35 Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36 Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37 Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38 Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.
39 Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». 40 Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». 41 Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».
Il ver.35 sembra presentare Gesù come anch’Egli “in cammino”: “seppe” è, alla lettera, “ascoltò”; e “lo trovò”: quasi il nostro testo volesse sottolineare che la novità radicale della vita di quest’uomo lo fa come “nuovo” anche per il Signore. E in ogni modo deve compiersi per lui il passo decisivo della sua relazione d’amore con Gesù. Ed è meraviglioso anche il “nome” che parlando al cieco sanato Egli si attribuisce – “Figlio dell’Uomo” – come per indicare in Sè stesso il principio e il modello di questa umanità “nuova” alla quale anche il cieco nato è stato chiamato. E assume rilievo particolare la risposta di Gesù alla sua domanda “E chi è…?”, perchè sembra di cogliere il senso profondo del miracolo: l’uomo è stato strappato dalle tenebre perchè possa vedere il Signore. “E lo hai visto, e Colui che parla con te, è Lui”, dice alla lettera, unendo strettamente il vedere il Signore al suo parlare a noi.
Il credere da parte di quest’uomo al ver.38 mi sembra un’ “evidenza”, un riconoscere che era impossibile senza il miracolo di luce compiuto per lui da Gesù. Vedere e adorare sono l’apice del dono divino, il compiersi di quella comunione tra Dio e l’umanità, impossibile agli uomini e alle loro “religioni” e alle loro conquiste di ogni tipo, ma possibile e voluto da Dio.
Anzi, ben di più! Ogni pretesa di “vedere” diventà cecità, mentre “coloro che non vedono”, vedono. E chi sono coloro che “non vedono”? Sono coloro che “sanno” di non vedere e magari, come il nostro cieco nato, mendicano. Quelli che invece pensano di vederci, rimangono nella loro situazione di prigionia e di inganno. Mi sembra sia il senso dell’ultima affermazione: “..siccome voi dite “noi vediamo”, il vostro peccato rimane”, cioè permangono le tenebre che essi pensano di sapere e poter dissipare. Mi sembra degno di riflessione il fatto che la questione sia posta da “alcuni dei farisei che erano con lui”! Non ricordo ci sia altro luogo dove venga attribuita a farisei la condizione propria dei discepoli, cioè l’ “essere con lui”. Se non sbaglio, potrebbe trattarsi dell’avvertimento che lo spirito farisaico può essere ben presente e prepotente anche tra chi è stato chiamato e cammina con Gesù: al farisaismo siamo sempre esposti.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Una piccola nota: “E si prostrò dinanzi a lui” (v. 38). Il verbo greco usato dall’evangelista era usato per l’adorazione nel tempio; equivale a dire quindi: “gli rese il culto, si prostrò in adorazione”. Il cieco guarito riconosce pertanto in Gesù il vero tempio, l’unico luogo ormai in cui possiamo vedere, ascoltare e adorare il Padre. Il gesto di adorazione è accompagnato dalla professione di fede, la più semplice e autentica: “Credo, Signore!”.