2,1 Ritenni pertanto opportuno non venire di nuovo fra voi con tristezza. 2 Perché se io rattristo voi, chi mi rallegrerà se non colui che è stato da me rattristato? 3 Perciò vi ho scritto in quei termini che voi sapete, per non dovere poi essere rattristato alla mia venuta da quelli che dovrebbero rendermi lieto, persuaso come sono riguardo a voi tutti che la mia gioia è quella di tutti voi. 4 Vi ho scritto in un momento di grande afflizione e col cuore angosciato, tra molte lacrime, però non per rattristarvi, ma per farvi conoscere l’affetto immenso che ho per voi.
5 Se qualcuno mi ha rattristato, non ha rattristato me soltanto, ma in parte almeno, senza voler esagerare, tutti voi. 6 Per quel tale però è già sufficiente il castigo che gli è venuto dai più, 7 cosicché voi dovreste piuttosto usargli benevolenza e confortarlo, perché egli non soccomba sotto un dolore troppo forte. 8 Vi esorto quindi a far prevalere nei suoi riguardi la carità; 9 e anche per questo vi ho scritto, per vedere alla prova se siete effettivamente obbedienti in tutto. 10 A chi voi perdonate, perdono anch’io; perché quello che io ho perdonato, se pure ebbi qualcosa da perdonare, l’ho fatto per voi, davanti a Cristo, 11 per non cadere in balìa di satana, di cui non ignoriamo le macchinazioni.

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L’ultimo versetto del cap.1 aveva già in qualche modo introdotto il tema gioia-dolore che troviamo oggi nei primi versetti del cap.2. Allora Paolo diceva di essere “collaboratore della gioia” dei corinti. Oggi parla di tristezza, di dolore, e ritiene questo sentimento così rilevante e delicato da indurlo a non fare ai corinti una visita che sarebbe stata “con tristezza”. Per questo ha preferito non passare da Corinto come aveva promesso. C’è un dolore salutare, ma il sentimento proprio della fede è la gioia.
Nei vers.2-4 l’elemento di grande rilievo è l’assoluta condivisione da parte dell’Apostolo delle vicende e dei sentimenti della comunità. E di più: egli non esita a mettersi in certo modo al centro di questa vicenda, rivendicando il suo bisogno di essere rallegrato. Se la sua andata a Corinto doveva portare alla tristezza della comunità, chi allora avrebbe rallegrato lui che li aveva rattristati? Meglio allora non andare a Corinto! Infatti avrebbe dovuto condividere la tristezza da lui stesso provocata, perchè la tristezza e la gioia sue sono quelle di tutti:”persuaso come sono riguardo a voi tutti che la mia gioia è quella di tutti voi”. Una certa concezione più “professionale” del ministero suggerirebbe all’Apostolo di mettere da parte i suoi sentimenti personali! Invece egli ne fa argomento privilegiato della sua opera apostolica. Mi sembra di grande rilievo l’accostamento, e direi quasi l’identificazione, tra ministero e concreta esperienza spirituale del ministro come cristiano e come uomo! Che cosa puoi portare e dare se non quello che sei? Per questo la sua precedente lettera – di cui non abbiamo conoscenza se non indiretta – esprimendo la grande afflizione e il cuore angosciato di Paolo (ver.4), è stata un grande insegnamento sull’amore (non solo una dimostrazione di affetto, come indurrebbe a far pensare la versione italiana). Dunque, attraverso i suoi personali sentimenti di tristezza, Paolo ha mostrato chiaramente ai suoi figli che cosa sia il vero amore.
I vers.5-11 fanno esplicito riferimento alla causa di tutta questa vicenda, segnata dalla tristezza di Paolo e di tutti i cristiani di Corinto, provocata da un’offesa, da un oltraggio non ulteriormente descritto, da parte di un membro della comunità. Paolo riconosce e afferma con forza che tutti hanno assunta come propria la tristezza che ha riempito il suo cuore. Sarei indotto a pensare che per lui questa reazione unanime è stata già per l’offensore il castigo più grande, magari anche perchè accompagnata da parole e gesti espliciti di condanna. L’apostolo dice con forza che tutto questo è già richiamo sufficiente, e che ora bisogna usare piuttosto un atteggiamento benevolo verso questa persona, bisogna “decidere risolutamente”( così alla lettera il verbo reso in italiano con “far prevalere”) l’amore: così al ver.8. Addirittura egli chiede, al ver.9, che in questo modo essi dimostrino di essergli obbedienti in tutto!
Al ver.10 Paolo conferma solennemente la sua piena comunione con il loro atteggiamento di perdono, anzi afferma di aver già perdonato tutto al suo offensore, e di averlo fatto per loro. Un prolungarsi della severità dell’atteggiamento sarebbe pericoloso, perchè offrirebbe al Satana la possibilità di portare rovina a tutti (ver.11).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Del rapporto di Paolo con i suoi amici di Corinto mi ha colpito il legame che hanno anche in rapporto alla gioia e al dolore che provano.
Ho avuto l’impressione che i sentimenti dell’uno e degli altri siano molto legati.
‘ La mia gioia è quella di tutti voi’ v.3 . ‘Se qualcuno mi ha rattristato, non ha rattristato me soltanto, ma in parte almeno, senza voler esagerare, tutti voi.’ V.5.
Ieri Roberto commentava il v.24 ‘siamo collaboratori della vostra gioia’ ed il relativo progetto di occuparsi della felicità degli uomini.
Mi sembra un frutto meraviglioso della Pasqua del Signore questa strada dell’amore reciproco, della fraternità quotidiana, del prendersi cura l’uno dell’altro. Il Dono di vita condivisa, accolta insieme, davanti (e insieme) a Cristo. v.10
La parola “amore” compare due volte nel testo di oggi: v.9 “Vi ho scritto in un momento di grande afflizione… per farvi conoscere l’amore immenso che ho per voi” e al v.8 “vi esorto quindi a far prevalere nei suoi riguardi la carità”.
L’amore è il paradigma delle relazioni, anche difficili di tribolazione, tristezza, castigo, tra paolo e i corinzi e tra i corinzi stessi.
Anche a me come a Maurizio colpisce molto come i sentimenti di tristezza, gioia e le azioni forti all’interno della comunità (perdonare) siano partecipati e condivisi:
v.3 la mia gioia è quella di tutti voi
v. 5 se qualcuno mi ha rattristato, non ha rattristato me soltanto ma tutti voi
v.10 A chi voi perdonate, perdono anch’io
v.11 l’ho fatto per voi perchè NOI (insieme?) non cadiamo in balìa di satana, di cui non ignoriamo le macchinazioni
I testi di oggi hanno ambedue come centro l’amore; nel Vangelo l’amore di Dio per i piccoli, che diventa criterio di giudizio ; nella lettera l’amore che Paolo ha per i suoi fratelli e l’amore come criterio ultimo anche per la difficile situazione che si è creata (v8).
Il perdono è quello che ogni giorno chiediamo a Dio Padre nella preghiera del Padre nostro.Questo perdono ci spinge a fare del perdono la prassi della nostra vita e a promuovere quella circolarità del perdono che, secondo il testo di oggi, caratterizza la comunità cristiana.
In cosa consiste “Questo castigo che è sufficiente” di cui al v.6? Si puòà anche pensare che è semplicemente ciò che Paolo ha appena detto, cioè la solidarietà, la partecipazione della comunità nel suo insieme alla tristezza recata a Paolo. Quindi, per chi ha portato tristezza, il vedere il frutto amaro della sua azione, che lo isola. E’ un castigo grave, che porta una tristezza che potrebbe distruggere, se la carità della comunità stessa non intervenisse con la consolazione e il perdono. Tutto deve essere per la salvezza; satana non può defraudarci di nessun fratello, anche quando è colpevole; secondo la volontà del Signore che nessuno si perda.
Paolo vuole per i fratelli di Corinto una gioia profonda, non superficiale, che passa anche attraverso il dolore, suo e loro; che non passa sopra, ma passa dentro alle difficoltà. Così il suo compito appare oggi molto importante; assicurare tutti dell’amore; la comunità dei Corinti del suo amore, e chi ha provocato tristezza dell’amore della comunità per lui. Tutti cioè devono sempre tornare al comando imperativo dell’unico maestro, il Cristo.
Riguardo al testo di oggi si è ricordato l’inizio del cap.2 dei Filippesi: se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è conforto derivante dalla carità, se c’è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità con i medesimi sentimenti. …abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù.
V.4 “Vi ho scritto in un momento di grande afflizione e col cuore angosciato, tra molte lacrime, però non per rattristarvi, ma per farvi conoscere l’affetto immenso che ho per voi.” Non sempre riusciamo ad essere lieti. Tante volte ci lasciamo prendere dall’angoscia e dalla tristezza. Tante volte la nostra tristezza è frutto dell’amarezza, della mancanza di fede, dell’orgoglio, e vuole rattristare l’altro, ferirlo, farlo sentire in colpa. Per Paolo no. E’ per far conoscere il grande affetto che ha per questa comunità. E’ una tristezza, la sua, che nasce dall’amore. Come il pianto di gesù su Gerusalemme in Lc 19,41. Essere tristi per l’altro fino a dare la vita per lui.