18 Avverrà in quel giorno: il Signore farà un fischio alle mosche che sono all’estremità dei canali d’Egitto e alle api che si trovano in Assiria. 19 Esse verranno e si poseranno tutte nelle valli scoscese, nelle fessure delle rocce, su ogni cespuglio e su ogni pascolo. 20 In quel giorno il Signore raderà con rasoio preso a nolo oltre il Fiume, con il re d’Assiria, il capo e il pelo del corpo, anche la barba toglierà via. 21 Avverrà in quel giorno: ognuno alleverà una giovenca e due pecore. 22 Per l’abbondanza del latte che faranno, si mangerà la panna; di panna e miele si ciberà ogni superstite in mezzo a questa terra. 23 Avverrà in quel giorno: ogni luogo dove erano mille viti valutate mille sicli d’argento, sarà preda dei rovi e dei pruni. 24 Vi si entrerà armati di frecce e di arco, perché tutta la terra sarà rovi e pruni. 25 In tutti i monti, che erano vangati con la vanga, non si passerà più per paura delle spine e dei rovi. Serviranno da pascolo per armenti e da luogo battuto dal gregge.
Isaia 7,18-25

Questa successione di brevi oracoli lascia – io credo – un po’ perplessi: si alternano annunci di distruzione, immagini minacciose, e promesse di momenti di pace e prosperità. Qualcosa che – fatte le dovute proporzioni – possiamo sperimentare anche nella nostra vita, in cui si alternano positività e negatività, fasi e momenti di consapevolezza e gratitudine per il dono ricevuto e fasi in cui prevalgono l’egoismo, la chiusura, l’indifferenza. – Al centro del brano ritroviamo quel “panna e miele” che erano stati indicati come il cibo del bambino “Emmanuele”: ora è cibo di “ogni superstite in mezzo a questa terra”, probabilmente la Giudea. Latte e miele caratterizzavano la terra promessa, secondo le parole di Dio nell’Esodo. Nutrirsi del cibo dell’Emmanuele è dato anche a noi, e addirittura nutrirsi dello stesso Emmanuele.