1 Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. 2 Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, 3 Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4 si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5 Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. 6 Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7 Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». 8 Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9 Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». 10 Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». 11 Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
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Prima parte:
Entriamo oggi, con il cap.13, nella “regale” passione di Gesù. Vedremo come Egli non cesserà di “dominare” la vicenda che lo vede umiliato sino alla Croce. Una specie di “miracolo letterario” farà sì che il suo itinerario verso la croce sia suprema rivelazione della sua regalità e della sua potenza di salvezza. Così nel nostro brano l’assoluto controllo conoscitivo-sapienziale che fa da contenitore a tutto quanto accade. Notiamo la presenza del verbo “sapere” ai vers.1 e 3, e ancora al ver.11. All’opposto, il nostro “sapere” può sopraggiungere solo a partire dalla nostra obbedienza di fede, che libera da ogni pretesa di sapienza umana e dona la sapienza nuova, secondo Dio. Possiamo domandarci se in questo non si debba cogliere un’allusione di memoria al peccato delle origini, e al tentativo di impadronirsi di Dio e della sua sapienza con il frutto dell’albero proibito, appunto l’albero della “conoscenza del bene e del male”. Qui, ai vers.6-10, il dialogo tra Gesù e Pietro, e, al ver.7, l’esigenza che l’atto di fede preceda e generi la conoscenza e la comprensione di quello che Pietro ora deve semplicemente accogliere nell’obbedienza. E al ver.11 il “sapere” di Gesù che “controlla” anche il mistero del male che accompagna la sua Pasqua e compirà la sua morte, ma che in certo senso sarà sempre “asservito” al compiersi del mistero di Dio e della divina volontà di salvezza.
Tutti gli elementi di questo racconto della cena e della lavanda dei piedi sembrano convocati ad esprimere la “pienezza”, e quindi appunto la signorìa di Gesù su tutto e su tutti. La “Cena” narrata da Giovanni e caratterizzata dalla lavanda dei piedi non si presenta come cena pasquale, ma è certamente l’ultima cena di Gesù con i suoi. Manca qui l’istituzione dell’Eucaristia, di cui abbiamo ampiamente ascoltato al cap.6 di seguito al miracolo dei pani, e la lavanda dei piedi si presenta come ulteriore rivelazione del mistero d’amore che la cena eucaristica significa e rivela.
Ecco dunque gli elementi portanti dell’evento e del dominio del Signore. Gesù conosce finalmente “la sua ora” – quella che a Cana rivendicava per la prima volta come non essere ancora giunta – di “passare da questo mondo al Padre”: la parola “Pasqua” nasce da una radice ebraica che significa appunto “passare”. Ecco dunque l’ora della vera Pasqua di cui la celebrazione e la memoria fedele di Israele era profezia.
(continua)
Seconda parte (segue)
Tra tutti gli elementi del racconto, uno è dominante, è la ragione e il segreto di tutto: l’amore!. “..avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”(ver.1). E noi comprendiamo di essere tra questi “suoi”, amati sino alla fine, cioè sino al segno supremo dellaCroce, reso presente qui dal gesto della lavanda dei piedi.
Come dicevamo, il mistero del male che opera la Pasqua del Signore, è ben presente, al punto che Giuda stesso non appare come l’ultimo e vero autore di tale male, ma appunto “il diavolo”(ver.2) che invade e conduce il tradimento di Giuda.
Ma non sarà neppure la volontà del male e il male che domina il traditore a operare la Pasqua di Gesù, quanto ancora e sempre il “sapere” di Gesù: Egli sa “che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava”(ver.3)! Dunque una “passione” che non è sopraffazione e vittoria del male, ma pienezza della gloria del Figlio di Dio.
Al ver.4 l’atto con cui Gesù si toglie le vesti e si cinge dell’asciugamano per lavare i piedi dei discepoli esprime simbolicamente con molta efficacia il farsi Carne del Verbo di Dio, il deporre la luce divina per assumere la povertà dell’uomo e servirla con il sacrificio d’amore nell’umiliazione della croce qui significata dall’umiliazione della lavanda dei piedi. Riprenderà al ver.12 le vesti e si presenterà allora come “il Maestro e il Signore”.
Come notavamo sopra, Pietro deve accettare il gesto di Gesù senza capirlo. E’ condizione per “aver parte” con Lui. E ancora, al ver.11, la conoscenza che Gesù ha del tradimento che sta per compiersi, e che Egli non impedisce ma trasforma in via della sua regale Pasqua.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Depose le vesti, prese un asciugamano…”: il verbo adoperato per “deporre” è lo stesso usato quando Gesù afferma: “Io depongo la mia vita e la riprendo…”. Le vesti sono un simbolo della sua vita, “deposta” per noi, L’asciugamano o grembiule che Gesù si mette, è il segno del servizio: lavavano i piedi i figli al padre, la moglie al marito, gli schiavi (non ebrei) al padrone. Era una delle azioni più “basse” e ingrate, e solo esseri inferiori potevano essere obbligati a farlo. Gesù ci rivela un Dio che serve: non chiede di essere servito (anche se noi ci ostiniamo a voler essere suoi “servi” nel culto e in altre forme), ma vuole essere accanto a noi a nostro servizio. Mai nelle varie religioni si era affacciata una simile possibilità. E non è che lui si abbassi: il fatto è che ci eleva al suo livello, ci vuole “signori” come Lui in piena libertà e dignità.
Le parole del v. 3: “Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani, e che era venuto da Dio e a Dio ritornava…” possono forse permettere alcune considerazioni anche sul nostro operare. Le eventuali opere che noi possiamo fare vengono da qualcun altro e a Lui ritornano: cioè tutto non dipende da noi, ma c’è qualcuno che ce lo ha ispirato e torna a Lui. Non c’è spazio per compiacimento in iniziative private. E quando dice: “Anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri”, ci ricorda che chi vive una vita nella Parola, deve avere in tutto un atteggiamneto di servizio e di rispetto nei confronti dei suoi fratelli, ricordando che il Signore ci ha anche detto: “Il più grande tra voi si farà vostro servo”, parole di cui oggi ci mostra, in sè, l’adempimento esemplare. Abbiamo ricordato alcuni testi in parallelo al brano di oggi, in particolare dal cap. 10 (il pastore buono): Gesù “depone” le vesti, come del pastore aveva detto che “pone” la vita per le sue pecore; e più avanti dirà che la “pone” per gli amici. Poi le “riprende”; e anche la vita, dopo averla posta, offerta, poi la “riprende” di nuovo, perchè questo potere ha ricevuto dal Padre. “Amare fino alla fine”, come il pastore buono, che davanti al lupo e ai ladri non scappa: è la perfezione dell’amore. Poi la parola “Il chicco di grano caduto in terra, se non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto”, può spiegare perchè Gesù dice a Pietro: “Se non ti laverò non avrai parte con me”, nel senso che è – non solo per Pietro – anche per Gesù una necessità fare questo gesto d’amore, se non lo fa, il chicco (Gesù) non porta frutto e resta solo. Deve fare questo ultimo decisivo passo, senza il quale non c’è piene comunione. E infine questo “cingersi” il grembiule ( che è un verbo usato solo qui, ma molto simile a quello che si trova, p.es.in Giov 21) collega questa zione d’amore di Gesù a quanto dirà alla fine a Pietro: “Quando eri giovane ti cingevi da te, e quando sarai vecchio un altro ti cingerà e ti condurrà dove tu non vuoi”. Qui colpisce che Gesù fa questa azione lui stesso, là invece prospetta a Pietro una cosa diversa, il passaggio da un suo cingersi, ad essere cinto da un altro. Cioè Pietro e con lui tutti i discepoli entrano in questo atto che è stato loro donato. Gesù “ci cinge” e con questa azione permette anche a noi di entare in questo amore che Gesù ci ha dato, e così ogni nostro atto potrà essere glorificazione del Padre, secondo la sua volontà. Nel brano di ieri di 1Tim era richiesto alle vedove “di lavare i piedi ai santi”: è un gesto di grande onore. E la risposta di Gesù a Pietro è come dargi una occasione perchè gli chieda di accogliere la misura che Dio ha voluto assumenre in Gesù: mettersi a servizio degli uomini fino a questo punto, per onorarli fino a tale misura. A Pietro è chiesto di accogliere nella sua vita il cuore di Dio che si manifesta in Gesù, e il Suo volerlo onorare. E la risposta di Pietro dimostra che ha capito ciò che Gesù voleva dire: vuole accogliere tutti nella intimità con Dio. Infatti Pietro dice: “No, non voglio essere escluso da questa parte/comunione con te e con Dio!”