1 Canto delle salite. Di Salomone.
Se il Signore non costruisce la casa,
invano si affaticano i costruttori.
Se il Signore non vigila sulla città,
invano veglia la sentinella.
2 Invano vi alzate di buon mattino
e tardi andate a riposare,
voi che mangiate un pane di fatica:
al suo prediletto egli lo darà nel sonno.
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Si potrebbe intendere quell’ “invano” come inutile fatica e inevitabile smacco di ogni nostra opera e di ogni nostro pensiero se il Signore non aiuta e agisce. Ma è possibile cogliere un significato più profondo e infine persino più “concreto”! Quell’ “invano” mi sembra voglia dire che ogni opera umana, ogni pensiero e progetto dell’uomo, è chiamato ad essere misteriosa e meravigliosa “celebrazione” della Parola e dell’opera di Dio! Di un “Dio” che non è un talismano o un amuleto per far andare bene le nostre cose, ma è il segreto, la fonte e l’espressione della presenza e della potenza di Dio nella nostra piccola vita. In Gesù, la celebrazione della sua Pasqua è la fonte e la rivelazione, e l’attribuzione di bellezza e di bontà di ogni parola, e opera e vicenda dell’uomo.
Allora, quando uno costruisce una casa, è il Signore stesso che in lui e con lui la costruisce. E così è per chi vigila la città e per chi ogni mattina si alza per andare a lavorare, e alla sera non finisce mai di farlo! La Liturgia ci insegna e edifica un noi la presenza e l’opera del Signore. Tutto viene visitato e riempito da Lui e dalla sua opera in noi. La fede e la liturgia non sono una “fuga” dal mondo e dalla storia, ma sono la visita e la presenza di Dio nella storia, nella fatica, nel dolore e nella gioia di tutti.
Questo dunque non vuol dire che è inutile far fatica e che conviene dormirci su. Al contrario! Ogni opera, anche la più umile, e ogni evento, anche il più doloroso, esige la nostra massima e massimamente impegnata partecipazione, perché non è opera nostra, ma è l’evento e l’opera del Signore in noi! Mi sembra dunque che il significato profondo dell’affermazione del ver.2: “…al suo prediletto egli lo darà nel sonno”, non porti ad essere ”fannulloni”, come accusava i padri ebrei il tremendo faraone d’Egitto, ma induca tutti a far nascere e far condurre da Dio e dalla sua operosa presenza in noi ogni nostra umile opera. E questo lo verifichiamo quando anche l’aver faticato è stato per noi come un dono. Non è stata impresa nostra ma dono del Signore in noi e con noi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Voi che mangiate un pane di fatica: al suo prediletto egli lo darà nel sonno”: il pane di fatica, secondo le note, sarebbe un riferimento alla fatica annunciata nel capitolo terzo della Genesi. La seconda parte del versetto, a sua volta, mi ha fatto pensare alla piccola parabola di Gesù sul regno di Dio: “Come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa…”(Mc.4,26-29). Quanti “miracoli” si compiono, mentre noi dormiamo… Si moltiplicano i doni di Dio (e noi quasi non ce ne accorgiamo).