9 Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10 Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11 Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. 12 Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13 Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14 Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15 Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. 16 Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17 Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.
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Dal testo di oggi risulta cosa sia davvero importante per Gesù: l’amore. Se lui non ci avesse amato noi non potremmo “rimanere in lui”. E’ a causa del suo amore che noi siamo in lui. E tra tutte le cose che ci ha detto il suo comando è l’amor vicendevole, che comprende il perdono e la pazienza. Così Dio ha fatto con noi, ci ha amato, perdonandoci e avendo pazienza con noi; così anche noi siamo chiamati a fare. Questa è la parola importante nelle nostre azioni quotidiane e nei nostri rapporti con gli altri. L’amore preveniente e incondizionato di Dio per noi, viene oggi, dalle parole di Gesù collegato alla custodia e osservanza dei suoi comandamenti, in particolare quello dell’amore vicendevole. In questo noi “siamo suoi amici” e “rimaniamo nel suo amore”, amore che è l’origine sempre di ogni nostra possibilità e capacità di amare: “Senza di me non potete fare nulla”. Come per la pace, Gesù ci ha detto che la sua pace non è come quella che il mondo è capace di dare, così oggi vediamo che anche per i comandi c’è differenza tra quelli di Gesù e quelli del mondo, infatti dandoci il suo comando Gesù ci dice: “Non vi chiamo più servi, ma amici”. La sua parola è un comando ad amici, non un imperativo che asservisce, o peggio, schiavizza, come sono tali i comandi mondani. E il comando del Signore è una cosa sola con la sua umiliazione: “Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici! … Per questo il Padre mi ama, perché offro la mia vita e poi la riprendo di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre”. E anche al cap. 13 leggiamo del comando dell’amore, che corrisponde all’azione di Gesù di lavare i piedi dei discepoli. Comando è perciò per Gesù e per il cristiano il modo della comunione d’amore, è sapere ciò che fa il Signore, che è amico, è entrare nel suo stesso mistero del dono della vita. Il v. 16 ci è sembrato particolarmente ricco e necessario di ulteriori approfondimenti. Le prime parole (“Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi…”) sembrano aver offerto la base di quanto viene affermato nella Piccola Regola, quando dice: “La vita che non abbiamo scelto noi, ma per la quale da misericordia siamo stati scelti…” estendendo così anche a tutti i discepoli, e non solo agli Undici le parole che oggi ci dice il Signore. Poi quello che segue, e dice le conseguenze di questa scelta, di questo amore preveniente del Signore, pure colpisce molto. Sono tre azioni di Gesù per i suoi: “Vi ho posti, perché andiate, e portiate frutto”. Il primo verbo è quello che tante volte Gesù usa nel Vangelo di Giovanni (preferendolo al verbo “dare”), per dire la sua offerta della vita per il bene e la salvezza degli uomini: sembra suggerire, usandolo qui, che scegliendoci ci “pone”, cioè ci sollecita e ci conduce a offrire anche noi la nostra vita. “Affinché andiate…”: in questo cap. dove il tema del “rimanere” è così centrale, Gesù oggi ci dice che ci ha scelti affinché “andiamo”: è ancora la possibilità di partecipare alla sua stessa obbedienza al Padre, indicata tante volte in Giov come l’ “andare al Padre”. E infine il “portare frutto”: anche questo – il frutto della nostra vita di discepoli, è conseguente alla sua scelta, e tale frutto – così conclude il versetto – “rimane”. Dove? probabilmente bisogna tornare all’inizio del cap. dove i tralci vivono e portano frutto se e tanto quanto “rimangono” nella vite. Quello che leggevamo stamattina in 2Tim sembra esprimere proprio la consapevolezza che Paolo ha di tutto questo nella sua vita, quando scrive: “Io sopporto ogni cosa per il bene degli eletti di Dio, affinché anche essi possano ottenere la salvezza che è in Cristo Gesù” (2Tim 2:7).
“Vi ho detto queste cose perché la gioia quella mia sia in voi…” (v.11). Gli dèi delle antiche religioni erano gelosi della felicità degli uomini: non così per il nostro Dio; anzi, la gioia di cui Gesù ci mette a parte, è “quella mia”, quindi la gioia stessa di Dio. Come sarà, in qualità e quantità, questa gioia? E pensare che noi cristiani abbiamo avuto paura di parole come “felicità, piacere…” e le abbiamo evitate o censurate. – L’unica condizione è che gli rassomigliamo nell’amore (v.12) e il massimo è “dare la vita per i propri amici”: un dare che non intende solo il dono finale della nostra esistenza, ma l’impegno quotidiano in favore degli altri e della loro felicità. – “Non vi chiamo più servi…, ma amici…” (v. 15): dunque, se siamo amici e vogliamo essere coerenti, dovremmo togliere dal nostro rapporto con Lui tutto ciò che non facciamo con gli amici (dalla genuflessione a un certo modo di pregare, ad altri aspetti). – “Io ho scelto voi…” (v.16): Signore, come hai fatto? Noi, che riteniamo di conoscerci, non ci sceglieremmo mai e ci viene il dubbio che tu ti sia sbagliato; eppure è così…
Amore di Dio, rimanere nell’Amore, e osservanza dei comandamenti, sono ripresi dall’Evangelista nei vers.9-11 e posti in una circolarità che collega la comunione d’amore tra il Padre e il Figlio al dono d’amore che noi abbiamo ricevuto da Gesù – “come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi”(ver.9) – e afferma l’osservanza dei comandamenti come il modo, la via, per rimanere in questo Amore. E Gesù comunica dicendo che tale è anche il suo legame d’amore con il Padre: “..io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore”(ver.10). E qui mi sembra di dover fare un’osservazione, e cioè che amare, osservare i comandamenti e rimanere non sono passaggi successivi l’uno all’altro, ma – almeno mi sembra così! – vanno colti nella loro unione, nel senso che l’osservanza dei comandamenti è anche quel rimanere nell’amore che è il dono d’amore di cui siamo stati riempiti. Provo a essere più chiaro: osservando i comandamenti io rimango nell’amore di Dio, e amo Dio osservando i comandamenti.
Ma i comandamenti nella loro molteplicità e varietà si raccolgono ed esprimono l’unico comandamento! Per questo ascoltiamo dal ver.12: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”. Questo è molto importante! Ogni comandamento esprime ed è via dell’amore. Al contrario, ci potremmo chiedere che cosa è il peccato. I nostri peccati sono l’amara esperienza di un minore amore o addirittura della rinuncia all’Amore. Siamo stati liberati per poter amare, e rientriamo nelle nostre antiche schiavitù.
I vers.13-15 esprimono meravigliosamente questa nostra vicenda introducendo i due termini amici-servi. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. E qui, al ver.14, il capolavoro di un’affermazione apparentemente distorta, che sembra dire che per essere amici…bisogna essere servi!: “Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando”. Non è forse proprio dei servi fare quello che viene loro comandato?. Se volete, tornate a Gv.2 e ai servi delle nozze di Cana, che per quello che la Madre di Dio chiede a loro di fare, “sanno” quello che il maestro di tavola non può sapere. Non sono più servi! E infatti nel nostro testo, al ver.15, Gesù dice: “Non vi chiamo più servi, perchè il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perchè tutto ciò che ho udito dal padre mio l’ho fatto conoscere a voi”. Così, all’Amore e al rimanere nell’amore osservando il comandamento dell’Amore, si unisce un nuovo elemento: la conoscenza.
E a questo punto possiamo accorgerci del ver.11 e di un ulteriore ricchezza del dono di Dio: la gioia, e la pienezza della gioia: “Vi ho detto queste cose perchè la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. Vi sembrerà molto ingenuo, ma non è da poco per me prendere atto che Gesù sia pieno di gioia, Lui del quale nel nostro comune linguaggio dialettale si dice essere “un povero Cristo”, come si dicono “poveri cristi” tutti quelli che più drammaticamente ne celebrano i patimenti. Però sappiamo che desidera che la sua gioia sia in noi! Chi pensava di poter sperare tanto?
Davanti a parole evangeliche come quelle che stiamo ascoltando potremmo avvertire quasi un disagio, per la sproporzione tra tutta questa luce e la mediocrità della nostra vita. Qualche limite e qualche vizio della nostra educazione ci porterebbero a valutare con ansia l’orizzonte dei nostri limiti e dei nostri difetti. L’ostacolo dei nostri peccati. Ma ci vengono incontro i vers.16-17 per dirci che tutto avviene non perchè abbiamo i numeri per meritare, custodire…questo dono. Ma tutto avviene per volere non nostro ma di Dio. “Noi voi avete scelto me, ma io ho scelto voi…”(ver.16).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.