12 Di nuovo Gesù parlò loro e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». 13 Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». 14 Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. 15 Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. 16 E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato.
Giovanni 8,12-16

Accogliamo con affettuosa attenzione il ver.12 del nostro testo, che è il “commento” più esplicito e profondo di quanto abbiamo ascoltato nella vicenda della donna adultera. Non si tratta qui di prendere atto di una “teoria” della contrapposizione tra luce e tenebre e della lotta tra le due. La nostra attenzione è richiamata piuttosto a quanto abbiamo ascoltato nel testo precedente, e cioè la radicale novità della vita della donna che era prigioniera delle tenebre e che Gesù ha liberato per una vita nuova. Questa è l’opera divina che il Signore dona all’umanità. L’incontro e la comunione con Lui trasforma radicalmente l’esistenza: “Chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. Il mondo è immerso nelle tenebre, ma Gesù è venuto a donargli la luce: “Io sono la luce del mondo”.
Il segreto e la fonte di tutto questo è la relazione–comunione di Gesù con il Padre: tale è il tema che accompagna tutto questo capitolo, e che quindi suscita subito la reazione dei farisei. Gesù dice di essere “la luce del mondo”, ma la sua affermazione su quale testimonianza è basata? Gesù pretende di essere il testimone di se stesso, ma questo non è ammissibile nella fede ebraica. Gesù non nega l’obiezione, ma appunto introduce qui il tema fondamentale del Padre: “..non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato”(ver.15). Questo è il cuore della rivelazione cristiana. Gesù viene dal Padre e va al Padre; questa è la sua “testimonianza”, inconoscibile umanamente: “Voi non sapete da dove vengo e dove vado”(ver.14).
I vers.15-16 sono dedicati al tema del giudizio. Qui bisogna tener conto che il termine “giudizio” significa sia l’evento e l’atto del giudizio, sia l’esito negativo del giudizio, e cioè la condanna. Abbiamo nella mente e nel cuore il “giudizio” dell’adultera: il giudizio su di lei non può essere che giudizio di condanna! Gesù afferma che, contrariamente a quello che fanno i farisei – e con loro tutto il mondo! – “io non giudico nessuno”! E qui giudicare e condannare coincidono! Ma se si vuole intendere il giudizio di Gesù come “sentenza”, si dovrà accogliere il suo giudizio come giudizio di salvezza, perché questo è il grande compito che il Padre gli ha assegnato. Gesù è venuto ad annunciare il giudizio divino della salvezza. Ascoltavamo al ver.11 del testo precedente: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”. Il giudizio divino è giudizio di salvezza per la salvezza e per la vita nuova. Quello che Gesù ha proclamato e compiuto è quello che il Padre gli ha affidato. L’incontro con la donna adultera è il “segno” della sua comunione con il Padre: “… il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato”. Accogliamo con umile stupore commosso il dono di Dio!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Nella festa delle Capanne, oltre alla processione dell’acqua vi erano anche processioni di luci, e la luce era simbolo – ancora una volta – della Legge. Possiamo così capire meglio lo straordinario annuncio di Gesù, che proclama se stesso luce, e addirittura “luce del mondo”. Chi lo segue, ha “la luce della vita”. Si possono illuminare queste parole con l’affermazione del prologo di questo Vangelo: In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. La sua vita, la sua persona sono vita e luce per noi.