavano, e ha iniziato con loro un cammino di pensieri, di ripensamenti, di domande antiche e nuove…e li ha portati a desiderare quello che prima rifiutavano. Non sempre nella loro richiesta ci sono riferimenti diretti alla fede. Ma anche sincere considerazioni sulla loro vita mi sembrano aperte a riconoscere il dono di Dio. Qualche volta mi dicono che hanno pensato di avere un bambino, e per questo desiderano fargli trovare una condizione più forte della loro realtà famigliare. Altre volte mi parlano della paura che li ha presi sulla fragilità della loro unione: magari è già capitato che per motivi non importanti si sono lasciati, e poi, con fatica, si sono ritrovati. E adesso vogliono un patto più forte tra loro. In ogni modo, mi sembra di vedere sempre una strada aperta, e un desiderio sincero di accogliere il segno forte di un vincolo d’amore più grande di loro. Ci sarebbe ancora molto da dire. Intanto spero di averle dato un piccolo segno per sperare. Con affetto.

d.Giovanni. 25 febbraio 20111

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Quanto poco tempo è passato da quando il Cardinale Biffi scriveva sulla “Casa canonica”. Adesso siamo a parlare di unità pastorali . Ci dobbiamo fare nuove abitudini. Penso che ci sarà molta fatica, perché il prete era per noi la presenza non solo del suo servizio, ma della sua stessa vita.

Cara Signora isolo questa frase dalla sua lunga lettera che propone diversi problemi e quesiti. Lei mi chiede come vedo un cambiamento come questo che ho riportato. Io non lo vedo male. Sarà perché non sono capace di fare quasi niente. Per me sarebbe bello avere l’aiuto di miei confratelli più bravi. Per ascoltare un po’ di Vangelo con le persone di ogni età, potrei ricambiare tanti preziosi servizi. Non so come le esperienze avviate stiano funzionando. Di una vicino a me sento dire molto bene. C’è un punto che sento piuttosto delicato. Ed è quello dell’Altare dell’Eucaristia. Mi verrebbe da pensare che una certa stabilità-continuità della presidenza della liturgia sia importante. Però non credo si debba farne un assoluto. Per più di vent’anni sono stato in tre piccole parrocchie di campagna con quattro chiese. Mi sembra di poter dire che il risultato è stato quello di avvicinare di più le persone e le famiglie tra di loro. Ci si abitua che anche il Triduo Pasquale si celebra un po’ di qua e un po’ di là, ma piano piano l’assemblea si unifica. Allora avevo tempo e mi piaceva andare in giro a piedi per la campagna. Pensi a che razza di parrocchia aveva S.Paolo per tutto il Mediterraneo!. Lei mi dirà: certo, ma c’erano persone che per suo incarico curavano la vita delle diverse chiese. E’ vero! E penso che proprio a questo dobbiamo pensare e in questa direzione dobbiamo impegnarci. Una chiesa ricca di ministeri è quella che ci aspetta. Proviamo però anche a chiederci perché siano pochi quelli che pensano al ministero presbiterale. E soprattutto, seguendo l’indicazione del nostro Arcivescovo, preghiamoci sopra. Forse il Signore ha pronto un bel regalo e ce lo vuol far desiderare. Magari un regalo che proprio non immaginiamo.

Un caro saluto e buona Domenica. d. Giovanni. 4 marzo 2011