13 Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14 era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15 Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16 Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17 Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».
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Richiamo la vostra attenzione sul fatto che la persona di Gesù oggi scompare dal nostro testo, per ricomparire solo all’ultima pericope del capitolo, i vers.35-41. Questo ci aiuta a considerare come la fede non si possa confondere con una specie di “affidamento” che ci toglierebbe la responsabilità di noi stessi e della nostra vita. Tutt’al contrario: la fede è la nostra massima responsabilità. E il cieco sanato ne è esempio potente, a partire dal senso di solitudine che da questi versetti in poi lo caratterizza. E notate come la responsabilità egli non l’abbia solo nei confronti di se stesso, ma anche e soprattutto nei confronti di Colui che lo ha portato dalle tenebre alla luce. Si pongono a lui interrogativi, obiezioni e infine addirittura accuse che lo eliminano dalla sua comunità di appartenenza, proprio per la responsabilità che gli eventi gli attribuiscono.
Oggi consideriamo l’obiezione più diretta: quella che viene dalla Legge e dalla norma centralissima del “sabato”. Poniamoci subito una domanda, anche perchè molte volte abbiamo incontrato nel Vangelo di Gesù questo problema. Dunque, Gesù vuole contestare ed eliminare questa osservanza che per le generazioni ebraiche è stata ed è al cuore dell’Alleanza che Dio ha stretto con il suo popolo? Niente affatto! Anzi, Gesù contesta tutta una linea di interpretazione perchè vuole purificare il “sabato” da tutte le incrostazioni mondane che gli sono state apportate, per poi illuminare questa osservanza dei padri con il suo adempimento nella sua persona e nella sua opera.
Condotto dai farisei, il cieco sanato deve narrare anche a loro l’accaduto (ver.15). E’ interessante osservare che anche tra i farisei, campioni di un’osservanza ultra rigorosa, c’è disparità di pensiero. Mentre alcuni concludono subito affermando che se opera di sabato, Gesù “non viene da Dio”, altri si lasciano invadere da una domanda (ver.16). Questo fatto è molto importante, perchè ci pone un interrogativo ineludibile: la Parola di Dio si pone “fuori” o “dentro” la storia? A noi sembra che la realtà profonda veda l’immergersi della Parola nella vicenda umana, il suo “compromettersi”, il suo essere capace sempre di porre alla storia nuove e ulteriori domande…Nel nostro caso, il quesito di come possano comporsi tra loro il “segno” dato da Gesù e appunto la severa norma del riposo sabbatico.La Parola di Dio, dunque, visita, in certo senso “invade” la storia, la interroga e nello stesso tempo si mette in gioco con la storia stessa. Quindi: la Parola non si limita a dare risposte ai problemi della storia, ma anche – e soprattutto! – interroga la storia, la contesta, la illumina, la conduce e la fa fiorire. Non è un incontro-confronto rigido, ma un cammino sempre aperto.
Ed ecco allora il nostro amico direttamente interpellato e chiamato a dare la sua interpretazione ai fatti accaduti. E quindi la sua testimonianza. Le note delle bibbie sottolineano che si tratta di una risposta ancora iniziale e parziale da parte dell’uomo nato cieco. Ma credo che sino alla fine nessuno potrà pensare di dare la definizione definitiva dell’incontro tra Parola e storia. Si tratta anzi di essere sempre molto umili e prudenti! In nome di Dio si sono fatte le Crociate, e nel nome dello stesso Dio, per fortuna, c’è andato anche Francesco d’Assisi a fare e a combattere a suo modo la stessa battaglia.
L’uomo sanato viene interrogato in quanto è evidentemente il protagonista di quanto è successo, e quindi quello che più di ogni altro può e deve darne ragione. E anche questo è importante, perchè dice che la responsabilità del Vangelo non viene solo e primariamente da compiti e funzioni, ma dal semplice fatto di esserne visitati.
Dio ti benedica E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Aprire gli occhi: questa è l’opera che fa Gesù e che gli viene contestata. Quale Dio fa vedere Gesù? Un Dio per il quale il bene dell’uomo è più importante dell’osservanza della legge, fosse pure il comandamento ritenuto più prezioso perchè il Creatore stesso lo aveva rispettato. E’ un Dio talmente innamorato dell’uomo, da volerlo alzare al suo stesso livello: farlo partecipe della condizione divina. Ecco perchè, nel brano di ieri, il cieco risanato aveva potuto dire “IO SONO”, attribuendosi il nome di Dio – unico caso nei Vangeli in cui non è riferito a Gesù. Ricevuto il gesto della nuova creazione (il fango sugli occhi), ricevuta la comunicazione dello Spirito (l’alito, il soffio vitale che gli ebrei ritenevano essere incorporato nella saliva), ora dà la sua testimonianza al Signore che lo ha salvato.