15 Mosè ritornò e scese dalla montagna con in mano le due tavole della Testimonianza, tavole scritte sui due lati, da una parte e dall’altra. 16 Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle tavole.
17 Giosuè sentì il rumore del popolo che urlava e disse a Mosè: «C’è rumore di battaglia nell’accampamento». 18 Ma rispose Mosè: «Non è il grido di chi canta: Vittoria! Non è il grido di chi canta: Disfatta! Il grido di chi canta a due cori io sento».
19 Quando si fu avvicinato all’accampamento, vide il vitello e le danze. Allora si accese l’ira di Mosè: egli scagliò dalle mani le tavole e le spezzò ai piedi della montagna. 20 Poi afferrò il vitello che quelli avevano fatto, lo bruciò nel fuoco, lo frantumò fino a ridurlo in polvere, ne sparse la polvere nell’acqua e la fece trangugiare agli Israeliti.
21 Mosè disse ad Aronne: «Che ti ha fatto questo popolo, perché tu l’abbia gravato di un peccato così grande?». 22 Aronne rispose: «Non si accenda l’ira del mio signore; tu stesso sai che questo popolo è inclinato al male. 23 Mi dissero: Facci un dio, che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosè, l’uomo che ci ha fatti uscire dal paese d’Egitto, non sappiamo che cosa sia capitato. 24 Allora io dissi: Chi ha dell’oro? Essi se lo sono tolto, me lo hanno dato; io l’ho gettato nel fuoco e ne è uscito questo vitello». 25 Mosè vide che il popolo non aveva più freno, perché Aronne gli aveva tolto ogni freno, così da farne il ludibrio dei loro avversari. 26 Mosè si pose alla porta dell’accampamento e disse: «Chi sta con il Signore, venga da me!». Gli si raccolsero intorno tutti i figli di Levi. 27 Gridò loro: «Dice il Signore, il Dio d’Israele: Ciascuno di voi tenga la spada al fianco. Passate e ripassate nell’accampamento da una porta all’altra: uccida ognuno il proprio fratello, ognuno il proprio amico, ognuno il proprio parente». 28 I figli di Levi agirono secondo il comando di Mosè e in quel giorno perirono circa tremila uomini del popolo. 29 Allora Mosè disse: «Ricevete oggi l’investitura dal Signore; ciascuno di voi è stato contro suo figlio e contro suo fratello, perché oggi Egli vi accordasse una benedizione».
I vers.15-16, mettendo in evidenza la “santità” delle tavole che Mosè porta a valle, accentuano il contrasto che emergerà dal confronto con la festa pagana di Israele. C’è come un crescendo di drammaticità nell’episodio: progressivamente il disastro si manifesta, e anche l’intervento di Giosuè contribuisce a sottolineare la consapevolezza sempre più accentuata di Mosè: non sono i suoni e i canti di una battagli, ma quelli di una festa!(ver.18)
Le tavole spezzate sembrano gridare la sconfitta storica della Parola di Dio. Come sempre, i nemici non sono all’esterno, ma dentro il popolo stesso! Mosè sembra incarnare la potenza di Dio e il suo giudizio. Lui, il grande intercessore, ora deve operare la purificazione del popolo che si è abbandonato all’idolatria. E per primo viene colpito l’idolo stesso, frantumato sino a farlo scomparire nelle gole degli idolatri.
Poi c’è il rimprovero ad Aronne. Vedo che la critica del testo oscilla nel cogliere più o meno la responsabilità di Aronne. Egli sembra giustificarsi, forse con qualche bugia. Racconta infatti quanto è successo, ma se si confrontano le sue parole con la narrazione degli avvenimenti, si nota una attenuazione della parte da lui avuta nella vicenda. Resta in ogni modo notevole il ver.24 che evidenzia quanto facilmente emerga l’idolo: l’oro viene buttato nel fuoco e l’idolo ne emerge da solo! Non c’è più la descrizione dell’opera di Aronne. Se promuovi la presenza dell’idolo, quello viene avanti da solo!
I ver.25-29 raccontano la purificazione e la punizione dei colpevoli. Fino a questo punto l’intero popolo sembrava coinvolto nel peccato. Ora c’è una chiamata di Mosè che separa i leviti da tutti gli altri. E’ in qualche modo il momento della loro “nascita” appunto come “separati”. Tale separazione passa attraverso la terribile uccisione da parte loro dei loro stessi congiunti. E’ il segno e la conferma che i vincoli reali di famigliarità sono stabiliti da Dio e dal rapporto con Lui. Sembra qui esserci un riferimento con quello che dirà Gesù sul primato della relazione con Lui rispetto ad ogni vincolo parentale.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mosè dopo il suo incontro sul monte con il Signore, torna con le tavole scritte da Dio. Per questa ragione può “sentire” e “vedere” in profondità quello che sta accadendo:
– 18 non è un canto di vittoria o disfatta ma un canto e basta, fine a se stesso, solitario, forse per il vino.
– 19 il vitello e le danze
– 25 Mosè vide che il popolo non aveva più freno, perché Aronne gli aveva tolto ogni freno.
Lascia però sconcertati la violenza della punizione e forse una certa superficialità della procedura: «Chi sta con il Signore, venga da me!» (lett. “chi è del Signore, a me!”) e chi accetta fa da giustiziere.
Non solo, si dice alla fine: «Ricevete oggi l’investitura dal Signore; ciascuno di voi è stato contro suo figlio e contro suo fratello, perché oggi Egli vi accordasse una benedizione».
Mi fa pensare al testo di ieri “se non vi convertirete perirete tutti allo stesso modo”. La conversione, il ritornare a Dio, riconsiderarlo come unico nostro Dio, essere solo “suoi”, implica una azione fortissima di purificazione nella nostra vita e nelle nostre cose (tuo fratello, tuo figlio).
In ogni modo è pesantissimo!
v 23: “Facci un dio che cammini alla nostra testa”. Quante volte abbiamo bisogno di un dio rassicurante, di una certezza, per cui siamo disposti anche a sacrificare il nostro oro. “A quel Mosé…” il ricordo della liberazione dall’Egitto, dal nostro Egitto di schiavitù, non basta a farci sopportare il cammino nel deserto, la lontananza, il silenzio, l’assenza. La fede è sempre anche un brancolare nel buio, la fede è sempre anche incredulità. “Credo. Aiutami nella mia incredulità” (Mc 9,24)
v.16 Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio… ieri sera a Mantova è iniziata la lettura di tutta la Bibbia per sette giorni e notti.E’ un dono grande per noi ,la gente è contenta, si ferma per ascoltare in silenzio, se si sveglia nella notte pensa che qualcuno sta leggendo ed è serena .E’ parola di Dio.
Mi sembra ci sia una grande differenza fra la distruzione del popolo minacciata da Dio sabato e le uccisioni operate dai leviti oggi. La distruzione prospettata da Dio avrebbe escluso tutti gli israeliti e i loro discendenti dalla Promessa del Signore facendo di Mosè, l’unico “senza” peccato, il solo soggetto della Promessa. Mi sembra una distruzione senza speranza, una sconcertante risposta affermativa alla domanda del salmista: “Forse Dio ci respingerà per sempre, non sarà più benevolo con noi? È forse cessato per sempre il suo amore, è finita la sua promessa per sempre? (Sal. 76,8-9)
Oggi invece la morte dei 3000 uomini ricolloca tutto Israele nella prospettiva della Promessa di Dio: da questi israeliti peccatori discenderanno Davide e i Profeti e soprattutto discenderà Gesù. E’ una morte per rimettere il freno (versetto 25). I leviti, accettando la morte della loro “stessa carne” (dei figli e dei fratelli del versetto 29 oltre a quella degli amici e parenti del versetto 27) supplicheranno la benedizione del versetto 29.
Quella spada usata dai leviti mi ha ricordato la spada che Gesù raccomanda ai suoi discepoli di procurarsi alla vigilia della Passione. Ma i discepoli non capiranno ed anche qui Gesù rimarrà solo. (Lc. 22,36). Non soltanto… Gesù sarà il solo Figlio che morirà!
Sulla sottolineatura del v.16 che le tavole sono opera di Dio, si sono citati due brani di Isaia:- Sul contrasto tra questa opera del Signore e le conseguenze del traviamento del popolo: 5,12 “ci sono cetre e arpe, timpani e flauti e vino per i banchetti (cfr v. 6 e 18) ma non badano all’azione del Signore, non vedono l’opera delle sue mani.
– Sulla peculiarità di quest’opera: 28,21 “Poichè come sul monte Perazim si leverà il Signore, come nella valle di Gabaon si adirerà per compiere l’opera, la sua opera singolare e per eseguire il lavoro, il suo lavoro inconsueto”
v.19 Rispetto all’ira di Mosè va ricordato che sul monte aveva supplicato il Signore di desistere dall’ardore della sua ira e abbandonare il proposito di fare del male al suo popolo; ed era stato esaudito. L’ira di Mosè non è per la distruzione del popolo, ma per la sua preservazione (cfr. v25 soprattutto l’accenno ai nemici)
v.25 Rispetto allo “sfrenamento” o alla “dissipazione” del popolo, si può notare come il termine ebraico viene usato molte volte nei Proverbi in relazione all’istruzione del Signore, da cui non ci si deve slegare. La versione latina che parla di nudità e spiega l’azione di Aronne come una spoliazione, oltre al potersi collegare al “divertirsi” del popolo, la si può anche considerare relativa al non avere più gli ornamenti d’oro agli orecchi, che danno bellezza al popolo, cioè il popolo si è privato dell’ascolto di quella Parola che copre la sua nudità.
Gli ordini di Mosè ai Leviti del v. 27, ripresi al v29, i possono vedere come una prefigurazione e possono ricevere una illuminazione dalla parola di Gesù nel Vengelo “Non sono venuto a portare pace ma una spada” e “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino la propria vita non può essere mio discepolo…” Anche le parole del brano di oggi della regola sulla castità vanno nella stessa direzione.