1 Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli. 2 Perciò, in questa condizione, noi gemiamo e desideriamo rivestirci della nostra abitazione celeste 3 purché siamo trovati vestiti, non nudi. 4 In realtà quanti siamo in questa tenda sospiriamo come sotto un peso, perché non vogliamo essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita.
2Corinzi 5,1-4

La “dimora terrena” e la “tenda”, dicono la condizione transitoria della nostra vita, in attesa della “dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli”.
Mi sembra che di questo sia segno il nostro essere rivestiti fin d’ora di Cristo nel nostro abito battesimale.
Così, la condizione nella quale ci troviamo è insieme il dono della fede, e il nostro desiderio di essere rivestiti della nostra “abitazione celeste” (ver.2).
La nostra condizione terrena è dunque intreccio tra bellezza del dono e gemito e desiderio della condizione finale, che peraltro deve trovarci “vestiti, non nudi”: questa espressione mi fa pensare alla vita di fede, che è nello stesso tempo beatitudine e desiderio!
Il ver.4 sembra aggiungere una speranza: quella di non dover morire, e di essere in vita nella “parusia”, cioè nel momento finale, quando il Cristo verrà.
Dunque, la fede e l’essere rivestiti di Cristo ci pongono già nella vita nuova, vita nuova che, come abbiamo visto in questi giorni vive di speranza in un continuo rinnovamento nell’attesa e nel gemito, “affinchè ciò che è mortale venga assorbito dalla vita”.
Mi sembra che quest’ultima espressione sia detta sia per chi muore e attende la gloria finale, sia per chi sarà visitato dalla venuta del Signore essendo ancora in questa vita.
Per la mia poca fede questa è notizia molto preziosa, perché allevia l’angoscia della morte e insieme invita ad un’attesa come cammino di incessante rinnovamento, e di quotidiana esperienza della nostra Pasqua di morte e di risurrezione.
Spero di non avervi indotto a troppa fatica e confusione!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.