20 A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi, 21 a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen.
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LA CERTEZZA CHE IL SIGNORE POSSA “FARE MOLTO DI PIU’ DI QUANTO POSSIAMO DOMANDARE O PENSARE” NOI MI DA MOLTA GIOIA E MOLTA SPERANZA. PENSO A ME STESSA E A COME MI SENTO PICCOLA E PENSO ANCHE A TUTTE LE PERSONE CHE HO NEL CUORE VICINE E LONTANE ALLE LORO VICENDE, SOPRATTUTTO A QUELLE CHE FANNO UNA GRAN FATICA IN QUESTA VITA E ALLE QUALI IO POSSO SOLO VOLERE UN GRAN BENE
Il breve brano di oggi rappresenta una preghiera che conclude la prima parte della Lettera agli Efesini (= cap. 1-3). Tale preghiera consiste nel rendere gloria a Dio («a lui la gloria»: 21) e termina con la formula «amen» come se si trattasse dello svolgimento dell’ultima parte di una liturgia, nella quale si alternano le voci di chi presiede e dell’assembla che risponde con l’acclamazione di approvazione e di conferma.
L’atto di glorificazione è a sua volta una sorta di risposta e di conseguenza del riconoscimento della potenza di Dio la quale opera in noi in una misura superiore a quella che possiamo supporre con la nostra stessa preghiera («domandare»: 20) o con la nostra capacità di comprendere («pensare»: 20). Dio infatti ha la potenza di fare, è potente e operante in noi, e non si limita a fare ciò che gli chiediamo di fare con la nostra preghiera né si restringe alla misura dei nostri pensieri. Ricordiamo il bel passo di Isaia che al proposito dice: «Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie – oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri» (Is 55,6-9).
Lo spazio spirituale nel quale Dio opera e Paolo lo glorifica viene chiamato al v. 21 «nella Chiesa e in Cristo Gesù». Alcuni antichi manoscritti non portano la congiunzione «e», ma il significato non cambia molto, perché a questo punto della Lettera è evidente che per Paolo la Chiesa e Gesù Cristo sono un unico soggetto, un’unica realtà, il cui capo è Cristo e il cui corpo è appunto la Chiesa (cf. Ef 1,22-23). Questo unico uomo nuovo nato sotto la croce è completamente rappacificato, è privo di inimicizia e non conosce separazione tra giudei e greci, tra ebrei e pagani (cf. Ef 2,11-18), tra schiavi e liberi, tra uomini e donne: «Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). È da tale nuova realtà spirituale che sale a Dio una glorificazione che coinvolge tutte le generazioni e tutti i tempi.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d’Israele.
Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite;
egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.
Grande è il Signore, onnipotente,
la sua sapienza non ha confini.
Cantate al Signore un canto di grazie.
Salmo 146