16 Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». 17 Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». 18 Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». 19 Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? 20 In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. 21 La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. 22 Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. 23 Quel giorno non mi domanderete più nulla. In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. 24 Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena.
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Propongo un’ipotesi di interpretazione per quel “poco” che è presente nei vers.16-19 del nostro brano. Può forse dirci di una grande “prossimità”, come per dire : “è vicino!”.
Che cosa è vicino, che cosa è prossimo? E qui interviene l’importanza di quel “vedere”: mi sembra di grande rilievo che il verbo “vedere” sia espresso con due verbi diversi. Non riesco a cogliere questa diversità, se non perché così dice la Parola che oggi ascoltiamo dalla bontà del Signore: il “vedere” quando dice “un poco e non mi vedrete più” e il “vedere” quando dice “un poco ancora e mi vedrete”. Così al ver.16, e così ancora al ver.17. E ancora si ripete al ver.19.
Qual è dunque la diversità di questi due significati del vedere? Mi sembra che la spiegazione stia nel ver.20: “In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete … voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia”. Dunque c’è un vedere nella tristezza e un vedere nella gioia!
Tenendo conto anche della diversità tra la tristezza dei discepoli e la gioia del mondo, e poi della tristezza dei discepoli che si cambierà in gioia, mi pare chiaro che si parli della Pasqua del Signore Gesù: tristezza nel vedere la sua morte, gioia nel vedere la sua risurrezione! Una tristezza che “si cambierà in gioia”!
E qui, meravigliosa, l’immagine del parto al ver.21: il dolore della donna “perché è venuta la sua ora”, ma un dolore che si cambia in gioia, “la gioia che è venuto al mondo un uomo”!
Allora, ecco l’esperienza dei discepoli di Gesù in tutti i tempi della storia: “Così anche voi, ora, siete nel dolore, ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (ver.22)!!
Notate la bellezza di questo “vedere” che viene annunciato in questo versetto prima di tutto come “il vedere” del Signore: “Vi vedrò di nuovo”! In tutte le apparizioni evangeliche del Risorto è certamente Lui che li vede e che dona a loro di vederlo e di riconoscerlo.
Dunque, l’immagine della donna e del parto trasferisce l’esperienza del dolore e della morte nell’orizzonte di una nuova nascita! La speranza cristiana ha qui la sua fonte e il suo segreto potere: la Pasqua di Gesù annuncia che ogni morte è via per la risurrezione e che ogni tristezza si cambierà in gioia!
Il destino della storia non è più la morte, ma la risurrezione e la vita nuova! Questo è il cuore dell’annuncio evangelico e deve essere la testimonianza cristiana in ogni luogo, tempo evento e dramma della storia!
Mi sembra che questo possa essere anche il senso profondo dei vers.23-24: la Pasqua diventa i divino esaudimento di ogni preghiera, “perché la vostra gioia sia piena!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.