10 Divenuto caro a Dio, fu amato da lui e, poiché viveva fra peccatori, fu portato altrove. 11 Fu rapito, perché la malvagità non alterasse la sua intelligenza o l’inganno non seducesse la sua anima, 12 poiché il fascino delle cose frivole oscura tutto ciò che è bello e il turbine della passione perverte un animo senza malizia. 13 Giunto in breve alla perfezione, ha conseguito la pienezza di tutta una vita. 14 La sua anima era gradita al Signore, perciò si affrettò a uscire dalla malvagità. La gente vide ma non capì, non ha riflettuto su un fatto così importante: 15 grazia e misericordia sono per i suoi eletti e protezione per i suoi santi. 16 Il giusto, da morto, condannerà gli empi ancora in vita; una giovinezza, giunta in breve alla conclusione, condannerà gli empi, pur carichi di anni. 17 Infatti vedranno la fine del saggio, ma non capiranno ciò che Dio aveva deciso a suo riguardo né per quale scopo il Signore l’aveva posto al sicuro. 18 Vedranno e disprezzeranno, ma il Signore li deriderà. 19 Infine diventeranno come un cadavere disonorato, oggetto di scherno fra i morti, per sempre. Dio infatti li precipiterà muti, a capofitto, e li scuoterà dalle fondamenta; saranno del tutto rovinati, si troveranno tra dolori e il loro ricordo perirà. 20 Si presenteranno tremanti al rendiconto dei loro peccati; le loro iniquità si ergeranno contro di loro per accusarli.
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Abbiamo oggi l’opportunità di cogliere un elemento essenziale della nostra vita, spesso trascurato o addirittura ignorato, e cioè quella della sua preziosa delicatezza, dovuta allo splendore che abbiamo ricevuto dalla bontà del Signore!
Questa preziosità del dono divino diventa addirittura fragilità, per cui ascoltiamo, ai vers.10-11, che chi è caro a Dio, e da Lui amato, “poiché viveva fra i peccatori, fu portato altrove, fu rapito, perché la malvagità non alterasse la sua intelligenza o l’inganno non seducesse la sua anima”. E questo “rapimento” del giusto da parte di Dio è la morte prematura di questo giusto!
Un evento, dunque, che le sapienze del mondo considerano una sciagura, una perdita e un fallimento! Ma è invece difesa divina, “poiché il fascino delle cose frivole oscura tutto ciò che è bello, e il turbine della passione perverte un animo senza malizia” (ver.12). Tale morte del giusto in età giovanile è venuta dunque perché “giunto in breve alla perfezione, ha conseguito la pienezza di tutta una vita. La sua anima era gradita al Signore, perciò si affrettò a uscire dalla malvagità” (vers.13-14).
Infatti grazia e misericordia di Dio “sono per i suoi eletti e protezione per i suoi santi”! (ver.15).
I vers.16-20 spiegano come la vita luminosa del giusto diventi allora giudizio di ogni empietà! “Una giovinezza, giunta in breve alla conclusione (e questo termine significa anche “pienezza”!)condannerà gli empi, pur carichi di anni”. Essi vedranno “la fine del giusto, ma non capiranno ciò che Dio aveva deciso a suo riguardo né per quale scopo il Signore l’aveva posto al sicuro”! Il loro giudizio sulla vicenda del giovane giusto è ben lontano dal disegno divino. La tristezza drammatica della fine degli empi sarà segno ed evidenza della loro vita sbagliata.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Se non siamo proprio “giusti”, siamo però sicuramente giustificati. Mi sembra perciò che si possano riferire anche a noi le parole della Sapienza. Oggi queste ci rivelano una realtà straordinaria: siamo “cari a Dio”, “amati da lui”. Com’è prezioso quel “cari”: gli stiamo a cuore, ci guarda con affetto, tenerezza… E ancora: siamo “graditi al Signore”, “grazia e misericordia sono per i suoi eletti e protezione per i suoi santi”. Egli “ci pone al sicuro”. Da tutte queste premesse viene quella bella conclusione: la possibilità di conseguire “la pienezza di tutta una vita”. La realizzazione piena di noi stessi è quello che Dio vuole; ed è una realizzazione che non avrà fine, ma continuerà nella nostra esistenza in Lui.