25 Ho creduto necessario mandarvi Epafrodìto, fratello mio, mio compagno di lavoro e di lotta e vostro inviato per aiutarmi nelle mie necessità. 26 Aveva grande desiderio di rivedere voi tutti e si preoccupava perché eravate a conoscenza della sua malattia. 27 È stato grave, infatti, e vicino alla morte. Ma Dio ha avuto misericordia di lui, e non di lui solo ma anche di me, perché non avessi dolore su dolore. 28 Lo mando quindi con tanta premura, perché vi rallegriate al vederlo di nuovo e io non sia più preoccupato. 29 Accoglietelo dunque nel Signore con piena gioia e abbiate grande stima verso persone come lui, 30 perché ha sfiorato la morte per la causa di Cristo, rischiando la vita, per supplire a ciò che mancava al vostro servizio verso di me.
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Il ver.25 pone un tema molto interessante, che noi affrontiamo con la nostra consueta modesta obiezione alle scelte del traduttore italiano. Tra l’altro, penso che sarà probabilmente un grande competente davanti al quale dovrei solo vergognarmi. Ma mi prendo la licenza di una “critica” che forse è propria di chi riceve la Parola nella preghiera più che nella competenza linguistica, e quindi pretende – forse non del tutto legittimamente – di poter cogliere sopratutto il “miracolo” della Parola che dalla potenza dello Spirito è “forzata” ad esprimere l’inesprimibile del mistero di Dio. Dunque, se proviamo a rendere le parole nel loro semplice e diretto significato letterale, di questo Epafrodito veniamo a sapere che è “fratello, cooperatore e commilitone” di Paolo, “apostolo e liturgo delle necessità” di Paolo, da parte dei Filippesi. Vorrei cioè stupirmi insieme a voi della scelta enfatica dei termini, per dire di fatti molto comuni della vita. In particolare mi stupiscono i termini “apostolo e liturgo”. Epafrodito viene chiamato “apostolo” perchè è stato “mandato” a Paolo da parte dei Filippesi. Nella lingua greca apostolo significa mandato, e l’uso che ci è più consueto indica una persona e un compito di altissimo livello e responsabilità. Quello che per esempio cogliamo nella designazione del termine “apostolo” per la persona e il compito di Paolo. Qui il termine viene usato per un semplice compito di carità fraterna. Mi sembra di dover dedurre che a motivo di Gesù, tutto è diventato molto importante! Lo è il fatto che egli sia stato “mandato” dai Filippesi! Una specie di mandato apostolico?! Nella sostanza spirituale credo proprio di sì! Allo stesso modo egli è “liturgo delle necessità” di Paolo: quello che Epafrodito ha portato a Paolo da parte dei Filippesi e quello che egli stesso ha fatto per lui, assurge alla dignità di una “liturgia”! Vedete voi se quello che dico è esagerato, o può avere un certo significato per il volto nuovo che in Gesù ha assunto ogni vita e ogni azione umana. Allo stesso modo mi sembrano di grande portata le attribuzioni dategli da Paolo, come suo “fratello, cooperatore e commilitone”.
Anche tutto quello che è capitato a Epafrodito con quella malattia che l’ha portato vicino alla morte (ver.27). E il riflesso interiore di tutto ciò: La misericordia divina non solo verso il malato ma anche verso lo stesso Paolo che avrebbe accumulato “dolore su dolore” se le cose fossero andate diversamente. E ora, il grande desiderio di Epafrodìto di correre da chi lo aveva mandato e che era a conoscenza della sua grave malattia (ver.27), e che ora meritava di potersi “rallegrare al vederlo di nuovo”(ver.28)…mi sembra che tutto conduca a concludere che veramente tutta la vita umana viene convocata dalla Parola e dallo Spirito di Gesù, per essere tutta una grande liturgia dell’amore di Dio che in Gesù è stata donata in tutta la sua pienezza all’intera umanità! E’, mi sembra, quella “vita bella”, che abbiamo ricevuto in dono, e che ci è chiesto di testimoniare con gioia e di annunciare con affetto ad ogni uomo e donna della terra.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.