Giovedì 23 settembre
Da Fara San Martino, antica sede delle fabbriche di pasta De Cecco e Del Verde (il motivo, dicono, è la bontà dell’acqua che scende direttamente dalla Maiella) a Pennapiedimonte, con una piccola deviazione, circa a metà strada, per la visita alla grotta di Sant’Angelo di Palombaro: vi si sale per una ventina di minuti in mezzo al bosco e all’improvviso ci si trova di fronte e sotto ad una gran roccia, che fa da tetto a un ampio spiazzo a semicerchio, luminoso per la luce che colpisce il bianco della roccia.

La roccia porta i segni del lavoro dell’uomo: canali per l’acqua, cisterne, vasche, muretti, i resti di una chiesa rupestre (cioè tutta scavata nella roccia: il sistema ricorda Petra in Giordania). Vi si venerava l’Arcangelo Michele, fin dal Medio Evo, ma forse ancora prima la grotta era un luogo di culto pagano, dove le donne puerpere si recavano per ricevere da Bona, una dea della fertilità la grazia di una buona montata lattea; poi, in epoca cristiana, la chiesa fu dedicata a Sant’Agata, con gli stessi scopi terapeutici, infine a Sant’Angelo, protettore della transumanza (cioè dei viaggi, anche lunghi, dei pastori con i loro greggi in questi monti). Per l’afflusso di molte donne il luogo non fu frequentato da Pietro da Morrone.

Scesi dalla grotta ci si trova su un grande prato senza indicazioni di sentiero (qui la guida è un po’ carente) e ci si perde finendo in un podere: i cani da guardia del gregge abbaiano e fanno venir fuori il padrone, al quale spieghiamo tutto scusandoci; abbiamo corso un certo pericolo, perché in genere i cani che guardano il gregge si avventano contro chi si avvicina alle pecore. Bisognava, sapremo più tardi, tenersi sulla sinistra rimanendo in quota.

Pennapiedimonte è un paese spettacolare, tutto arroccato in cima ad un monte (Penna vuol dire roccia), risultato dell’antico rifugiarsi dei pastori con i loro greggi, per difendersi dai tanti pericoli di una volta. Le case sono tutte attaccate l’una all’altra e una sopra l’altra, scavate nella roccia, collegate da una fitta rete di stradine e scale. Ottima accoglienza ad un Bed and Breakfast di una signora molto gentile di Bresso (Milano) che si è sposata con un signore di qui.

Venerdì 24 settembre
Da Pennapiedimonte la guida di Riccardo Carnovalini e Roberta Ferrarsi dell’editrice Terre di Mezzo, che seguiamo in questo giro (la stessa editrice della guida che usammo per andare a Santiago di Compostella) propone di andare e fermarsi per la notte al rifugio Pomilio, che dall’alto dei suoi 1892 mt. offrirebbe un bellissimo panorama sui monti e sul mare, ma che da anni è chiuso.

Perciò cambiamo completamente percorso e andiamo a Pretòro, paese simile a Pennapiedimonte, quindi molto bello, soprattutto nella sua borgata medievale; siamo ospitati a buon mercato nella foresteria da poco restaurata del santuario della Madonna della Mazza, gestito dalla parrocchia di Pretòro, circa quattro km oltre il paese, già in direzione della prossima tappa.

Sabato 25 settembre
In auto da Pretoro a Passo Lanciano, a Fonte Tettone, a Macchie di Coco e di qui a piedi in trenta minuti si scende all’Eremo di San Bartolomeo. Giornata più leggera. Pomeriggio dedicato alla spesa in paese a Pretoro (con visita).

Domenica 26 settembre
Ancora giornata di relativo riposo: in auto, sempre da Pretòro, percorriamo la stessa strada di sabato fino a Macchie di Coco, ma poi giriamo a sinistra per l’Eremo di Santo Spirito: l’auto arriva fino al piazzale dell’Eremo, dopo aver attraversato una zona adibita a palestra di roccia, nei fine settimana molto frequentata. Entrambi gli eremi, di S. Bartolomeo e di Santo Spirito, sono rupestri, cioè scavati nella roccia, bellissimi; quello di Santo Spirito, soprattutto, per la sua grandezza e complessità ricorda San Giorgio in Koziba nel deserto di Giuda; luoghi che invitano fortemente alla ricerca del silenzio, della preghiera, di una vita semplice e forte per il bene proprio e di tutti gli uomini. Santo Spirito era abitata da eremiti fin dall’anno Mille; Pietro da Morrone l’ha restaurato ed abitato con altri suoi monaci. L’Eremo ha poi avuto varie vicissitudini, abbandoni e rifondazioni: notevole quella del 1500; dal 1807, in seguito alla soppressione napoleonica, è disabitato, ma di recente è stato restaurato a cura del Comune di Roccamorìce.

Lunedì 27 settembre
La tappa prevista dalla guida sarebbe stata Decentra-Grotta S. Giovanni (luogo celestiniano)-S.Onofrio-Valle dell’Orfento-Caramanico. Invece, per fare meno saliscendi, siamo partiti da Fonte Tettone già in quota, siamo saliti a Prato della Maielletta, scesi a mezza costa a Rava dell’Avellana e qui ci siamo persi, o abbiamo creduto di esserci persi; quindi siamo tornati sui nostri passi con la coda tra le zampe; un pranzo al sacco alle 15 a Fonte Tettone e poi in auto a Caramanico (tappa finale) per chiedere ad una gentile addetta del Corpo forestale dove abbiamo sbagliato e come domani riprovare a raggiungere i due eremi di oggi.

Le cronache dalla Majella – prima parte