10 Ma gli empi riceveranno una pena conforme ai loro pensieri; non hanno avuto cura del giusto e si sono allontanati dal Signore. 11 Infatti è infelice chi disprezza la sapienza e l’educazione. Vana è la loro speranza e le loro fatiche inutili, le loro opere sono senza frutto. 12 Le loro mogli sono insensate, cattivi i loro figli, maledetta la loro progenie. 13 Felice invece è la sterile incorrotta, che non ha conosciuto unione peccaminosa: avrà il frutto quando le anime saranno visitate. 14 E felice l’eunuco la cui mano non ha fatto nulla d’ingiusto e non ha pensato male del Signore: riceverà una ricompensa privilegiata per la sua fedeltà, una sorte più ambita nel tempio del Signore. 15 Poiché glorioso è il frutto delle opere buone e la radice della saggezza non conosce imperfezioni. 16 I figli degli adulteri non giungeranno a maturità, il seme di un’unione illegittima scomparirà. 17 Anche se avranno lunga vita, non saranno tenuti in alcun conto, e, infine, la loro vecchiaia sarà senza onore. 18 Se poi moriranno presto, non avranno speranza né conforto nel giorno del giudizio, 19 poiché dura è la fine di una generazione ingiusta.
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Il dono della sapienza è decisivo, perché “la radice della saggezza non conosce imperfezioni” (ver.15). E dunque la positività di ogni esistenza è determinata dal legame con la sapienza, per cui “è infelice chi disprezza la sapienza e l’educazione” (ver.11), dove l’educazione è appunto l’accoglienza e la cura del dono della sapienza.
Ed è quello di cui “gli empi” (ver.10) sono privi, perché “non hanno avuto cura del giusto (cioè di quello che è giusto), e si sono allontanati dal Signore”. Allora, tutto è vano, inutile e senza frutto (ver.11).
Al contrario, le condizioni e le vicende di chi si trova in stato di minorità-povertà, come possono essere “la sterile” (ver.13) e “l’eunuco” (ver.14), se avvolte dalla sapienza divina e dalla sua disciplina, riveleranno tutta la positività della loro persona visitata e riempita dal dono di Dio: la sterile “avrà il frutto quando le anime saranno visitate” (ver.13), e l’eunuco “riceverà una ricompensa privilegiata per la sua fedeltà, una sorte più ambita nel tempio del Signore”(ver.14).
Opposta sarà la vicenda dei “figli degli adulteri”, e cioè la sorte di chi non ha cercato e custodito con fedeltà la sapienza divina: sembra qui porsi la situazione opposta, a quella dell’eunuco “che non ha fatto nulla d’ingiusto e non ha pensato male del Signore” (ver.14). Dura è “la fine di una generazione ingiusta” (ver.19).
Concludo dicendo che quello che fa buona la vita non è quello che siamo e che facciamo con le nostre capacità, ma quello che in noi e da noi può nascere dalla nostra custodia fedele e operosa del dono della sapienza divina.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Abbiamo ancora nell’animo la stupenda poesia dei versetti precedenti: se riuscissimo ad accoglierli, la nostra vita ne sarebbe trasformata: “Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio… Essi sono nella pace… La loro speranza resta piena di immortalità… Il Signore regnerà sempre su di loro…” L’immagine delle scintille nella stoppia che corrono qua e là suggerisce una realtà (futura) dinamica e luminosa. I vv. 13 e 14 aggiungono una nota particolare: la sterile e l’eunuco, come tutti i poveri, i “minori” (spesso oggetto di disprezzo o almeno di scarsa considerazione da parte di “quelli che contano”), hanno un posto speciale nel cuore di Dio, che vuole supplire quanto è loro mancato: li aspetta “una ricompensa privilegiata, una sorte più ambita nel tempio del Signore”.