12 Rendo grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al ministero: 13 io che per l’innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede; 14 così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
15 Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io. 16 Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me, per primo, tutta la sua magnanimità, a esempio di quanti avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
17 Al Re dei secoli incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Seleziona Pagina
Il testo di oggi è un improvviso, dolce, cambiamento di “genere letterario”, che mi sembra molto importante: la riflessione e l’annuncio di Paolo diventa preghiera. E’ la sua vicenda personale che si raccoglie in una lode a Dio. E’ preziosa conferma circa l’azione del Signore nella storia, storia di ciascuno, storia del popolo di Dio, e storia dell’intera umanità. E la preghiera che oggi Dio ci dona attraverso la persona e la vicenda dell’Apostolo, ha proprio questa caratteristica: la memoria di quello che il Signore ha fatto per lui e in lui, diventa simbolo e paradigma della storia della salvezza della Chiuesa e dell’intera umanità. Nella preghiera ebraico-cristiana non si parte dal dogma e dalla teologia, ma piuttosto ci si arriva partendo dalla storia, cioè dall’esperienza concreta che il singolo e la comunità fanno dell’azione di Dio in loro.
Questa preghiera è chiaramente un “rendimento di grazie”. E’, in termini più “tecnici”, una “benedizione” – “berakà” in ebraico – per quanto Dio ha fatto. Dio ci “benedice”, cioè manda a noi la sua Parola buona e potente (perchè opera ciò che afferma!) e noi la restituiamo a Lui come lode e glorificazione. Paolo loda Gesù che gli ha voluto comunicare la sua stessa forza-potenza, e ha voluto fidarsi di lui (degno di fiducia) chiamandolo al ministero. Ma il dato stupefacente è che abbia affidato il ministero apostolico ad un peccatore: bestemmiatore, persecutore e violento. E qui Paolo sembra attenuare la sua responsabilità aggiungendo che che in questa via sbagliata agiva “senza saperlo”. Mi chiedo se questa inconsapevolezza sia da pensare solo in questo caso, oppure se, pur senza togliere la responsabilità del peccatore, e Paolo certo non si autoassolve, non si debba pensare che un certo grado di “inconsapevolezza” è sempre presente in chi offende il Signore e colpisce coloro che gli appartengono. Così i vers.12-13. Il ver.14 può quindi sottolineare che in questa vicenda “la grazia del Signore ha sovrabbondato”: più sono gravi la lontananza e l’offesa, più l’opera divina si rivela come puro dono di Dio, accompagnato dai dati essenziali della fede e della carità, come abbiamo visto già al principio della lettera a Timoteo.
Ecco allora, al ver.15, la considerazione “teologica” e l’estensione universale della vicenda personale di Paolo, cioè la solenne proclamazione della volontà divina manifestata nella venuta di Gesù nel mondo per la salvezza dei peccatori, cioè di tutta l’umanità! Anzi, di questa umanità peccatrice Paolo vuole considerarsi “il primo”! E qui, al ver.16, egli vede la ragione ulteriore della misericordia del Signore verso di lui: la volontà divina di dimostrare proprio nell’apostolo, nel primo responsabile della vita della comunità credente, l’opera della misericordia destinata a tutti. Il ver.17 conclude la preghiera di Paolo con una lode a Dio che conferma la lode iniziale del ver.12.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
vv 12-13: prima della mia fede in lui viene la fede di Dio in me. In ciacuno di noi, noi come siamo, in qualunque situazione della nostra vita, a qualunque punto del nostro cammino. Dio ha fiducia in me e mi esprime la sua fiducia chiamandomi, (il testo originale dice “avendomi posto”), è tutto così naturale, la chiamata è la situazione di vita in cui mi trovo, nonostante tutto, ed è per la diaconia, per un servizio. La mia fede è solo accoglienza della fede che lui per primo ha in me.
“agivo senza saperlo” mi richiama Lc 23,34 “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”
v15: è il vangelo di oggi, Gv 3,17: “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.”
Tutti vorremmo riconoscerci in Paolo che si dice sia il “primo” dei peccatori (v.15) sia quello a cui “per primo” Gesù Cristo ha voluto usare misericordia.
L’altra parola interessante che ritorna due volte è “grazia”: Paolo “rende grazie” (v.12); e la “grazia del Signore nostro ha sovrabbondato”. Paolo risponde alla Grazia ricevuta con un rendimento di grazie, un ringraziamento, un eucarestia, così come, al suo essere primo peccatore, Dio rispondeva riempiendolo, per primo, di misericodia.