30 Il giorno dopo Mosè disse al popolo: «Voi avete commesso un grande peccato; ora salirò verso il Signore: forse otterrò il perdono della vostra colpa». 31 Mosè ritornò dal Signore e disse: «Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d’oro. 32 Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato… E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!». 33 Il Signore disse a Mosè: «Io cancellerò dal mio libro colui che ha peccato contro di me. 34 Ora va’, conduci il popolo là dove io ti ho detto. Ecco il mio angelo ti precederà; ma nel giorno della mia visita li punirò per il loro peccato».35 Il Signore percosse il popolo, perché aveva fatto il vitello fabbricato da Aronne.
33,1 Il Signore parlò a Mosè: «Su, esci di qui tu e il popolo che hai fatto uscire dal paese d’Egitto, verso la terra che ho promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe, dicendo: Alla tua discendenza la darò. 2 Manderò davanti a te un angelo e scaccerò il Cananeo, l’Amorreo, l’Hittita, il Perizzita, l’Eveo e il Gebuseo. 3 Va’ pure verso la terra dove scorre latte e miele… Ma io non verrò in mezzo a te, per non doverti sterminare lungo il cammino, perché tu sei un popolo di dura cervice».
4 Il popolo udì questa triste notizia e tutti fecero lutto: nessuno più indossò i suoi ornamenti.
5 Il Signore disse a Mosè: «Riferisci agli Israeliti: Voi siete un popolo di dura cervice; se per un momento io venissi in mezzo a te, io ti sterminerei. Ora togliti i tuoi ornamenti e poi saprò che cosa dovrò farti». 6 Gli Israeliti si spogliarono dei loro ornamenti dal monte Oreb in poi. 7 Mosè a ogni tappa prendeva la tenda e la piantava fuori dell’accampamento, ad una certa distanza dall’accampamento, e l’aveva chiamata tenda del convegno; appunto a questa tenda del convegno, posta fuori dell’accampamento, si recava chiunque volesse consultare il Signore.
8 Quando Mosè usciva per recarsi alla tenda, tutto il popolo si alzava in piedi, stando ciascuno all’ingresso della sua tenda: guardavano passare Mosè, finché fosse entrato nella tenda. 9 Quando Mosè entrava nella tenda, scendeva la colonna di nube e restava all’ingresso della tenda. Allora il Signore parlava con Mosè. 10 Tutto il popolo vedeva la colonna di nube, che stava all’ingresso della tenda e tutti si alzavano e si prostravano ciascuno all’ingresso della propria tenda. 11 Così il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come un uomo parla con un altro. Poi questi tornava nell’accampamento, mentre il suo inserviente, il giovane Giosuè figlio di Nun, non si allontanava dall’interno della tenda.
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Al v.3 leggiamo la cattiva notizia: “va pure verso la terra dove scorre latte e miele… ma io non verrò in mezzo a te”. Il peccato di idolatria, la dura cervice del popolo hanno delle conseguenza gravi: impediscono a Dio di continuare a stare in mezzo al suo popolo, pena la distruzione totale. E gli israeliti fanno lutto, si tolgono gli ornamenti, si spogliano così come avevano spogliato gli egiziani. Il percorso di riavvicinamento sarà lungo. Ma il furbissimo Mosè ha un’idea geniale: mette la tenda fuori dell’accampamento e la chiama tenda del convegno. Dio così può scendere nella nube e parlare con lui faccia a faccia. La comunicazione con il Signore non si interrompe!!
Come possiamo accogliere con attenzione e semplicità il testo di oggi che per molti aspetti sembrerebbe riproporre avvenimenti e temi già toccati? Penso si possa pensare ad un “adempimento” sia liturgico sia pratico di quello che è già accaduto, e che porta con sè importanti cambiamenti e novità presenti nelle parole che oggi il Signore ci regala.
Innanzi tutto la vicenda del peccato del popolo e della grande intercessione di Mosè, qui ai vers.30-35. Mosè, con severa pacatezza, ricorda al popolo il suo peccato e annuncia esplicitamente la sua opera di intercessione. Per questo parlavo di “liturgia”, perchè si ha l’impressione di eventi “celebrati”, volutamente e in modo intenzionale, come si trattasse di ripercorrere gli eventi in modo riflesso e pieno. Per questo “Mosè ritornò(!) dal Signore”, e in modo molto più drammatico rispetto all’occasione precedente dei vers.11-14, mette in gioco la sua persona e la sua stessa vita, per portare Dio al “pentimento”. E Dio, con altrettanta gravità, proclama il suo perdono. Tuttavia, e questo è molto interessante, al ver.34 aggiunge che “nel giorno della mia visita il punirò per il loro peccato”. E al ver.35 si dice esplicitamente che “percosse il popolo”. Di fatto non sembra di vedere che questo avvenga. Però forse da qui possiamo entrare in altre considerazioni importanti, come vedremo.
Siamo al ver.1 del nuovo capitolo, e, come ritornando al principio, ai vers.1-3 Dio comunica a Mosè tutto il progetto del viaggio della salvezza fino all’ingresso nella Terra dove scorre latte e miele. Però si aggiunge una precisazione di rilievo:”Ma io non verrò in mezzo a te, per non doverti sterminare lungo il cammino, perchè tu sei un popolo di dura cervice”. Non è più come prima. L’affermazione spiegherebbe quanto diceva al ver.2:”Manderò davanti a te un angelo”, quindi non Lui direttamente, dato che ormai si è vista la grande fragilità del popolo che non potrebbe reggere alla presenza diretta del suo Signore in mezzo a sè (siamo davanti ad una profezia della presenza mediatrice del Figlio di Dio?). Questo provoca nel popolo un moto di dolore che ha conseguenze anche esteriori:”nessuno indossò più i suoi ornamenti”. Questa è la sanzione che Dio stesso esprime al ver.5, e che diventa definitiva al ver.6. Tutto questo mi porta a pensare che ci troviamo davanti a quella punizione che era annunciata più sopra. Una punizione profonda e vera: il popolo non può procedere in atteggiamento “spensierato” e trionfante, perchè l’esperienza della fragilità e del peccato è ormai nella sua storia e nel suo cuore. Il popolo di Dio è un popolo perdonato; un popolo di peccatori che Dio avvolge della sua misericordia; un popolo che cammina nella consapevolezza che solo per misericordia di Dio, e non per i suoi meriti e le sue virtù, sta facendo questa strada della salvezza e della pace. Ogni trionfalismo è bandito. L’abito della penitenza è quello che compete a questo popolo. Non la condanna, ma certo la fede nel Dio che salva caratterizza la storia del popolo del Signore, ieri, oggi, e sempre. Senza questo, tutto perderebbe verità e forza. Per questo sono portato a pensare che in qui vada colta la sanzione divina.
Altro elemento importante di questa situazione di “minorità” è la posizione della Tenda del convegno, che appare ai vers.8-11, non più in mezzo alle altre tende, ma fuori, in un luogo a parte. Ed è molto bella la “liturgia” che il popolo celebra quando Mosè vi si reca. Loro non possono entrare, ma l’intimo colloquio tra Dio e Mosè è da loro partecipato in atteggiamento di adorazione. Siamo ancora una volta in una mirabile, diretta profezia dell’unicità della relazione tra il Padre e il Figlio, e della nostra partecipazione a tale relazione: in Cristo!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mi colpisce l’accondiscendenza di Dio a rimanere fuori dell’accampamento come… un lebbroso (Lv. 13,46: Il lebbroso “sarà immondo finché avrà la piaga; è immondo, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento”). Mi sembra piena di tenerezza verso il suo popolo…
Il nostro Signore non abbandona il popolo peccatore, non manda fuori dall’accampamento chi si è contaminato con il peccato ma Lui stesso accetta di farsi come contaminato…
Il testo mostra la serietà del peccato, di cui non si possono sottovalutare le conseguenze. In una situazione simile in Nm 14, dopo la ribellione seguita alla relazione degli esploratori, il popolo cercherà di passare sopra al loro peccato alla leggera, senza accettarne le conseguenze e la sanzione; ma fallirà miseramente. Solo Dio può trovare la strada per ricomporre ciò che è stato spezzato. I figli di Israele devono spogliarsi dei loro ornamenti (LXX : le vesti della vostra gloria). Come essi avevano spogliato l’ Egitto, così adesso si devono spogliare; hanno perso la libertà che gli era stata donata e sono ritornati schiavi di quegli dei di cui il Signore aveva fatto vendetta in Egitto. Dio non può venire meno alla sua fedeltà e alla sua promessa, per cui conerma Mosè alla guida del suo popolo e l’angelo a precederli, assicurando in questo modo l’entrata nella terra promessa.I vv. finali, sulla tenda del convegno, sono forse l’indicazione del nuovo inizio del rapporto tra Dio e il popolo, tra la sua santità e l’umanità decaduta del popolo. Fuori dall’accampamento e con la mediazione di Mosè. Ciò è ricco din suggestioni rispetto al nuovo testamento.Alla fine si dice che Dio parla con Mosè “faccia a faccia come un uomo parla col proprio amico”. Questo ci ha ricordato la parola di Gesù nel vangelo di Giovanni, quale risposta suprema di Dio alla crisi provocata dal peccato del popolo, Gv 15,15: “non vi chiamerò più servi perchè il servo non sa quello che fà il suo padrone, ma vi ho chiamati amici perchè tutto ciò che ho ricevuto dal Padre l’ho fatto conoscere a voi”.