26Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli. 27Egli non ha bisogno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso. 28La Legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giuramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per sempre.

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Mi fermo un momento sul ver.26 perché ci offre un segno molto forte del bene che riceviamo dalla Parola di Dio. Quando possiamo pensare che “questo era il sommo sacerdote che ci occorreva…” ci troviamo nella constatazione che quello che la Parola ci ha regalato e che noi non avremmo mai potuto da parte nostra scoprire, formulare realizzare…, ebbene, proprio il dono che la Parola ci porge, “era quello che ci occorreva”! Mi piace per questo ricordare la tensione che sempre avverto tra il testo dell’Annunciazione in Luca 1,26-38, e il canto del “Magnificat” che Maria scioglie nella casa di Elisabetta: una meravigliata e meravigliosa ammirazione per quello che Dio ha fatto per lei, e una straordinaria “dilatazione” del dono da Lei ricevuto come potenza che guida tutta la vicenda umana: ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili…! Dunque: ci occorreva questo sacerdote santo, innocente, senza macchia e separato totalmente dalla condizione di noi peccatori, condizione che peraltro condivide radicalmente, Lui innocente, sino alla Croce! E’ importante anche l’affermazione che Gesù è “elevato sopra i cieli”: l’umile Figlio di Dio è al di sopra di tutte le “potenze” che dominano l’umano. I “cieli” si devono intendere come i grandi binari, buoni e cattivi, sui quali viaggia la storia e quindi ogni umana esistenza: l’amore e l’odio, la paura e la violenza, il pensare e la sessualità, la pietà e l’idolatria…
In Lui non c’è più la necessaria-inutile ripetitività di sacrifici inefficaci, che hanno pertanto tutto il loro valore nell’essere eventi di fede e profezia del loro adempimento in Gesù. L’unico vero efficace sacrificio lo ha compiuto Gesù “una volta per tutte, offrendo se stesso”(ver.27). Il sacrificio d’amore di Gesù intercede perennemente per tutta la creazione e tutta la storia. Quando noi “celebriamo” la Liturgia, memoria della sua Pasqua, noi ci uniamo a quell’unico sacrificio di Gesù nella sua Pasqua di morte e di risurrezione. La risurrezione di Gesù è la perenne attualità del suo sacrificio d’amore per la salvezza di tutta l’umanità e di tutto il cosmo. A conferma dei versetti precedenti, il nostro testo di oggi conferma che la Parola di Dio “costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per sempre”. E’ “reso perfetto” dal suo stesso sacrificio d’amore. In questo sacrificio nel quale non si offrono le antiche vittime sacrificali, ma l’offerente offre se stesso!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Tra le caratteristiche di questo “sommo sacerdote che ci occorreva” (v.26) c’è anche quella che “è separato dai peccatori” e che è “elevato sopra i cieli”. La prima stupisce, confrontandola con le affermazioni dei capp. precedenti, che hanno descritto Gesù come del tutto partecipe della debolezza umana (eccetto il peccato), fatto così simile a noi, da non avere vergogna a chiamare gli uomini “fratelli”. Dunque queste parole di oggi possiamo intendeerle come una descrizione della sua ascensione al cielo.
Anche in Sap 4 abbiamo letto che il giusto viene da Dio separato dai peccatori e innalzato presso di sé. Ma si può citare soprattutto Gv 15, quando Gesù dice: “Ancora per poco sono con voi, poi mi cercherete, … quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me”. Da un lato queste parole sono – come quelle di Sap – segno della elezione di Dio su Gesù, e poi anche preannunzio del mistero pasquale, per cui ora Gesù siede alla destra del Padre, “separato” da noi, per “attirare” tutti gli uomini presso di sé.
La differenza tra i sacerdoti secondo la legge e Gesù è che i primi dovevano offrire sacrifici prima per se stessi e poi per tutto il popolo. Gesù non ha peccato, e ha offerto il sacrificio di se stesso una sola volta, per i peccati di tutti. Gesù con questa sua offerta unica e irripetibile, ha portato tutto a perfezione, lui stesso “reso perfetto per sempre” (v. 28), per mezzo delle sofferenze che ha patito (2:10), e capace di “salvare perfettamente” quelli che per mezzo suo si avvicinano a Dio (7:25). Egli infatti “con un’unica offerta ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati” (10:14).