1 Al maestro del coro. Su «I torchi». Di Asaf.
2 Esultate in Dio, nostra forza,
acclamate il Dio di Giacobbe!
3 Intonate il canto e suonate il tamburello,
la cetra melodiosa con l’arpa.
4 Suonate il corno nel novilunio,
nel plenilunio, nostro giorno di festa.
5 Questo è un decreto per Israele,
un giudizio del Dio di Giacobbe,
6 una testimonianza data a Giuseppe,
quando usciva dal paese d’Egitto.
Un linguaggio mai inteso io sento:
7 «Ho liberato dal peso la sua spalla,
le sue mani hanno deposto la cesta.
8 Hai gridato a me nell’angoscia
e io ti ho liberato;
nascosto nei tuoni ti ho dato risposta,
ti ho messo alla prova alle acque di Merìba.
9 Ascolta, popolo mio:
contro di te voglio testimoniare.
Israele, se tu mi ascoltassi!
10 Non ci sia in mezzo a te un dio estraneo
e non prostrarti a un dio straniero.
11 Sono io il Signore, tuo Dio,
che ti ha fatto salire dal paese d’Egitto:
apri la tua bocca, la voglio riempire.
12 Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce,
Israele non mi ha obbedito:
13 l’ho abbandonato alla durezza del suo cuore.
Seguano pure i loro progetti!
14 Se il mio popolo mi ascoltasse!
Se Israele camminasse per le mie vie!
15 Subito piegherei i suoi nemici
e contro i suoi avversari volgerei la mia mano;
16 quelli che odiano il Signore gli sarebbero sottomessi
e la loro sorte sarebbe segnata per sempre.
17 Lo nutrirei con fiore di frumento,
lo sazierei con miele dalla roccia».
I vers.2-6 di questo Salmo sono una grande esaltazione delle feste. La festa non è evasione dalla realtà, o sogno, o mito, ma sono l’immagine e la piena rivelazione della salvezza donata da Dio al suo popolo. In questo senso non sono un semplice ornamento o un’occasione volontaria. Al contrario, sono “un decreto per Israele, un giudizio del Dio di Giacobbe”. La festa porta ciascuno e tutti “dentro” gli eventi che vengono ricordati e celebrati. Quando Israele, simbolicamente rappresentato al ver.6 dal patriarca Giuseppe, è uscito dall’Egitto, proprio allora ha ricevuto dal Signore il comando di fare festosa memoria degli eventi che si compivano.
I vers.7-8 vogliono ricordare gli eventi antichi che la liturgia della festa celebra, e che nell’esultanza, nel canto e nella musica della festa attualizzano il dono di Dio. Gli antichi eventi della liberazione dall’Egitto vengono in tal modo resi presenti dalla potenza spirituale della festa celebrata. Qui in particolare si ricordano la festa delle capanne al plenilunio e il capodanno al novilunio. Noi discepoli di Gesù abbiamo ricevuto in pienezza il dono che le feste della Prima Alleanza celebravano, e nelle nostre feste facciamo memoria piena e pienamente realizzata degli antichi eventi che hanno generato e condotto la storia della salvezza.
La seconda parte del Salmo, i vers.9-17, sono una grande ammonizione, che inizia con “Ascolta, popolo mio..”. Al ver.10 si afferma solennemente che le feste della fede sono il grande antidoto contro l’idolatria, cioè contro il pericolo gravissimo e incombente di lasciarsi sedurre e conquistare da altri eventi e quindi da altre “feste” che celebrano le logiche, le violenze e gli orrori del mondo, con la divinizzazione dei suoi poteri e l’asservimento a miti e a ideologie false e ingannevoli. “Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce…l’ho abbandonato alla durezza del suo cuore. Seguano pure i loro progetti”: solo la fedeltà e agli eventi divini della salvezza può custodire nella verità e nella pace. Dobbiamo essere più attenti e più con severi con noi stessi: il pericolo di collegarsi ad altri riferimenti e interpretazioni della vita è sempre in agguato. La retorica seducente dei miti della forza, del successo, della vittoria…può essere tenuta lontana solo dalla nostra fedele celebrazione degli eventi della nostra salvezza e della salvezza di tutto il mondo.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Esultate in Dio, nostra forza!”. Siamo invitati alla festa, al canto, alla gioia… A un certo punto si ode una voce: forse – dicono le note – prende la parola un profeta o un membro della festosa assemblea liturgica. Questa voce, dopo aver ricordato le grandi opere di Dio nel passato, afferma tre cose importanti: “Sono io il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto salire dal paese d’Egitto”(v.11): con la stessa formula del decalogo, si presenta “Colui che è”, coinvolto nelle vicende della storia e della liberazione del suo popolo. Poi si denuncia la disobbedienza di Israele, che “non ha ascoltato la mia voce”(v.12). Infine un invito all’ascolto, alla conversione: “Se il mio popolo mi ascoltasse! Se Israele camminasse per le mie vie! … Lo nutrirei con fiore di frumento, lo sazierei con miele dalla roccia”(vv.14 e 17).
‘Sono io il Signore, tuo Dio,
che ti ha fatto salire dal paese d’Egitto:
apri la tua bocca, la voglio riempire.’
Mi sembrano parole molto significative e di sintesi rispetto alla nostra vita.
C’è il Signore che ci fa uscire dall’Egitto quotidianamente e il suo desiderio di comunicarci la sua Parola.
Stando a bocca aperta non si riesce a parlare. Nel silenzio e nell’ascolto si può però essere riempiti da Lui e di Lui,pare.
Nel bellissimo versetto finale:
‘Lo nutrirei con fiore di frumento,
lo sazierei con miele dalla roccia.’
Se il mio popolo mi ascoltasse!!!!
All’inizio del salmo c’è un invito per lodare Dio con il canto e gli strumenti musicali che è importante anche per noi. S.Agostino diceva che chi canta prega due volte.
L’invito pressante di Dio al suo popolo è che ascolta, che accetta di essere ammonito e ascolta. “Un linguaggio mai inteso io sento”: c’è una novità udita solo ora. Si può intendere dai versetti successivi che è Dio stesso la novità (così Egli si autorivela al popolo di Israele): così diverso dagli altri dèi, invece di mettere dei pesi sulle spalle li toglie, invece di asservire libera. Già nel Deuteronomio Dio rivendica questa novità: “vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai una cosa simile a questa: che un popolo abbia udita la voce di Dio … o ha mai tentato un Dio di andare a scegliersi una nazione … ” (Dt 4, 32-34).
Il versetto 7 fa capire bene perchè il Signore si arrabbia tanto con i farisei, innazitutto rimproverando che “legano pesanti fardelli e le mettono sulle spalle della gente ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito (Mt 23,4)”. Proprio il contrario di quanto opera Dio secondo questo salmo.
Le parole di questo salmo mostrano quanto a Dio preme il suo popolo e di come vuole averne cura. Però Dio non ne vuole violare la libertà: “Israele non ha voluto e Io l’ho lasciato alla durezza del suo cuore, che seguisse il proprio consiglio.” Non vuole un popolo servo, costretto ad ascoltare e ad obbedire. L’ascolto deve essere un supremo atto di libertà.